Capitolo 50

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Prima  di quel momento, non avevo minimamente immaginato che il silenzio potesse avere un suono. Nè tantomeno che questo suono fosse così assordante.

Aisha giaceva atterra, il suo petto non si muoveva e non sbatteva le palpebre, eppure non riuscivo a trovare il coraggio di fare null'altro se non stare a guardarla.

Era morta, non mi ci voleva di certo un medico per capirla.

Era morta.

Oh Zayn, dove sei? Ti prego, ho bisogno di te.

Sarei rimasta lì a contemplarla senza trovare la forza di muovermi, lo avrei fatto senz'altro, per un altra manciata di ore se non fosse stato per l'urlo che mi invase i timpani poco dopo. Un urlo asettico ed agghiacciante, che riconobbi provenire da Christine.

''Scappate!'' aveva gridato, guardando me e Carl con occhi supplicanti.

Tom era ancora in alto alle scale, poggiato alla ringhiera, mentre ci osservava e sghignazzava: eravamo come topi in trappola, esattamente come voleva ed esattamente come aveva previsto. Una vendetta, l'ultima. Sterminare i due figli di Peter Pearson, e quello che credeva fosse tale.

Ed io scappai.

Non so per quale miracolo, grazie a chissà quale santo di un paradiso che credevo non esistesse, non so che cosa scattò nella mia mente contorta per farmi scattare come una molla. Non avevo aspettato nè Carl nè Christine, loro erano capaci di badare a loro stessi e sarei stata solamente un peso.

Corremmo in tre strade opposte, rituffandoci in quella casa che sembrava immensa come un pozzo senza fine.

Il corridoio in cui mi trovavo aveva delle pareti di cartongesso dipinte di giallo ocra, con dei quadri appesi alla meglio su di esse. In alcuni, potei riconoscere il volto di Tom e di quella che doveva essere stata sua moglie. Le porte che spuntavano quasi come funghi erano ermeticamente chiuse, come se fosse stato tutto programmato e forse era stato davvero così. Il corridoio sarebbe finito, prima o poi, e lo sapevo benissimo. Se Tom si fosse diretto proprio dalla mia parte, non avrei avuto scampo.

Pregai tacitamente che almeno a Carl e Christine fosse andata meglio che a me.

E la cosa peggiore, forse la cosa peggiore anche di non sapere se la persona che ami sia viva o morta, è che non mi interessava: non mi interessava se Tom mi avrebbe trovata e sparata, proprio come Aisha. Non me ne fregava niente, perchè non avevo più niente e quindi a cosa serviva disperarsi?

E mentre vedevo il vicolo cieco del corridoio avvicinarsi sempre più a me, o sempre più io a lui, sentii dei passi alle mie spalle.

Non mi voltai per il semplice motivo che non sarebbe cambiato molto, sarei solo morta prima.

Tom mi aveva trovata.

Era proprio lì, davanti a me, lo stesso chiodo di pelle che gli fasciava il busto e la stessa risata malefica di poco tempo prima. Ed era buffo farci caso solo adesso ma, ad indagare e scavare meglio, era davvero identico a Zayn.

Era bello, Tom, di quella bellezza esotica che invitabilmente affascina e uccide in un colpo solo.

Era scuro di pelle, quasi ambrato- proprio come Zayn- ed i suoi occhi era neri e profondi quanto gli abissi. Aveva perfino lo stesso sogghigno, proprio quello che odiavo e che avevo sempre associato a Peter, sbagliandomi rovinosamente.

Stringeva ancora la sua revolver in mano, e perfino le sue nocche mi parevano analoghe a quelle di Zayn. Era come in quel sogno che avevo fatto tanto tempo prima, in cui Zayn mi sparava dicendomi che la mia nemica più acerrima ero io stessa. Solo che non era lui che stava per uccidermi nella realtà, ma suo padre.

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