Nel nostro stesso posto.

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Quando tornai a casa quella sera mamma aveva già aperto la mia valigia sul letto e inseritoci l'inalatore, quasi per obbligarmi a portarlo con me.

Andai in cucina per cenare, non disse niente, semplicemente era felice.

Morivo dalla voglia di partire e restare solo con Federico, volevo urlarlo al mondo ma nello stesso momento volevo che fosse qualcosa di solo nostro.

Era tutto così surreale.

Il giorno dopo uscii a comprare giusto due cose per il viaggio, in realtà fu mamma a costringermi.

"Le salviettine le prendiamo? I mezzi pubblici sono pieni di germi e batteri.."

Roteai gli occhi.

"Si prendiamole però dopo basta ok?"

Le lanciò nel carrello e si fermò a guardarmi, anzi, a fissarmi.

"Che c'è?" Chiesi stufato.

Le si inumidirono gli occhi, portò le mani incrociate sotto al mento.

"Il mio bambino.."
Sussurrò.

Mi guardai intorno con la paura che qualcuno potesse vederla.

"Mamma! Ma che fai?"

"Hai trovato l'amore della tua vita e ora te ne vai in viaggio con lui, non sai quanto sono felice che tu sia felice!"

Per la centesima volta roteai gli occhi, le diedi un abbraccio veloce.

"Va bene mamma, basta però, ho capito."

Pensavo che la prendesse un po' peggio il fatto che fossi gay, invece l'aveva presa proprio benissimo.
Forse voleva solo che portassi a casa qualcuno, maschio o femmina che fosse.

Solo più tardi capii che non era così: mia madre adorava Federico.
Federico e nessun altro.

"Ti voglio bene Benjamin, non farti mai mettere i piedi in testa da nessuno. Tu sei quello che sei e sei meglio di tutti."

"Mamma! È necessario dire queste cose al supermercato?"

La vigilia di Natale era da sempre per me il giorno di Natale in se:
L'ansia, la fine dei preparativi, i cenoni, gli ultimi ritocchi erano il vero Natale per me.

Yuri si offrì ad accompagnare me e Federico in aeroporto, ci fece qualche raccomandazione, poi ci salutò e andò via.

L'aereo decollava alle 8, dopo i diversi controlli non ci restava altro che salire a bordo.

C'era una confusione incredibile, sembrava volessero andare tutti nel nostro stesso posto.
Io non ero abituato agli aeroporti, avevo preso solo due volte l'aereo in vita mia e lo avevo fatto supervisionato dai professori per una gita scolastica, mai da solo.

Federico invece era abbastanza esperto, si muoveva spesso in aereo fin da quando era bambino avendo la famiglia in Germania, mi prendeva la mano quando mi vedeva un tantino disorientato e mi sentivo protetto come un bambino in braccio a sua madre.

Non mi disse niente quando presi il suo posto vicino al finestrino, sapeva che per me era motivo di felicità e semplicemente lasciò che lo facessi.

Mi tenne la mano stretta quando decollò.

Tenni tutto il tempo la testa sulla sua spalla, ci eravamo alzati presto e un po' avevo sonno.

Lui non faceva altro che baciarmi la fronte.

Quando arrivammo mi mostrò il suo programma dettagliatissimo.

Gli chiesi quando lo avesse fatto e mi rispose che aveva avuto tempo per pensarci bene.

La nostra prima tappa era l'hotel.
Prendemmo un taxi e ci andammo.

Durante tutto il viaggio non riuscii a staccare la testa dal finestrino.
Le decorazioni natalizie erano ovunque e non facevano altro che rendere ancora più meravigliosa quella città.

"Una doppia, dice?"
Chiese cortese il ragazzo alla reception, aveva l'accento sardo.

Primo italiano a Parigi.

"Si, a nome Rossi."

Federico mostrò i documenti, poi mi prese di nuovo la mano.

"Perfetto, ecco le chiavi e buona permanenza!"

La 412, non dimenticherò mai neanche quella stanza.

L'hotel aveva 5 stelle, non immaginavo minimamente che Federico avesse fatto una cosa del genere.

Mi sentivo stupido ad avergli regalato un semplice profumo.

Avevo deciso che mi sarei fatto perdonare a San Valentino.

L'arredamento era meraviglioso, del tutto vintage, i grandi lampadari di cristallo sono ancora impressi nella mia mente come se fosse accaduto ieri.

Erano anche nella nostra camera, riprodotti in dimensioni ovviamente minori.

Al centro c'era un meraviglioso baldacchino, la moquette rossa sul pavimento, i mobili di legno scuro, un grosso specchio proprio accanto all'armadio abbellito con numerosi ghirigori d'oro: richiamavano lo stesso disegno delle coperte.

Ero follemente innamorato di quella camera, di quell'hotel, di quella città, di Federico.

Poggiammo le valigie sul pavimento, io andai subito ad aprire le finireste, anzi a spalancarle, Federico invece pensò che fosse opportuno provare il letto.

"Ben, vieni qui a sdraiarti!"
Mi chiamò.

Chiusi i vetri delle finestre lasciando che entrasse tutto il sole di quella bellissima giornata, poi andai da lui.

Mi sdraiai cercando il suo sguardo.

"Non so come ringraziarti.."
ed era vero. Stavo vivendo un sogno.

"Baciami soltanto Benjamin. Dimmi solo che sai che ti amo infinitamente e che per te farei follie. Voglio solo questo."

Mi sussurrò quasi implorandomi.

Lo baciai, senza pensarci due volte.

"Certo che lo so, amore, certo che lo so."

Gli dissi.

Ritornai a baciarlo, lui mi infilò le mani sotto alla felpa portandola su fino a sfilarmela.

"Facciamo l'amore Ben?" Chiese con le labbra sulle mie.

Adoravo quando me lo chiedeva, era di una dolcezza sovrumana.
Alternava volte in cui affermava con decisione che dovevo essere suo in quel preciso istante, a volte in cui, con quegli occhi color cielo, mi chiedeva di diventare tutt'uno con il suo corpo e amarlo anche fisicamente.

Non posso dire cosa preferivo, perché non lo so nemmeno io, so solo che quando Federico decideva che doveva succedere, che me lo chiedesse o meno, che gli rispondessi si o no, succedeva e basta, perché non gli resistevo, mai.

In un secondo mi misi a cavalcioni su di lui.

"Non serve che tu me lo chieda."

Ti dedico tutto. // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora