Capitolo 73

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LEO
Apro gli occhi, guardandomi intorno e cercando di capire dove mi trovo; la testa mi fa molto male, devo aver sbattuto da qualche parte. Non riesco a capire dove sono. Una fioca luce riempie la stanza, e riesco a vedere la camera dove sono rinchiuso: il pavimento è fatto di mattonelle nere, pieno di polvere, come se non venisse pulito da tanto tempo. Le pareti sono dello stesso colore, e c'è una spessa porta d'acciaio che sbarra l'uscita. Ho la gola secca, il fianco mi fa male. Alzo la maglietta e vedo un ematoma. I ricordi della battaglia al rifugio assaliscono la mia mente. Stringo i pugni, conficcandomi le unghie nei palmi, e digrigno i denti.

Tento di individuare una finestra e trovare una via d'uscita, ma non vedo niente; l'unica finestra si trova sul soffitto, ci sono delle grate d'acciaio da cui passa l'aria. Forse posso sfondare la porta usando i miei poteri. Con sollievo, noto che il totem è al suo posto, sul mio collo. Lo tocco, cercando di attivarlo, ma non succede nulla; non riesco ad usare i miei poteri. Abbasso lo sguardo e noto che ho delle manette strette intorno ai polsi.

Le manette hanno una specie di cerchietto di colore giallo sui due bracciali, da cui si protende una lunga catena che si infila nel pavimento.

Gli inibitori di poteri.

Già altre volte mio padre mi ha mostrato questi attrezzi, che bloccano completamente l'uso dei poteri. Di solito, le teneva per emergenza, nel caso un exodus impazzito ci avesse attaccati. Che premuroso.

Perfetto, sono bloccato qui dentro.

Sento un rumore inaspettato provenire alle mie spalle, e il mio cuore perde un battito. Credevo di essere solo in questa stanza, ma a quanto pare non è così. Non riesco a scorgere niente, eppure ho sentito quel rumore, non me lo sono immaginato. Rumori di catene, parole soffocate da bavagli, ed ecco che Liz, Ariel e Melody avanzano verso la debole luce.

Sono sollevato di vederle sane e salve e cerco di andare verso di loro, ma le catene mi concedono giusto qualche passo. Sui loro volti ci sono dei lividi, e nei loro occhi riesco a leggere la paura e l'ansia. Cerco di rompere le loro manette con le mie mani, tuttavia non faccio altro che procurarmi dei graffi alle dita e sulle unghie; il sangue inizia a macchiare il pavimento.

- Tranquille, ragazze. Riuscirò a portarvi fuori di qui. - bisbiglio, succhiando via il liquido scarlatto. Ci dev'essere qualcosa che possa fare per uscire da qui.

- Oh, i nostri ospiti sono svegli. - la voce di mio padre penetra nell'aria con sarcasmo. Entra nella stanza, chiudendo la porta d'acciaio alle spalle, impeccabile come sempre. Ne approfitto e mi lancio su di lui, seguito dalle ragazze. Le catene ci bloccano, e Gabriel con un semplice cenno del capo ci fa volare e schiantare sul pavimento.

- Frenate i vostri bollenti spiriti. - l'uomo sembra profondamente irritato, e non perde tempo a sollevare con la telecinesi le tre ragazze e a farle sbattere di nuovo contro il suolo. Melody rivolge un'occhiata furiosa all'avversario, mentre Liz e Ariel cercano di rimettersi sedute con le ossa doloranti.

- Siete fortunate che non vi possa uccidere subito. - commenta. Rifletto, poi parlo:

- Perché non ci uccidi? Potresti avere i totem in questo preciso momento. - devo distrarlo con le parole, darò più tempo a Rich e gli altri per trovarci.

- Secondo te, potrei mai uccidere il mio stesso figlio, Leonard? - mi guarda con compassione, come se volesse mostrarmi il suo amore. - E poi loro mi servono come esche. -

- A cosa? - chiedo.

- Ad attirare Jason Shaw, naturalmente. Lui e tutto il gruppo verranno a salvarvi, e allora li ucciderò tutti quanti in un soffio. In più, se vi uccidessi, il totem del fuoco avvertirebbe Jason della vostra morte, e lui non verrà. Quindi, resterete qui per un po'. - spiega.

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