Qualche minuto dopo lo vidi arrivare. Aveva in mano le chiavi dell’infermeria.
Mi aiutò a tirarmi su e io cercai di nascondere le lacrime. Entrammo, accese le luci e mi fece sedere su un lettino al centro della stanza. Si tolse il cappotto, sfoderando i suoi pettorali d’acciaio che si notavano anche sotto la camicia verde della divisa militare. Uno stretto paio di pantaloni a vita alta dai quali ciondolava la fondina con la pistola e altri distintivi. Si tolse anche il cappello lasciando libero i suoi corti capelli castani che sotto la luce risplendevano di sfumature ambrate.
Rimasi attonito a fissarlo per diversi secondi. Il suo viso virile, liscio e spigoloso attirò la mia attenzione. La sue espressione, così severa, così contenuta, sembrava nascondere qualcosa, un segreto più oscuro della notte.
Si avvicinò a me dopo aver rovistato per tutta la stanza con un tovagliolino imbevuto di Betadine. Bruciava appena, come una piccola fiammella che mi sfiorava la pelle, ma fermò il sangue che mi scorreva a fiotti sulla guancia. Poi i suoi occhi, che alla luce sembravano zaffiri opachi, rendevano quel dolore più sopportabile. Sentivo di nuovo il suo calore sul viso, sentivo ancora il suo respiro sulle labbra, era così vicino.
Continuò a tamponare le mie ferite con mano gentile, poi mi prese il braccio.
«È rotto» disse stringendolo e facendomi un male cane, «e la spalla è dislocata.»
Io alzai la testa per confidarmi con i suoi occhi, lui fece lo stesso. Arrossì e abbassai lo sguardo.
«Farà male» disse e prima ancora che potessi rendermi conto di cosa avesse intenzione di fare, mi strinse forte il braccio con due mani e lo rimise a posto.
Urlai, il dolore era atroce. Mi morsi il labbro fino a farlo sanguinare e gli strinsi talmente forte il braccio da fargli male.Una lacrima mi solcò il viso. Ritrassi subito la mano con la quale gli stavo stringendo il braccio. Lui mi guardò con i suoi occhi magnetici e mi fece segno con il capo;
«Va meglio?» chiese con voce tranquilla.
Io mi sfiorai appena il braccio con l’altra mano, provai a muoverlo appena. Faceva molto meno male di prima.
«Sì, grazie» sussurrai.Lui annuì con la testa e ancora prima che me ne rendessi conto mi prese la spalla e la rimise al suo posto con un movimento veloce.
Tirai un altro urlo che fece cadere la neve dal tetto della caserma e maledissi quell'uomo e il momento in cui mi ero svegliato dal coma.
Lui mi strinse forte la mano. Sentii una scarica di tiepida energia diffondersi in tutto il corpo, uno strano sentimento, un’avvolgente melodia dimenticata.Mi sgranchii il braccio, tirando su la spalla qualche volta.
«Piano!» disse lui con tono autoritario, «Aspetta.»Si voltò, potei ammirare il suo corpo scolpito nel marmo fasciato nella divisa attillata. Prese delle fasciature e delle garze da un cassettino e tornò da me. Mi fasciò il braccio come una mummia e mi mise qualche cerotto in faccia. Si stava prendendo cura di me, mi stava donando un poco di umanità che in quel momento pensavo non esistesse.
«Grazie mille» la mia voce celava un velo di commozione.
«Sono il tenente Costas. Puoi rivolgerti a me con il dovuto rispetto» disse severo.
«Signorsì signore…» esitai, «tenente» non avevo idea di quale fosse il “rispetto” che gli dovevo. Mi aspettai un rimprovero, un cenno di disappunto, qualcosa, ma nulla. Il suo viso era tranquillo, non faceva trasparire nessuna emozione.
Mi mise l’ultimo cerotto sul sopracciglio destro. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Mi tirai indietro, distolsi lo sguardo. Lui indietreggiò.
«Puoi andare a riposare soldato… Luce» disse. Ancora quel nome; lo pronunciò in modo strano.
«Domattina, verrai nel mio ufficio all’alba. Non un minuto prima, non un minuto dopo. Al primo piano. L'ultima porta.» il suo tono di voce alto e severo mi mandava in subbuglio lo stomaco e il basso ventre. «Devo parlarti.»
Silenzio. Mi puntò i suoi occhi di cristallo addosso; facevano male quanto la pistola che mi aveva puntato alla tempia poco prima. Si voltò, prese il suo cappotto e se ne andò via.
Deglutì. Mi portai una mano al viso e mi guardai allo specchio. Ero ridotto davvero male.
Mi voltai in direzione del tenente e sussurrai:
«Grazie…»

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Luce
RomansaLa guerra è scoppiata ancora, il mondo è devastato dall'odio e dalla violenza. Un ragazzo, dalla carnagione pallida e gli occhi di uno strano colore turchese, si ritrova scaraventato in un mondo a lui sconosciuto: il mondo dell 'esercito. Senza memo...