Per ogni volta che sarai lontano.

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Natale.

Cosa sarebbe dicembre senza Natale?
solo un mese qualsiasi, forse anche più insignificante degli altri.

Quel Natale non lo dimenticherò mai.

Solo con il mio ragazzo nella città dell'amore per definizione, in un hotel che aveva praticamente tutto ciò che si potesse desiderare, circondati solo dal nostro amore.

Fu la prima volta che mi svegliai tra le sue braccia, sentivo il profumo della sua pelle più di ogni altra cosa e mi sentivo il ragazzo più felice sulla faccia della terra.

La luce del sole illuminava per quel che poteva la grande stanza, notai i nostri vestiti sparsi un po' ovunque e non avevo alcun tipo di preoccupazione: quello spazio era solo nostro.

Alzai gli occhi per guardare il suo viso angelico, dormiva serenamente, avrei potuto guardarlo per tutta la vita.
Restai così una manciata di minuti, poi afferrai il cellulare sul comodino e notando che fosse ormai quasi ora di pranzo decisi di svegliarlo.

Cominciai a baciargli il petto, lentamente e dolcemente, poi passai al collo, il mento, fino ad arrivare alle labbra.

Era già sveglio quando ci arrivai, lo notavo dai suoi tentativi -falliti- di trattenere i sorrisi.

Poi dalle labbra mi spostai sulla guancia calda, e in seguito dritto verso l'orecchio.

Appoggiai le labbra.

"È mezzogiorno, ti va di fare una doccia prima di andare a pranzo?" Sussurrai.

Si stiracchiò.
Improvvisamente mi ritrovai sotto.

Si sdraiò sopra di me, io allacciai le gambe al suo busto.

Mi afferrò il bacino.

"Doccia sia."
Sussurrò con le labbra sulle mie.

Fece per alzarsi, mi allacciai a lui anche con le braccia.

Mi accarezzò la schiena, fino ad arrivare ai glutei, affondando dentro le dita.

Arrivammo così in bagno.

Non credo di aver mai fatto una doccia così lunga, tengo per me i dettagli.

Non fu proprio una delle cose più caste che facemmo.

Indossai una camicia bianca e dei pantaloni neri gessati, li avevo comprati per una festa a cui non ero mai andato ed era forse la prima volta che li mettevo.

Federico aveva ancora addosso solo i boxer.

"Hai intenzione di continuare a guardarmi? Dai vestiti!"

"No!"
Disse, mettendosi sdraiato tra le lenzuola bianche.

"Non mi muovo fino a quando mi dai il regalo!"
Incrociò le braccia al petto.

"Giusto! Il regalo!"
Dissi.

Mi avvicinai alla valigia e presi prima la felpa.

Scartò il pacchetto.

"Ma grazie amore, è morbidissima!"
Disse, indossandola subito dopo.

"Se hai intenzione di scendere con la felpa al pranzo di Natale io pranzo da solo!"
Lo avvertii.

"Ma come? Non mi sta bene?"
Si aggiustò il cappuccio.

Scossi la testa ridendo e mi avvicinai di nuovo alla valigia.

"Questo è per quando sarai in Germania, o in generale, per ogni volta che sarai lontano da me. Sono sicuro che sarà sempre come se fossi insieme a te."
Gli dissi, poi gli passai il pacchetto.

Mi fece spazio tra le sue gambe facendomi appoggiare la schiena sul suo petto.
Poi appoggiò il mento sulla mia spalla e aprì il pacchetto sulle mie gambe.

"E questo?" Chiese.

"È il mio profumo, ti piace no?"

Sorrise, sembrava un tantino emozionato.

Tolse il tappo e lo portò vicino al naso.

"È un pensiero davvero stupendo Ben." Sussurrò.

Si allontanò un attimo per riempire la felpa di profumo.

"Non saresti andato via dai miei pensieri comunque, figurati adesso!"

Sorrisi felice che gli fosse piaciuto e mi girai per baciarlo.

"No te lo scordi, non ho alcuna intenzione!"

"Dai, Ben! Sono due lumachine, qua le mangiano tutti!"

"Federico non ti permettere neanche di avvicinarle alla bocca e ti giuro che non ti bacio più fino alla fine dei tuoi giorni!"

Rimase a guardarmi pensandoci, poi ne mangiò una.

"Bene. Ti sei firmato la condanna a morte tu con quella bocca non mi tocchi più!"

Non scherzavo, dicevo seriamente.

E infatti quando tornammo in camera:

"Guarda che ti puoi lavare anche i denti per 6 ore non ti bacio lo stesso."
Urlai affinché mi sentisse nel bagno.

Uscì "scommettiamo?"
Disse.

Feci per scendere dal letto ma mi salì addosso facendomi il solletico.

"Che schifo, levati!"

Dissi, tra le risate.

Poi bussarono alla porta e finalmente mi liberai.

"Vado io." Disse sconfitto.

Sentì cosa aveva da dirgli il ragazzo che bussò, poi mi disse che sarebbe arrivato subito e mi lasciò in camera.

Volevo approfittarne per sistemare un po' la valigia ma sentii un cellulare squillare.

Non era il mio, lo avevo in tasca.

Guardai un po' in giro, lo aveva lasciato in bagno.

Presi il cellulare.

"Gesine."
Mostrava lo schermo.

Non conoscevo nessuno che si chiamasse in quel modo quindi semplicemente lo lasciai squillare.

Chiamò di nuovo, e allora risposi.

"Pronto?" Dissi.

"Federico?" Chiese una donna dall'altra parte della cornetta.

"Al momento non c'è, gli posso dire di richiamare quando torna."

"Si, okay grazie." Era sicuramente tedesca, lo sentivo dall'accento.

"Lei chi è?" Chiesi, un po' per curiosità, un po' perché mi interessava cominciare a conoscere qualcuno della sua famiglia.

"Sono la madre di suo figlio."

Ti dedico tutto. // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora