Quello nuovo.

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Incrociai il suo sguardo due mattine dopo.
Le 7:00:
La scuola.

Non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia nonostante lui avesse provato più volte ad aprire qualsiasi discorso.

Mi preparai velocemente e tentai di mangiare qualcosa, ero troppo nervoso anche solo per masticare.

Mamma mi rassicurò, mi diceva che non dovevo preoccuparmi, che il figlio del suo compagno mi avrebbe fatto sentire al mio agio, che i suoi amici erano simpatici, che i professori mi avrebbero dato una mano.
Ma non mi interessava.

Volevo solo una cosa e cioè per una volta, per una sola volta, sentirmi al mio posto.
Volevo una base da cui partire.
Volevo non sentirmi sempre "quello nuovo".

"Federico è tornato questa notte, avrà delle occhiaie che non ti dico conoscendolo."
Tentò di iniziare un discorso Zambo mentre camminavamo verso la scuola.

Respirai profondamente:
"È in classe con noi, giusto?" Gli chiesi.

"Sì, e probabilmente ti siedi accanto a lui, Filippo è stato bocciato."

"Filippo?" Chiesi ancora.

"Sì, un nostro compagno di classe, aveva 4 insufficienze purtroppo."

Annuii.

Speravo di trovarmi bene accanto a lui, non ero uno che dava fastidio e mi chiedevo se anche lui non lo fosse.

"Però se ti va meglio puoi sederti accanto a me, Yuri non avrà problemi sicuramente a mettersi vicino a Federico."

Lo guardai in faccia sorridendo:
"Condivido con te già la stanza, il bagno, il divano, la casa, qualsiasi cosa. Il banco almeno no per favore"
Risi, e lui rise.

Zambo aveva ragione:
Federico era arrivato in classe con 10 minuti di ritardo e due occhiaie bruttissime. Lo perdonai per aver fatto fare a me, che sono nuovo, la corsa all'ultimo banco, dopotutto era mal ridotto.
Eravamo in penultima fila al centro, mi ringraziò con lo sguardo e appoggiò la testa sullo zaino nel frattempo che aspettavamo il professore.
In un primo momento cercai di non guardarlo, ma poi mi ricordai della nostra conversazione quella sera e del fatto che mi avesse dato una sigaretta.
Mi feci un po' di coraggio:
"Come è andato il viaggio?" Gli chiesi, non sapevo che altro dire.

"Male, ho vomitato per tutto il volo e sono tornato alle 4:30 a casa."

"Ah, capisco. Saresti potuto partire un po' prima magari."

"Resto più tempo possibile con i miei parenti quando posso. Fino a dicembre non ci andrò più e fa nulla, ho perso solo qualche ora di sonno."
Mi disse, non mi stava veramente guardando.

Non riuscii a rispondere perché il professore entrò.
Si accorse di un nome nuovo nell'appello e mi fece alzare per presentarmi ai nuovi compagni:
"Mi chiamo Benjamin Mascolo, per motivi di famiglia questo è il terzo liceo che cambio. Spero di trovarmi bene con voi anche se so che è difficile entrare nelle dinamiche di una classe già ormai al quinto anno."
Dissi, e mi sedetti.

Un cretino al primo banco fece partire un applauso, un ragazzo dietro diede un calcio alla sua sedia. L'altro smise.

Il professore mi ringraziò e continuò con l'appello.
Cercai lo sguardo di Zambo al terzultimo in fila a sinistra, a lui non era andata poi così tanto bene con la corsa al banco, mi sorrise e mi mostrò il pollice.

Stava andando bene.

Erano le 19:30 di sera quando rividi mia mamma, aveva trovato un lavoro e per il primo periodo era un po' stressata. Le raccontai che era andata bene, che mi sentivo a mio agio perché conoscevo già qualcuno, che avevo fatto amicizia con qualche ragazza ma che pensavo ci stessero provando spudoratamente con me, che Federico il mio compagno di banco aveva dormito tutto il tempo e che mi avevano già aggiunto al gruppo whatsapp della classe e al gruppo Facebook della scuola. Che ci avevano già dato due temi da svolgere e che li avevo fatti velocemente, perché avevo tanto da dire. Gli avevo raccontato tante cose, ma ne avevo saltata una: quando alla terza ora chiesi il permesso per andare in bagno un altro della classe uscì dopo di me.. in un primo momento non gli diedi tanto peso.. però poi, cazzo, mi prese per il colletto sbattendomi più volte alla porta mal ridotta di un bagno.
Non capii bene cosa volesse, non ebbi tempo di chiederglielo.

Per fortuna Giovanni me lo tolse di dosso scaraventandolo sul pavimento.
Gli disse qualcosa che non ricordo, mi fischiava l'orecchio.

Non mi guardò più neanche in classe per le restanti ore.
Io, giuro, non gli feci niente, non mi ricordo nemmeno più il suo nome.

Non lo avevo detto a mamma, nemmeno Zambo e non credevo che Giovanni lo avesse fatto.

Dopo cena gli scrissi su whatsapp:

B: hey, scusami per stamattina. Non ho capito cosa è successo con precisione.

Mi rispose due minuti più tardi:

G: tranquillo, è un coglione, lo fa con tutti per far vedere che comanda lui.

G: però, veramente, sta tranquillo, non comanda lui. Non comanda nessuno.

Rimasi qualche momento sulla sua chat senza rispondere.
Volevo chiedergli cosa avesse detto a quel tizio quando lo ha gettato a terra, o forse volevo chiedergli se davvero non si ricordasse di quanto avvenuto nel suo bagno quella notte.

G: ah, ho trovato una camicia a casa ma è troppo stretta per me. Credo sia tua e credo che tu abbia qualcosa di mio. Se ti va ci prendiamo una cosa più tardi e te la restituisco. :)

Arrossii violentemente anche se non poteva vedermi, cominciai a sudare.

B: si, va bene. Ci vediamo più tardi al bar.

Ti dedico tutto. // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora