Scomparire.

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Mia mamma non avrebbe potuto farmi un regalo migliore per i miei 18 anni che quello di trasferirci a Modena.
Per la prima volta in quella città, in quella casa, in quelle persone, in Federico, stavo trovando me stesso.
Mi sentivo come rinato, avevo la sensazione che stesse tutto andando per il verso giusto e neanche il fatto che avessi dormito tre ore avrebbe potuto togliermi il sorriso dal volto, quella mattina.

Avevo un mal di testa fortissimo, immagino tutti lo avessero.
La festa finì verso le 3 e tornammo a casa non prima delle 4 meno un quarto.

Se non fosse stato per il compito di inglese, avremmo fatto la seconda assenza di massa.

Aspettavo Federico fuori scuola, in realtà io e Zambo aspettavamo gli altri, ma io aspettavo essenzialmente Federico.

Dopo i baci che ci eravamo dati non c'era stato più modo di poter restare da soli, abbiamo ballato un po' insieme ma niente che potesse dare nell'occhio.
Gli avevo dato la buonanotte su whatsapp appena arrivato a casa, lui non aveva risposto, ma aveva ricambiato con un "buongiorno, preferirei morire piuttosto che andare a scuola" alle 7:15 di quel mattino.

E così, dopo Yuri, arrivò anche lui.

Classica faccia.
Classico saluto.
Classico sbadiglio da prima lezione.

Lo guardavo ogni tanto ma faceva finta di non accorgersene, facendo tutt'altro.

Quasi la metà della classe dormiva mentre il prof di storia parlava, l'altra metà invece faceva solo finta di essere sveglia.

Federico era uno di quelli.

Presi una matita dal mio astuccio e allungai il braccio sul suo libro.
Scrissi sul margine bianco in alto:

"Perché ti comporti come se non fosse successo nulla?"
Ritirai il braccio.

Guardò attentamente la scritta, poi prese la matita che avevo appoggiato sul banco e scrisse sul mio libro:

"Non ho intenzione di farti stare male."

Appoggiò la testa sul banco e non mi guardò nemmeno questa volta.

Quella frase mi ruppe qualcosa dentro.
Potrei giurare di aver sentito qualcosa frantumarsi, forse quel barlume di speranza che la mia vita stesse cominciando a funzionare, almeno un po'.

Mi domandai se fosse vero quello che sentivo la sera prima, se mi aveva baciato perché voleva o solo perché non voleva farmi stare male.
Mi domandai se fosse tanto ubriaco da non essersene reso conto, così come Giovanni qualche tempo prima.
Mi domandai se veramente Federico piacesse a me, o se mi stessi solo innamorando di qualcuno che pensavo fosse Federico.

E avevo dei dubbi su tutto.

Quando quattro ore dopo la campanella suonò e tutti scapparono da quell'inferno chiamato liceo, io aspettai in classe che Federico tornasse dal bagno.
Volevo sentirgli dire qualcosa.

Non rimase stupito dal vedermi, nonostante ciò mise i libri nello zaino e non mi degnò di una parola.

"Stai giocando a prendermi per il culo, Fè?"
Gli dissi.

E allora mi guardò.

"Ben, sono stato preso dal momento ma.. non avevo alcuna intenzione di farlo."

Sentii più chiaramente cosa si spezzò dentro di me, il cuore.

"Non che non volessi baciarti. Perché lo hai capito che mi piaci ed era proprio quello che avevo voglia di fare."

Non capivo.

"Stiamo parlando del nulla allora?"
Chiesi, allargando le braccia.

Mi si avvicinò.

Ti dedico tutto. // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora