XLIX

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Scese i gradini con estrema lentezza, ondeggiando sensuale sui fianchi mentre dai tavoli si levavano fischi alternati a sporadici sorrisi lascivi. Almeno tenevano le mani occupate in altro... che fossero drink, sigarette o rapide carezze alla patta a lei non interessava, basta che erano lontane dal suo corpo, ora aveva preso a camminare disinvolta tra i tavoli.

Era buffo rendersi conto di come gli uomini fossero assuefatti, quasi resi ubriachi da una presenza femminile; era buffo vedere come un paio di gambe nude, un sedere in bella vista e del seno strizzato a puntino potessero trasformarli in tante identiche marionette senza raziocinio, dotate di un solo uguale e minuscolo cervello che si accendeva solo al passaggio di curve: quello situato nelle parti bassi.

Mentre passeggiava tra i tavolini, Lucy osservava curiosa i loro occhi sbarrati, le labbra schiuse e la stessa espressione stampata sul viso che urlava silenziosa scegli me, e lei indisturbata continuava a muoversi sinuosa, regalando a volte uno sguardo da dietro la maschera o una leggera carezza con l'indice guantato dall'impalpabile tulle trasparente. La sua passerella terminò proprio di fronte ai due musicisti visibilmente sconvolti in volto e con il respiro accelerato.

Steven aveva le pupille ridotte a due punte di spillo, tanto erano rimpicciolite per via della coca, e l'azzurro dell'iride aveva quasi del tutto inglobato il centro dell'occhio conferendogli un'espressione aliena. Lucy scommise che Angel era da lui, in quel momento, e indicò Slash flettendo l'indice, facendogli segno di seguirlo fino ai piedi del palco, lasciando che pensasse a un Privè con la donna senza identità. Si voltò da sopra la spalla, mentre percorreva a ritrovo i propri passi e lo vide seguirla, barcollando sulle magre gambe instabili.

Non sapeva bene cosa fare, Lucy, ne come veramente comportarsi in quel momento, ma di una cosa era più che convinta, doveva trovare il modo di insinuare nel giovane il tarlo del dubbio, magari mostrando qualcosa di se che solo lui poteva veramente conoscere... magari mentre sedeva sulle gambe di Neil.

Oh sì, Slash. Ora mi diverto io

disse fra sé, afferrando la mano del cantante biondo appena quello le fu a tirò e se lo trascinò dietro, voltandosi per controllare che il chitarrista non avesse cambiato idea, lasciandola sola con Neil. E come immaginato, Slash si era fermato appena accanto al tavolo del collega rivale, guardandoli, congelato sul posto mentre procedevano verso un paio di sedie sedie libere sotto al palco. Non avrebbe mai acconsentito, non in pubblico e mai con quell'uomo tra i piedi, ma era abbastanza vicino per far sì che osservasse, cogliesse qualche particolare che solo un amante attento avrebbe potuto notare... se mai lo fosse stato attento.

Lucy spinse Vince sulla sedia e si accomodò cavalcioni sulle sue cosce, dandogli la schiena, offrendogli la possibilità di liberarla dall'indumento intimo che ancora portava su di sé. Sollevò i morbidi boccoli scuri sopra le spalle e lo lascio armeggiare con i ferretti mentre divaricava lenta le cosce, chinandosi appena in avanti e lasciando andare la chioma sulla spalla destra.

In men che non si dica, fu liberata dal reggiseno e copri la nudità con i palmi, in un improvviso momento di pudicizia rimpiazzato dall'immediata presa di coscienza che nessuno l'avrebbe mai vista in volto: avrebbe potuto essere chiunque e, nella mente degli uomini presenti, chiunque sarebbe stata.

Poggiò la schiena contro il petto del cantante e lasciò andare la testa all'indietro, contro la sua spalla sussurrandogli di rimpiazzare le sue mani con quelle di lui per dare inizio alla serata che le avrebbe fatto guadagnare parecchi soldoni. Voltò la testa verso il chitarrista riccio e lo trovò seduto a qualche metro da lei, bottiglia alle labbra e il giudizio forse offuscato dal troppo alcol che stava buttando nello stomaco. Nonostante il pensiero fisso su Slash, si trovò a lasciarsi andare alla sensazione di quelle mani esperte sul suo corpo, perdendosi tra una carezza e l'altra, condite dai vari sguardi che scorrevano roventi sul suo corpo.


Quando rincasò non trovò nessuno ad attenderla, se non il gatto che faceva le fusa attorno alle caviglie. Di Slash non vi era traccia e si precipitò di corsa sotta la doccia per liberarsi dai ricordi, immagini e la stanchezza della nottata non del tutto trascorsa. Si liberò degli indumenti, del mazzetto di soldi sporchi che aveva guadagnato quella notte, nascondendolo tra la biancheria intima, e si trascinò in bagno per aprire il rubinetto e lasciare scorrere acqua calda dalla doccetta prima di lasciarsela cadere lungo tutto il suo corpo, in cerca di quella agognata routine di intima purificazione.

Non seppe quanto tempo trascorse sotto il getto caldo dell'acqua, ma quando emerse dal bagno l'unico rumore che le arrivò alle orecchie, e che le ricordò che presto sarebbe stato giorno, fu il camion dei rifiuti avanzare lento nella notte. Ancora avvolta nel morbido telo di spugna, dal forte sentore di fumo (tutto in quella casa odorava di sigaretta e tabacco stantio), si affacciò in sala, cercando con lo sguardo, tra le ombre della notte illuminata solo dalle luci artificiali di strada, la figura del suo coinquilino. Non poteva negare che l'avrebbe voluto lì con lei, magari solo sapere che non era sola in quella casa, ma come aveva immaginato il divano era vuoto e le uniche tracce del ragazzo, in quell'appartamento, erano montagne di sigarette spente ovunque e qualche bottiglia lasciata in terra, accanto al divano stesso.


Slash rincasò quando ormai il cielo iniziava a tingersi delle tenue velature del giorno, segno che i primi timidi raggi solari erano pronti a far capolino da dietro le colline. Si liberò della giacca di pelle, che lasciò cadere contro la seduta della poltrona nera e si sfilò le scarpe da tennis, prima di sedersi sul divano e intrecciare le dita al groviglio di ricci che aveva in testa, affondando i polpastrelli fino a toccare il cuoio capelluto. Chiuse gli occhi e sospirò, indeciso ancora una volta su cosa fare.

Differentemente dalle altre volte, era rincasato quando ormai l'alcol aveva lasciato lasciato il posto alla capacità di giudizio e la mente era libera dal suo giogo balordo. Voleva affrontarla, ma senza l'audacia, la spavalderia e l'arroganza che lo contraddistinguevano quando era sotto effetto di super alcolici; voleva essere lui, senza filtri a mascherare la timidezza che tanto cercava di nascondere: voleva essere Saul, almeno per una sola volta.

Poggiò i palmi sulle cosce avvolte dal pantalone di pelle scuro e si issò sulle gambe, pronto a voltare ancora una volta pagina e ricominciare da dove aveva lasciato mesi prima. Desiderava ancora una storia con Lucy e quei giorni che le era stato lontano, sia fisicamente che emotivamente, erano stati utili per capire cosa volesse per davvero da lei. E la risposta era stata sempre e solo una; da che fronte considerasse la questione la risposta era sempre stata la stessa: Lucy.

Guardò il soffitto e prese un nuovo profondo respiro, serrando la mascella, consapevole che, nel caso lei avesse acconsentito a riprendere la relazione, lo avrebbe messo ancora una volta di fronte alla medesima assurda scelta, una parola che non esisteva nel suo vocabolario: monogamia.

Gli venne da ridere. Aveva appena terminato di farselo prendere in bocca da Angel... gli venne un'illuminazione. Se l'avesse messo fronte a quella scelta avrebbe detto sì, per poi vivere alla giornata, come sempre.

Si incamminò verso la stanza da letto e abbassó piano la maniglia d'ottone, cercando di non sfare troppo rumore. Si infilò tra lo stipite e la porta e raggiunse lento il letto. La luce del giorno filtrava attraverso le imposte della finestra lasciate aperte, illuminando il suo corpo che riposava immobile sopra alle lenzuola, coperto solo da una leggera camicia da notte a giro manica. Era bellissima, nulla da dire, ed era felice che avesse scelto lui a Izzy.

Sorrise sotto i baffi, Slash.

Sapeva che il suo amico aveva da sempre una cotta per quella biondina lontana anni luce dal loro mondo, e non poteva di certo biasimarlo, e forse se l'era anche fatta, ultimamente, ma non ne poteva essere sicuro e non voleva saperlo...

Spostò lo sguardo dal volto per metà coperto dai lunghi capelli biondissimi alle braccia adagiate sul cuscino e un particolare risaltó subito all'occhio. Si avvicinò e sfiorò con l'indice quelle che sembravano piccole ustioni lungo tutto il braccio. Avevano forme diverse, che non ricordavano affatto bruciature di sigarette, ma le macchie sembravano date da qualcosa che era stato versato sulla pelle, qualcosa che era colato...

Gli si mozzò il respirò in gola mentre la mente elaborava veloce, associando le immagini ai ricordi, ricomponendo veloce il puzzle.

- Porca puttana...-

Nightrain - Guns N' Roses - IN AGGIORNAMENTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora