Hai presente quel momento in cui senti un suono, un rumore, qualsiasi cazzo di cosa? Quando ti guardi alle spalle, sperando che non sia stata tu a commettere quella determinata azione?
Oppure quando senti dentro di te una vocina stridula ed odiosa che ti ripete che hai sbagliato tutto? Che, no, quella cosa non dovevi proprio farla?
O anche quando senti il latte nelle ginocchia e ti ripeti che, minchia, non puoi crollare proprio in quel momento.
Tutte quelle sensazioni, addizionate al bruciore che provavo alla mano perché stavo stringendo un’arma, mi assalirono. Mi avvolsero come un’onda.
E forse quello non era esattamente un comportamento da Diana Pearson, ma non mi importava. Che poi chi era, Diana Pearson? La ragazza universitaria che lavora nel weekend in un bar, oppure la figlia del più grande criminale del Bronx? Una ragazza che distribuisce cappuccini o spara pallottole infuocate?
Fu in quel momento che lo capii.
Non puoi realmente perdere te stessa se non sai chi sei.
E io, proprio io che avevo ogni situazione sotto controllo, non lo sapevo chi ero. Perché? Perché avevo sparato a quell’uomo per proteggere Zayn? Perché non ero rimasta paralizzata dal terrore, come avrebbe fatto ogni ragazza di ventuno anni, davanti ad un uomo armato?
E allora forse è proprio vero che il sangue non mente, non è la solita cazzata che ti sparano in testa le vecchiette del paese.
L’uomo che avevo davanti si accasciò quasi subito, facendo stridere le sue ginocchia contro il parchè lucido del pavimento. Quel suono mi bloccò la circolazione.
Dalla sua gamba destra fuoriusciva una quantità industriale di sangue, e lui non faceva altro che imprecare e lanciare bestemmie che dopo un po’ rifiutai di capire. I compagni, se così potevano essere definiti, gli si affiancarono e lo alzarono di peso da terra. Non doveva essere facile, considerato il suo peso imponente, ma non sembrarono scalfirsi più di tanto. Mentre due di loro si recavano fuori con il ferito, mi sentii sprofondare. Soprattutto quando notai che uno dei Tiger era rimasto e mi stava incendiando con lo sguardo.
‘’Morirà?’’ domandai, con un coraggio che non credevo di avere. L’uomo-colosso davanti a me continuò a guardarmi in quel modo, mentre avevo ancora la pistola di Gabriel fumante stretta in mano fino a farmi diventare le nocche bianche, e io non riuscii a distogliere lo sguardo dal suo.
Avrei dovuto accertarmi che Zayn e mio padre stessero bene, che Carl e gli altri si fossero liberati e che avessero sciolto Gabriel, ma non riuscivo a muovermi.
‘’Klaus ha la pelle dura, ragazzina’’ ringhiò il ‘nemico’. ‘’Stai molto attenta. Questa ce la paghi, e anche molto cara’’.
Strano, no? Avrei dovuto tremare, morire una volta per tutte, o perlomeno percepire l’arrivo di uno schifoso svenimento. Ma niente. Avevo solo un mal di pancia da paura, mi convinsi fosse per il ciclo, e la testa che si stava spappolando per colpa delle mille idee e dei mille timori che mi erano venuti tutti assieme, appassionatamente.
Non mi fece paura.
Né lui, né il suo tono, né quello che disse. Semplicemente mi passava per il cazzo. Mio padre, Peter, non avrebbe mai permesso che mi uccidessero o mi torcessero anche solo un capello.
Infatti, siccome non parlavo, fu lui a prendere l’iniziativa.
‘’Porta il tuo culo bianco lontano da casa mia, Watson’’ ringhiò, avvicinandosi a me e cingendomi le spalle con un braccio. Avrei dovuto scansarmi, avrei seriamente dovuto farlo. Non avevo perdonato mio padre. Ma non lo feci. Mi mancava troppo un suo tocco, il suo profumo, la sensazione di avere il suo respiro sulla tempia. Era anche più alto di me.
‘’E soprattutto’’ aggiunse. ‘’Stai lontano da mia figlia’’.
Il modo in cui disse ‘’mia’’, quello si che mi fece tremare e mi diede il colpo di grazia. Altro che minacce velate, altro che Tiger impazziti.
Mio padre, lui, mi fece quasi svenire.
Il modo in cui il tizio sconosciuto squadrò mio padre mi sorprese. Nessuna sfacciataggine, nessuna superiorità. Niente.
‘’Non finisce qui, Pearson’’ disse l’uomo. ‘’E tua figlia dovrebbe scegliere da che parte stare. Se solo sapesse la verità’’.
‘’Vaffanculo’’.
Non era stato mio padre a dire quella parolaccia, e neanche ‘Watson’. Dalle spalle del membro dei Tiger spuntò l’ultima persona che avrei pensato parlasse. Carl alias Lucifero. Che poi, perché Zayn lo chiamava così?
Avevo la netta sensazione che c’erano tante- troppe- cose che non conoscevo. Troppi segreti celati chissà dove e chissà perché. Forse molto più gravi di un traffico di droga e di baby prostitute, più gravi dei problemi di una ragazza cresciuta senza un padre. Di quelli una madre senza marito che piange ogni notte e che deve portare avanti una casa.
‘’Carliste’’ sussurrò Watson quando lo vide, o forse riconobbe? ‘’Felice di rivederti’’.
‘’Stai lontano da lei, e da questa casa. E taci’’ spuntò Carl- Carliste- Lucifero. Era curioso perché neanche allora, in cui la sua voce sembrava arrabbiata o quantomeno irritata, aveva qualcosa negli occhi azzurrissimi. Niente, come se vi fosse solo un profondissimo e gelato specchio d’acqua trasparente.
E forse Carl era davvero così. Impenetrabile, inarrivabile, invincibile, indistruttibile, intoccabile, infinito. Nei suoi occhi c’erano solo domande e nessuna risposta. E non era un ragazzo che urlava di notte, non piangeva mai, non presentava neanche l’ombra di un’emozione e chiedeva di essere salvato. Carl non chiedeva di essere salvato perché, ne ero sicura, non c’era niente da cui salvarlo a parte se stesso.
E si sa che i veri mostri, alla fine, non sono sotto il letto ma sotto le costole, conficcati nella pelle e in ogni singola cellula del nostro essere.
Watson non fece altro che una smorfia e scomparve, raggiungendo i suoi compagni e raccogliendo da terra una pistola caduta a chissà chi.
Quando la porta si chiuse respinsi l’istinto di urlare.
I Tiger erano entrati in casa nostra, imbavagliato tutti quanti i presenti a parte me, e quasi sparato Zayn e mio padre e poi? Se ne andavano così? Senza dire nulla, senza che qualcuno dei ‘nostri’ li minacciasse o li spaventasse?
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Mors omnia solvit
FanfictionMi guardò con quel suo sguardo vispo e tremendamente tenebroso, poi si fece improvvisamente serio. Questa fanfiction non è scritta da me bensì da una mia amica che l'ha pubblicata su efp. Le ho chiesto il permesso, quindi eccoci qui! Per chi voless...