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Harry's pov

La porta fa un leggero cigolio quando la apro. L'oscurità è l'unica cosa in quel posto. Quel posto che tanto amavo e continuerò ad amare. Le vecchie tapparelle verdi sono abbassate su tutte le finestre rotte. I miei occhi focalizzano subito le immagini dei mobili in quel posto. Degli scricchiolii si formano sotto i miei stivali quando cammino verso la stanza, la mia stanza. Osservo come il legno del letto si sta marcendo, come le ragnatele e la polvere si fossero impossessati delle mensole. Vengo qui molto spesso, nella mia casa. Cammino fino alla cucina e non posso più trattenere i ricordi che mi affiorano nella mente. Mi sembra perfino di sentire il profumo delle frittelle che cucinava mia mamma. I suoi capelli lisci e marroni che svolazzavano ad ogni suo movimento. Il rumore dell'olio bollente quando veniva invaso da del cibo pronto per essere cucinato. Canticchiava sempre la stessa canzone, la sua e la mia canzone preferita. Non avevo mai avuto l'occasione di sapere il nome dell'artista,ma voglio tenerlo così. Ignoto. Voglio ricordarmi della mia curiosità da piccolo, quando glielo chiedevo a mia mamma e lei non rispondeva. Voglio che rimanga un ricordo e voglio che rimanga un dubbio, il mio dubbio. Eppure, nonostante tutti gli anni che sono passati, me la ricordo come se fosse il giorno in cui mi costrinsi a stare un'ora sul testo di quella canzone per impararlo. Era il ricordo della mia infanzia, e resterà tale. Vago per la casa, fino ad arrivare al salotto.

Mi immagino ancora mio padre, il mio papà in tutta la sua normalità, seduto con le gambe incrociate mentre legge il suo giornale quotidiano con una tazza di caffè sul tavolino di marmo di fronte a lui. Come si allungava per prenderlo e per sorseggiarlo mentre i suoi occhi vagavano per le righe. Come mia sorella Gemma arrivava giù dalle scale e come salutava tutti con un bacio. Le notti passate con lei nella mia stanza, mentre catavamo il più piano possibile per non svegliare nessuno. Come prendevo la mia chitarra marrone chiaro, e le facevo sentire i miei progressi sul canto. E adesso non canto da circa venti anni. Venti anni da quando è successa quella cosa. Venti anni da quando ho dovuto sopportare quella cosa. Venti anni che non sento il calore della mia pelle. Venti anni di solitudine, venti anni costretto a cambiare vita, cambiare mamma. Venti anni che non vedo mia sorella, che non le sorrido. Mio padre ora sta con un'altra donna. Con altri figli. Compreso me. Io sono un'altro e sono cambiato. E lui si è accorto che è come cominciare da zero nel conoscermi.

Poi è arrivata lei. Dopo vent'anni. Alex. È come se il mio cuore cominciasse a battere ancora anche se è fisicamente impossibile. Oggi, quando avevo toccato la sua mano, è stato come sentire il mio calore per un'attimo. Ma so bene che il mio calore, le mie guance arrossate, le labbra screpolate per il freddo, non le avrei mai riavute. Mi sarei dovuto tenere il mio corpo ghiacciato, il sangue che non circola più, il cuore che non batte. Gli occhi rossi quando mi arrabbio, la mia forza sovraumana, l'udito a cui non scappa neanche una singola parola sussurrata. La mia sete di sangue.

Sospiro camminando verso l'uscita da quel fiume di ricordi. Quando apro la porta, la casa si illumina della luce del giorno. Possedevo ancora le chiavi di casa, come se fosse un normale giorno in cui tornavo a casa da scuola e pranzavo con la mia famiglia. Ora mi ritrovo a ripetere la terza superiore per la ventesima volta, ed ogni volta in una città diversa. Comincio a correre, come solo noi sapevamo fare. Le immagini al mio fianco erano sfocate per la velocità.

Giro pericolosamente in una via alla mia destra e mi fermo improvvisamente.

Ero sicuro che lei era nei paraggi, potevo sentire il suo odore così forte da annebbiarmi i sensi.

Il mio sguardo rotea dentro la vetrina di un piccolo bar, quando la vedo. Tiene saldo delle buste bianche su un braccio, mentre la mano è infilata nella tasca. Guado come scatta, quando le borse ricadono sul suo polso ferito e lei le rialza prontamente. Cosa le era successo veramente? e perchè mi aveva mentito? troppe domande che non posso farle. Afferra la tazza di cartone davanti a lei e esce dalla porta salutando.

Nasconde il naso nella sciarpa per il freddo, e noto come le sue guance sono arrossate.

Ha un passo costante e lento mentre regge le buste di plastica che sembrano fin troppo pesanti.

Senza pensarci mi avvicino alle sue spalle rigide notando come i suoi capelli si ribellano al vento d'inverno.

"Hai bisogno d'aiuto?" chiedo spostandomi al suo fianco. Sussulta e sgrana gli occhi per la sorpresa nel vedrmi.

"Dio, Harry! Volevi che facessi un infarto?" esclama trattenendo un sorriso e portandosi al petto la mano occupata dal cartone di caffè.

Rido del suo comportamento, e mi allungo per afferrare le buste. Quando le sue nocche sfiorano le mie dita, sento ancora quella sensazione. È come se il cuore ricominciasse a pompare nel petto.

Non è del tutto convinta se accettare il mio aiuto, ma alla fine cede.

"Grazie" sussurra timidamente nella sciarpa, prima che le sue guange si tingessero di un rosa più scuro, e questa volta non per il freddo.

Le sorrido, ammirando la bellezza dei suoi occhi azzurri fissare i suoi piedi mentre continua a camminare.

Mi ricorda moltissimo Gemma nei modi di fare. E con il passare del tempo, avrei perso anche Alex, come era successo con tutti. Gli anni passano ed io rimango sempre lo stesso. Stesso corpo, stesso aspetto, stessa età. Ma invecchiando nell'anima.

ciao a tutti/e :D ho postato due capitoli per farmi perdonare della mia assenza in questi giorni... sono perdonata?

Beh che dire ... in quesro capitolo si capisce qualcosa su Harry e la sua infanzia, ma non del tutto :)

Domani se ci riesco posto anche l'altro capitolo :)

ciao gente :3

-Alex

The Dark In The Light | |H.S.| |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora