Capitolo 21

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La porta era aperta quando arrivai.

Probabilmente i Dark Roses avevano fatto la loro entrata trionfale, con la porta come loro ultimo problema, ed ora lì dentro…non osavo neanche immaginarlo. Quando cresci fra bambole e cerotti, ti è difficile renderti pienamente conto della realtà nella quale vivi. Dove bambini di sei anni imparano a combattere e ricevono pistole per i loro compleanni, dove si spaccia droga anche dentro casa e dove, le prostitute, te le ritrovi nel bagno. E mi bloccai sulla soglia della porta, senza nemmeno prestate attenzione a qualche rumore interno, a pensare.

Non sarei dovuta venire. Nonostante tutto, avrei seriamente dovuto starmene a casa a deprimermi e piangere. In quel mese avevo pianto più che in tutta la mia vita.

E stavo per girare i tacchi e andarmene, stavo per farlo per davvero, quando sentii qualcuno conficcare le unghie lunghe nel mio braccio. Quando mi voltai, mi ritrovai dinanzi la ragazza più bella e rossa che avessi mai visto. Aveva due occhi del colore del metallo, cristallizzati, brillanti e tremendamente cupi. Era di qualche spanna più bassa di me, ed era la prima ragazza con un jeans e una tshirt che vedevo nel Bronx. E la prima ragazza che aveva un profumo suo, e non il residuo di quello di qualcuno con cui era stata. Ed era letteralmente sommersa di tatuaggi. Su ogni lembo di pelle visibile, ce ne era uno.

‘’Chi sei?’’ mi domandò, stringendo la presa sul mio braccio.

‘’Tu chi sei?’’ rivoltai la domanda. Non ero ingenua, non le avrei mai detto il mio nome e cognome senza prima sapere i suoi.

‘’Christine Horan’’

E perché il volto di quella ragazza mi era familiare?

‘’E’ inutile che fai quella faccia, Diana. Si, sono la figlia di uno dei Tiger. Abbiamo qualcosa in comune, no?’’

‘’Come conosci il mio nome?’’

‘’Tutti sanno chi sei’’ sorrise, e non c’era nulla di cattivo in quel sorriso. Poco dopo, mi lasciò il braccio.

‘’Perché sei qui?’’ mi domandò, incrociando le braccia al petto. ‘’Anzi, non rispondere. Non voglio saperlo. Stai bene?’’ sussurrò, quasi…preoccupata? La conoscevo da due secondi ed aveva già ottenuto l’etichetta di ‘’logorroica’’.

E glielo si leggeva nelle iridi chiare che sapeva, anche se avrebbe preferito il contrario. E mi ricordava così tanto…me.

‘’Sto bene’’ mentii spudoratamente. ‘’Tu, come stai?’’

‘’In gabbia’’ sorrise amaramente ‘’ma bene’’

E quando mi diede le spalle, diretta in casa- probabilmente inconsapevole di quello che vi stava succedendo all’interno- la bloccai per un polso. Perché alla fine, anche i cattivi tornano indietro e rimpiangono. Perché anche se avevo sparato un uomo, se avevo desiderato ardentemente la morte di tre persone e se avevo iniziato a detestare un bambino che era grande quanto un fagiolo, ero pur sempre una persona. Ed una persona, a prescindere dai luoghi comuni e dal cognome, rimane sempre una persona. E Christine era l’unica che, in tre minuti, era riuscita a farmi sentire solo…Diana.

‘’Non entrare’’ sussurrai.

‘’Perché?’’ domandò, scossa- facendo ondeggiare i suoi lunghissimi capelli rossi. Christine mi ricordava tantissimo una delle mie migliore amiche a casa…cioè, a Leeds.

Ma non ebbi il tempo di risponderle.

Uno sparo ed un urlo.

Seguito dal grido strozzato e graffiato di Christine, che mi guardò subito dopo. ‘’Tu dovevi distrarmi?’’ ringhiò. ‘’Era per questo che eri qui? Oddio, ma come ho potuto essere così stupida?’’

Mors omnia solvitDove le storie prendono vita. Scoprilo ora