Capitolo 48

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Il Bronx era coperto da uno strato di nebbia così spesso che poteva essere tagliato con un coltello. Dalla finestra della mia camera vedevo un giardino, in lontananza, a cui non avevo mai fatto molto caso. Era coperto di brina, e- da lontano- credevo di riconoscere due porte da calcio. E mentre ero seduta lì, e pensavo, la porta della mia camera si aprì e mi voltai violentemente.

I capelli ricci mi graffiarono la guancia.

Mio padre era lì, davanti a me, con un giubbotto di pelle nera che gli calzava a pennello e un pantalone del medesimo colore, che mi pareva di ricordare. Mi guardò a lungo, come a chiedere il permesso di entrare completamente e di avvicinarsi, e io non mossi un dito.

Lo interpretò come un consenso e si fece avanti, richiudendosi la porta alle spalle.

‘’Diana…’’ iniziò.

‘’Non voglio parlare di Zayn’’ lo precedetti, quasi con una fretta convulsiva.

Lui sospirò pesantemente e mi si avvicinò del tutto. Guardò per quelle che mi parvero ore il posto libero accanto a me, sul bordo della mia finestra.

Poi, come se avesse finalmente trovato il coraggio che gli serviva, si sedette.

Sentii come se volesse prendermi la mano, o sfiorarmi la gamba, ma rimase statico ed immobile come una statua. La barba nera sembrava brillare, alla luce tenue del flebile sole di settembre.

‘’Mi dispiace per quello che è successo’’ disse. ‘’Non avrei mai voluto mandarlo via. E’ mio figlio’’

E quelle parole mi gelarono il sangue nelle vene, perché era vero: Zayn non era solo il ragazzo che amavo, ma era anche il figlio di Peter, e questo nessuno avrebbe potuto cambiarlo.

‘’Forse’’ continuò, visto che restavo in silenzio. ‘’Non sono stato un padre abbastanza presente. Forse se si è comportato così è perché voleva semplicemente attirare la mia attenzione’’ si raddrizzò meglio sul materasso morbido, e riprese fiato. ‘’Non credo di avergli mai detto di quanto bene gli volevo. Gli voglio’’ si corresse. ‘’E adesso è troppo tardi. Ho fallito per la seconda volta’’

Non pianse ma fu come se lo facesse. Non incrinò la voce ma fu come sentirla distorta ugualmente. Non sospirò né si mosse, ma si scatenò un uragano in quella stanza.

Parlai per la prima volta in quel momento. ‘’Anche lui ti vuole bene’’ dissi. ‘’Non te l’avrebbe mai detto, ma te lo garantisco. Anche lui ti vuole bene’’ ripetei. ‘’Non si tratta solo di lui che è tuo figlio, ma anche di te che sei suo padre. E ti ama, papà. Zayn ti ama’’

Solo in quell’istante Peter allungò la mano ed afferrò la mia. La strinse forte, e lo sentii fin dentro le ossa.

Il mio papà.

‘’E non hai fallito’’ aggiunsi, come se la mia bocca parlasse da sola. ‘’Non due volte, almeno. Forse non mi hai cresciuta nel modo giusto, o non mi hai cresciuta affatto. Forse non mi ricordo di te nelle vesti di padre ma solo nelle vesti di qualcuno che chiama una volta ogni tanto, ed è giusto così. Hai sbagliato con me. Ed è vero che hai sbagliato anche a far crescere Zayn in questo ambiente, ma tu ci sei stato per lui. Zayn si fidava di te, e ti voleva bene. Sicuramente più di quanto te ne abbia mai voluto io. E, non importa dove, ma l’hai cresciuto. Non importa quello che ha fatto dieci anni fa, Zayn resta una brava persona’’ sospirai. ‘’Se c’è una cosa che ho imparato da quando sono qui, è che nessuno nasce buono o cattivo. C’è un bivio, ad un certo punto. Devi prendere una scelta e devi avere i valori e le qualità per prenderla. Se Zayn, adesso, è una brava persona è anche grazie a quello che gli hai insegnato tu’’

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