Nuvole.

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Per tutti era strano se ripartivo.

Per mamma era da pazzi.
Per Zambo era da scemi.
Per Bruno era inconcepibile.

Chissà mio padre cosa avrebbe pensato, chissà come avrebbe preso all'epoca il mio coming out.
Mi chiedevo continuamente come avrebbe reagito, come si sarebbe comportato con Federico, se avesse continuato ad elogiarmi con i suoi amici oppure avrebbe deciso di diseredarmi o togliermi il cognome -nella peggiore delle ipotesi. -

Forse avrebbe solo pensato di avere un figlio strano.

Si sarebbe stranito all'idea di sapermi frocio, sicuramente.

Sono un tipo strano per gli altri, me lo avevano sempre detto fino ad all'ora.

"Sei strano forte." Mi ripetevano.

Ma come fai a dire ad una persona che è strana se non la conosci davvero?

E come fai se non la conosci nemmeno un minimo?

Io sarò pure stato per tutti un tipo strano in passato, può darsi che la gente lo pensi ancora di me, ma io che mi conosco, adesso, so per certo di non essere un tipo strano.

So che sono semplicemente io, so che sono Benjamin e che non ho nulla di speciale.

Tranne Federico. Io allora avevo Federico.

Lui era speciale.

Non avevo dormito quella notte, non perché non avessi sonno. Avevo mentalmente fatto una lunga lista di pro e di contro sul partire di nuovo.

Non c'erano molti contro a dirla tutta, per riempire la lista addirittura avevo ipotizzato un attacco dell'Isis sull'aereo.. ma neanche quello era riuscito a superare la voglia di vedere Federico sorridere.

Forse è strano, ma io avrei messo anche la mia vita in secondo piano per lui.

Le luci dell'alba mi fecero addormentare di colpo, qualche ora dopo mi svegliai.

In realtà fu mia madre a svegliarmi chiedendomi, stranamente, se avessi bisogno farmi stirare qualche camicia prima di partire.

Era il suo modo per dirmi che mi stava appoggiando ed improvvisamente, non mi sentivo più tanto strano, tanto pazzo, tanto incompreso.

Non so perché ma quel viaggio in aereo mi aveva portato indietro di quasi un mese, quando mano nella mano con Federico, innamorati pazzi, guardavamo le nuvole bianche e morbide dal finestrino dell'aereo, mentre atterravamo a Parigi.

Il ricordo si fece così vivido che sembrava reale e nella mia mente il passato si confuse col presente.

Strinsi tra le dita la stoffa dei pantaloni della tuta, credendo di aver stretto la sua mano nella mia.

Girai istintivamente la mano vuota, ritornai al presente e gli occhi mi si fecero pieni di lacrime, senza nemmeno che me ne accorgessi.

Forse non avrei mai più provato la sensazione così bella delle nostre mani che si completavano.

Federico, quanto mi mancavi.

Misi la mano in tasca e guardai fuori dal finestrino, ancora.

Ho dimenticato di raccontarvi un particolare: Federico non sapeva che sarei ritornato lì.

No, non era la solita sorpresa.

Non so se lo avete capito o meno, ma il mio ruolo lì non era consigliare Federico, non era appoggiarlo.

Io avevo un altro ruolo: uno specifico, decisivo.

Non dovevo aiutare Federico a risolvere, io dovevo risolvere.

Non dovevo parlare con Federico, dovevo parlare con lei: dovevo parlare con Gesine.

Lo chiamai appena arrivato.

"Non sei a scuola?"
Mi chiese.

"Sì, sono in bagno. Volevo sentirti."
Mentii.

"Mi manchi.." sbuffò.

Non risposi, stavo pensando a cosa dire.

"Forse.. forse non dovevi andartene."

Ammise, per la prima volta.

Sentivo la sua voce tremare mentre lo diceva.

"No?"

Provai a chiedere.

"Sembrava avessi capito anche tu che fosse la cosa migliore da fare. Separarsi, dico."

Continuai.

"Sì.. no. Cioè.. io ti ho appoggiato per non farti sentire in colpa ma.. al momento.. non so se sia stata la cosa più giusta da fare."

Non so se in quel momento mi sentii sollevato o meno a quelle parole, so solo che avevo tanta voglia di stringerlo forte a me, di dirgli che ero lì, che stavamo per vederci di nuovo.

Ma non lo feci e con una banale scusa riattaccai.

Presi un taxi, riuscii a dire qualche parola in tedesco, ricordavo giusto il nome della strada.

Cercavo di riordinare velocemente le idee mentre scendevo dall'auto trascinandomi il mio solito borsone.
Gesine era proprio fuori casa sua, probabilmente stava cercando qualcosa che le era caduto nell'auto, immagino fosse così.

"Gesine?"

Richiamai la sua attenzione.

Era stranita vedendomi di fronte a lei davanti a casa sua.

Anche lei evidentemente in quel momento stava pensando che io fossi strano.

"Ciao.. ehm? Benjamin?"

Ti dedico tutto. // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora