Capitolo 46

36 1 0
                                    

CARL

Quando eravamo piccoli, io e Zayn, giocavamo spesso a calcio. Io non ero bravo, né a calcio così come in nessun altro sport, e finivo sempre per inciamare o essere colpito da una palla che volava alla velocità della luce.

Zayn era bravissimo, correva e spariva, segnava in continuazione e quello era l'unico momento in cui sorrideva. Per questo giocavo. Odiavo le partite, odiavo il pallone, ed odiavo perfino il nostro giardino quando veniva usato come campo da calcio. Ma Zayn sorrideva e io stavo bene, non che sorridessi. Una volta, anni prima, stavamo giocando come sempre: era un pomeriggio freddo, aveva appena smesso di piovere, ma la nostra partita del martedì non poteva essere rimandata. Ricordo che Zayn, da lontano, non mi vide e lanciò la palla esattamente sulla mia traiettoria. Non mi spostai in tempo.

Con una velocità impressionante, la palla mi colpì diritto in pieno viso. Per terra era bagnato e anche umido, e io scivolai. Ebbi quattro punti sulla testa e due sulla gamba, e Zayn si scusò con me per i successivi tre mesi. E nonostante l'allucinante dolore che avevo sentito, come se qualcosa dentro di me venisse brutalmente rotto, non potevo perdonarlo perché non ce l'avevo con lui.

Quando Diana raccontò a tutta la Dark Roses la verità su Zayn, sentii lo stesso dolore e lui pronunciò, poco più tardi, le stesse parole di scusa.

Diana parlava al centro del salone, tutti attorno a lei, Peter che pareva volesse abbracciarla ma non ne aveva il coraggio, e forse nemmeno la forza. Zayn a lato della stanza, in un angolo buio, che la guardava. E quando Diana arrivò alla parte che Zayn aveva solamente sei anni quando tutto era cominciato, il periodo in cui ero entrato io nella sua vita, lui smise di guardarla. Spostò lo sguardo su di me, e lo tenne lì con una forza che io non avrei mai avuto. Non avevo neanche la forza di voltarmi. Zayn Pearson, il mio migliore amico, era lì davanti a me e stava per piangere. E avevo visto Zayn piangere soltanto quando avevamo litigato, a otto anni, e poi mai più. Con gli occhi mi stava parlando e mi stava dicendo ''mi dispiace'', proprio come quella volta di tanti anni prima in un giardino che adesso sembrava troppo lontano.

E mi sentii morire.

Mai in tutta quanta la mia vita mi ero mai sentito così, mai. Neanche quando venivo picchiato, o violentato, e neanche giorni prima- al collegio. E avrei tanto voluto dargli uno schiaffo, e poi abbracciarlo, ma l'ordine delle due cose nemmeno lo sapevo.

Mentre Diana finiva il suo discorso, voltai le spalle e salii in camera mia.

DIANA

Lo schiaffo che Peter diede a Zayn, non appena finii di parlare e lui non negò niente, fu memorabile.

E Zayn tacque ancora una volta, voltò la testa e fece silenzio. Calò il silenzio dappertutto, in verità.

''Come hai potuto?'' era la voce severa ed autoritaria di Peter, che non si sforzava neanche di nascondere un profondo velo di tristezza negli occhi blu. ''Come hai potuto tradirci in questo modo? Come?''

Ancora una volta, per l'ultima, Zayn non parlò.

''Esci fuori da casa mia'' e quell'aggettivo possessivo mi fece paura, perché non presagiva assolutamente nulla di buono. ''Esci fuori e non farti vedere mai più''

Potei vedere gli occhi di Ted spalancarsi e una strana espressione dipingersi sul suo volto. Poi voltò lo guardo e si finse indifferente. Zayn non si mosse, non parlò, e non cambiò espressione. Rimase immobile e statuario. Aspettava che qualcuno si opponesse, che qualcuno lo aiutasse, che qualcuno gli impedisse di andare dove doveva essere: dai Tiger.

Avrei tanto voluto parlare, ma non avevo voce. E lui prese a guardarmi, quasi implorante, prima di girare le spalle e andarsene.

Solo allora notai una cosa: Carl non c'era.

Zayn si era ormai chiuso la porta d'entrata alle spalle quando io, senza preoccuparmi di guardare in faccia nessuno, afferrai il giubbino di jeans e corsi fuori. Non ricordo nemmeno se chiusi o no la porta di casa. Quella casa che non era più di Zayn, e mi sentivo tremendamente in colpa.

L'aria del Bronx era fredda e tagliente, tutto sembrava più grigio e più cupo e speravo fosse un'impressione.

''Zayn!'' urlai, riconoscendolo per la strada asfaltata e deserta. Lui si voltò quasi di scatto, una folata di vento gli spettinò i capelli neri, e- lontani mezzo chilometro- potevo vederlo.

Stava piangendo.

Silenziosamente, Zayn Pearson stava piangendo.

Mi avvicinai a lui quasi correndo, senza però annullare del tutto la nostra distanza, e a quel punto gli occhi divennero lucidi anche a me. Mi domandavo perché dovesse esserci così tanta sofferenza, perché nulla potesse essere umanamente normale, e perché le lacrime dovessero essere così salate.

''Mi dispiace tanto'' sospirai, perché non avevo di che dire. Non era stata colpa mia, lui aveva sbagliato, ma io l'avevo detto ai Dark Roses. E sapevo che così era giusto e così doveva essere fatto, ma mi sentivo responsabile comunque.

''Dispiace anche a me'' disse, e a fatica riconobbi la sua voce. ''Ma è giusto così, credo''

E stava dicendo una cosa, ma i suoi occhi ne dicevano un'altra completamente diversa. Avrei voluto avvicinarmi, toccarlo anche solo con una mano per paura che potesse distruggersi davanti ai miei occhi, o anche semplicemente abbracciarlo.

Non mi mossi.

''Andrai da loro?'' domandai, senza avere neanche la forza di pronunciare quel nome. I Tiger non avevano fatto altro che rovinare la mia vita, in tutti i modi possibili.

''Credo di si''

E me lo sarei anche aspettata. Zayn poteva essere ricco e avere una macchina invidiabile, ma senza Peter restava nessuno.

Io annuii, anche se non mi stava bene proprio per niente, e feci due passi indietro. Avrei potuto dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, anche ''addio'', ma non dissi assolutamente niente.

Era come se tutto il mio coraggio e la mia sfacciataggine fossero stati corrosi dalla vita del Bronx. E dalle persone che ci vivevano.

Mi sentivo come una piuma in una giornata ventosa e tremendamente invernale. Senza una meta, senza un obbiettivo, senza uno scopo, e - sopra ogni cosa- senza nessuno. Zayn stava lentamente voltando le spalle, e fu come se mi avessero sparato. Forse non al cuore, quello era già morto il giorno prima, ma da qualche altra parte. Ai polmoni, al pancreas, alla milza, ai reni, da qualsiasi parte, tanto Zayn era dappertutto.

''Se vedi Carl'' disse, quando era ormai lontano e credevo non si girasse più. ''Digli che mi dispiace. E che gli voglio bene''

Lo vidi dissolversi fra la nebbia, le chiavi della sua auto in mano, i capelli corvini che sembravano spenti proprio come il colore scuro della sua pelle ambrata.

Era come se fosse stato un sogno. O un incubo, dipende dai punti di vista.

Mors omnia solvitDove le storie prendono vita. Scoprilo ora