XXII - Lampi di fotoni

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In lontananza, illuminato dalla luce di un faro, un cane lupo mi guardava dall'alto.

Il suo manto bianco e grigio, impolverato di neve, risplendeva di sfumature argentee e i suoi occhi, gialli come lune, mi trapanavano l'anima.

Vidi Andrew davanti a me, senza vestiti. Indossava solo un velo di imbarazzo, i suoi occhioni azzurri fissi su di me. Mi guardava stupito, sorrideva appena. Mi accarezzò il viso, continuava a sorridere. Mi sfiorò il corpo con le dita, sentivo il suo tocco levigato che accarezzava le curve della mia pelle pallida.

Ci trovammo a rotolare sul suo divano.
Le sue mani che bramavano il mio corpo, la lana morbida sul mio sedere, il suo profumo intorno a noi.

Lo baciai, lo baciai come se fosse l'unica cosa che avrei voluto fare per tutta la vita. La sua lingua era calda e il suo corpo scivolava languido sopra e dentro il mio. Avvertì una presenza strana, viscida, ruvida, fredda. Mi contorcevo tra le lenzuola e mi sentivo stringere sempre di più. Saliva sul mio corpo, era umido e sinuoso. Ansimai. Mi avvolse i fianchi, il ventre, fino a salire sulla schiena e stringermi il collo.
Mi entrò in bocca. Non riuscivo a respirare. Non riuscivo a respirare. Era un serpente nero che mi fissava negli occhi.

Scappai. Corsi via. Iniziò a nevicare. Nevicava. I miei occhi si riempirono di brina, non riuscivo a vedere più nulla. Le lacrime mi si congelavano sulle guance. Nudo sotto la neve. Una sirena iniziò a rimbombare nel vuoto di quel cielo bianco. Il suo suono mi distruggeva i timpani. Mi coprì le orecchie e caddi in ginocchio sul ghiaccio. Faceva così freddo. Mi sentivo solo.

"Andrew!" urlai, "Andrew dove sei?"

Il cielo illuminato dalla neve iniziò a farsi rosso e giallo, enormi fuochi d'artificio che esplodevano nel cielo. Ripresi a correre. Le bombe grandinavano sul terreno ghiacciato.

Andrew. Lo vidi nel cuore dell'oscurità. Gli alberi cadevano al mio passaggio ed evaporavano in un fumo aranciato. Il bosco prese fuoco in un battito di ali. Il rumore delle bombe mi faceva tremare ad ogni passo. Corsi verso Andrew, il suo corpo di marmo era illuminato dalle esplosioni e dalle lingue di fuoco che lo circondavano. Lo raggiunsi al centro del vortice di fiamme. Lo guardai in faccia. Era una maschera dal sorriso grottesco, un'espressione vuota, la Solitudine in persona.

"Sveglia principessa! Dobbiamo andare."
Scattai come una molla. Cos'era? Cos'era stato?

Era un sogno. Avevo ripreso a sognare: era terribile.

Chris mi aveva trovato la sera prima poco distante dalla mensa. Vagavo come un'anima persa con lo sguardo vuoto e i piedi leggeri. Le parole delle sorelle mi avevano colpito dritto in faccia, ero frastornato, attonito e confuso. Chris era venuto a cercarmi per fumare con me, io barcollavo e rispondevo a malapena. Ci sedemmo qualche attimo per terra, appoggiati al muro della caserma.
"E' successo qualcosa?" mi chiese. Non mi andava di raccontargli del dolore di quelle giovani donne.
Mentì, gli dissi che era solo stanchezza. Rimanemmo in silenzio sotto le stelle sbiadite di quel posto, mi mancava l'aria.

Per le undici raggiungemmo gli altri per i corsi di primo soccorso, ero totalmente assente ma riuscii a carpire qualche informazione essenziale. Dalle pratiche di base, un giovane dalla barbetta ispida passò a spiegarci come trattare le ustioni chimiche e nucleari. Un fiotto di nausea mi salì in gola al pensiero di quelle armi disumane.

"L'avvelenamento radioattivo moderato è causato da un'esposizione di dosi equivalenti di 2-3 sievert. Le armi che userete hanno in media questo potenziale. I sintomi immediati sono nausea, vomito, diarrea, eritema, stanchezza e malessere generale. È presente un periodo di latenza e prodromico nel quale è essenziale una pesante intervento medico specializzato. In meno di 30 giorni il vostro corpo verrebbe corroso dall'interno, a partire dalle mucose più sensibili. L'apparato circolatorio, gastrico, intestinale inizieranno a collassare. La pelle brucerà sino ad arrivare alle ossa..."

Dopo due ore di quel raccapricciante e crudo racconto di quel giovane dagli occhi vuoti e spensierati, conoscevamo gli effetti dello Iodio, del Nettunio, del Polonio sull'organismo; sapevamo come alleviare il bruciore delle radiazioni e come fermare il vomito e la nausea. Pensavamo di essere invincibili in quel momento: pensavamo che le iniezioni che ci avevano fatto e gli unguenti, antibiotici e siringhe che ognuno di noi avrebbe ricevuto nel suo kit di primo soccorso, ci avrebbero salvato la vita.

Pensavo ad Andrew che maneggiava quelle armi di distruzione al poligono di zaffiri. Quanto gelo bisogna avere nel cuore per credere che tutta questo potenziale distruttivo sia normale?

Davanti agli occhi immaginavo soldati che si corrodevano dall'interno e perivano lentamente in una spirale di ossessivo, infimo, assurdo dolore. Lampi di fotoni nel cielo, radiazioni alfa, beta, vapori di radon o chissà quale altro isotopo di quale elemento.

Mi veniva da piangere per la crudeltà del mondo.

Mi rifiutai di andare al poligono. L'esperienza con Andrew mi era bastata. Non volevo mai più toccare una di quelle armi in vita mia.
Fui però costretto a sopportare altre due ore di "conferenza" sul loro funzionamento.

"La conoscenza è potere" mi ripetevo. "La conoscenza è potere."

Dovevo essere pronto a tutto. Nonostante fossi sicuro che non avrei mai usato un'arma del genere, avevo bisogno di conoscere il mio nemico.

Verso le quattro di notte dissi a Chris che sarei andato a riposare.
"Non me ne frega un cazzo dell'esercitazione" gli dissi, "non credo si accorgeranno della mia assenza in questo bordello."

Le vene sulle tempie mi pulsavano ad ogni battito del cuore, tremavo e gli occhi mi si chiudevano per la stanchezza. Non ho mai provato un così forte senso di disgusto in tutta la mia vita, un retrogusto tanto amaro in bocca, una delusione tanto immensa e così poca speranza nel futuro. Mi tornavano alla mente ora le parole di Giulietta, ora il viso di Isa che non conoscevo e a tratti quello di Andrew che tanto disprezzavo e adoravo allo stesso tempo.

Volevo dormire. Non mi interessava più di nulla. Non aveva più senso cercare risposte. In quel momento capì che era tutto un terribile e irrimediabile disastro.

Poi quel sogno; non avevo mai sognato fino ad allora. Era tutto così reale, così spaventoso. Cosa voleva dirmi il mio inconscio?

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