Luce

XX - Maschera greca

Vaccino Alba.
Era questo il nome del liquido che ci iniettarono nelle vene; bruciava come tizzoni ardenti sotto pelle.

Prima che tutti i soldato furono vaccinati ci volle più di un’ora e un quarto. Rimanemmo in coda a lungo, in religioso silenzio. Ogni tanto qualcuno domandava chi fosse l’alchimista e cosa fosse il Vaccino ma le risposte erano sempre confuse e incomplete.

Alcuni dissero che era per la malaria che portavano gli insetti infetti della Russia, altri che serviva a neutralizzare le radiazioni nucleari. Correva voce che fosse solo soluzione salina con qualcosa dentro che faceva bruciare il sangue, in modo tale da farci pensare servisse a qualcosa. Nessuno sapeva la verità, brancolavamo nel buio.

Smisi di ascoltare, mi sembrava di sentire mille campane sorde che battevano all’unisono in un coro stonato.

Quando arrivò il mio turno porsi il braccio svogliatamente. Gli infermieri – o come dovrei chiamarli, Gli Alchimisti – mi guardavano storto, quasi come avessi qualcosa di strano. Prima di iniettarmi la soluzione misteriosa nel braccio mi dissero di attendere. Pochi minuti dopo si palesò davanti a me un uomo anziano dai capelli grigi come l’argento, due occhi piccoli e neri e un’agghiacciante magrezza sul viso. Le rughe sulle guance facevano sì che il suo viso sorridesse sempre, un gelido e terrifico sorriso perenne.

“Buongiorno, soldato” la sua voce era sottile come una lama. Mi afferrò il braccio con le sue mani scheletriche e canute, con debole e svogliata leggerezza.

Mentre mi piantava l’ago nelle vene disse appena:
“Ogni alba ha i suoi dubbi.”

Il corpo iniziò ad ardermi da dentro per quel vaccino immondo e l’inquietante figura davanti a me scoppiò in una contenuta e laconica risata. Le rughe intorno alle sue labbra e la pelle bruciata dal sole, facevano sembrare il suo sorriso d’avorio, l’espressione raccapricciante di una maschera greca.
Mi alzai e mi allontanai da quella figura grottesca e arcigna.

Ne ero sicuro: lui era l’alchimista.