Lo so che non ti piace.

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La notizia migliore che mi potessero dare in quella piovosa mattina di ottobre fu che potevamo vedere Federico, due per volta e senza disturbarlo per più di 10 minuti, nonostante non si fosse ancora svegliato.

Dopo i suoi genitori insistetti con prepotenza affinché potessi entrare io accompagnato da Zambo.

Giovanni non capiva bene il mio atteggiamento, in fondo conoscevo Federico da poco meno di un mese e sembravo il più disperato di tutti.

Mi diede uno spintone quando feci per entrare prima di lui, forse per la stanchezza o forse per il fatto che si sentisse responsabile di quello che gli era accaduto, avendo insistito affinché andassero a bere qualcosa quella notte, ma non mi interessava, volevo vedere Federico.

Zambo tirò da parte Giovanni dicendogli qualcosa all'orecchio, poi si avvicinò a me facendomi segno di entrare.
Subito dopo di me entrò Giovanni.

Il bip dell'aggeggio accanto a lui era l'unico suono udito in quella stanza bianca, totalmente bianca, come la fasciatura sulla sua testa, come la sua pelle.

Federico era disteso sul lettino, immobile.
Non era cambiato molto da quando lo avevo visto appena uscito dalla sala operatoria, forse solo le labbra avevano ripreso il loro colore.

Giovanni gli aveva sfiorato il braccio con un dito e aggiustato le coperte, sembrava incapace di fare altro. Io non mi ero ancora mosso, volevo lasciargli il suo tempo per il suo migliore amico.

Si sedette sullo sgabello accanto ai suoi piedi e capii che era il mio turno.

Gli toccai la mano, era gelida, riuscii in qualche modo a riscaldarla tenendola stretta tra le mie mani.

Poi cominciai ad accarezzargli il viso, mi sembrava una vita e invece erano passati pochissimi giorni da quando gli avevo accarezzato per l'ultima volta le guance, e lui mi sorrideva, mi guardava con i suoi occhi dolci.

I ricordi si facevano spazio nella mia testa e non riuscii a trattenere le lacrime, singhiozzavo.

Avvicinai una sedia al lettino.
Giocavo con le sue dita, a volte poggiavo la mano su una mia guancia, la baciavo.
Mi dimenticai completamente che ci fosse anche Giovanni oltre a noi due nella stanza, cominciai a parlare, non so perché lo feci, volevo solo illudermi di poter parlare con lui:

"Mi dispiace se ti ho detto che sarebbe stato un tuo problema, possiamo essere quello che vuoi, non sarà mai un problema per me."
Dissi, tra le lacrime.

"E mi dispiace se ti hanno lasciato solo tutto questo tempo, lo so che non ti piace, ma non ci hanno fatto entrare."
Continuai.

"Ti prometto che se ti svegli non ti lascerò solo neanche più un minuto, però non te ne puoi andare.."
mi si spezzò la voce, nuovamente.

"Non te ne puoi andare, sei la cosa più bella che mi sia successa in questa vita del cazzo, per favore resta con me un altro po'.."

Cercai di asciugare le lacrime con la felpa, poi ripresi la sua mano tra le mie e la accompagnai sulla mia guancia, lo sentivo un po' più vicino.

Sentii il suo pollice muoversi sul mio viso, persi un battito.

Riportai il suo braccio sul lettino tenendo la mia mano sotto la sua, fece per stringerla, leggermente.

Mi alzai velocemente dalla sedia, i miei battiti aumentarono.

Giovanni si alzò per riflesso, non vide niente ma penso fosse preoccupato per me.

"Ben?" Sussurrò.

Lo guardai spaventato.

"La mano" gli dissi.

La guardò, si muoveva lentamente sopra la mia.

Spalancò la bocca forse per dire qualcosa, ma non lo fece.

"Svegliati ti prego."
Sussurrai.

La presa sulla mia mano diventò leggermente più forte.

Gli poggiai l'altra mano sulla guancia, lui schiuse leggermente le labbra.

Guardai Giovanni, lui fece lo stesso.

Eravamo spaventati, volevamo solo che aprisse gli occhi.

"Per favore chiama qualcuno!"
Lo pregai e lui uscì di corsa.

Lentamente iniziò a strizzare gli occhi.

Sorrisi, ripresi a respirare normalmente.

Poi li aprì, si guardò intorno.

Entrarono i dottori, l'infermiera mi cacciò fuori, proprio nel momento in cui i suoi occhi incrociarono i miei.

Ti dedico tutto. // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora