Mi svegliai avvolto in due coperte termiche. Le mie mani erano fasciate con strette bende e le dita mi bruciavano forte per il tepore della stanza. Mi guardai intorno: i muri erano coperti da ceppi di legno castano e il soffitto era mansardato come le case di montagna. Davanti a me, poco distante dal letto su cui mi trovavo, un camino che ardeva vistoso, le cui fiamme mi scioglievano il gelo nelle ossa. Mi portai una mano al viso, per accarezzarmi appena le guance e sentire se la mia faccia fosse ancora attaccata ai muscoli ma una flebo al braccio mi impedì un movimento troppo ampio. La staccai all'istante, liberandomi dalla puntura dell'ago e mi misi in allerta. Cercai il mio zaino, i miei vestiti e mi scaraventai fuori dalle coperte per lanciarmi sul giaccone della divisa nel quale nascondevo la mia pistola fidata.
Inciampai in una panchetta ai piedi del letto, non avevo ancora recuperato completamente le energia ma cercai di tirarmi su alla svelta. Mi misi in piedi a fatica e incontrai il mio riflesso nel vetro di una finestra sulla parete della stanza. Indossavo una camicia militare e un largo maglioncino nero in cotone, abiti asciutti, dal profumo inconfondibile.
Mentre osservavo, dietro il mio riflesso, la neve nera che nella notte si inseguiva in giochi pirotecnici nella brezza, la maniglia della porta girò veloce. Il cuore prese a battermi a mille, mi lanciai sul giaccone, rovistando nelle tasche, cercando disperato la pistola. La porta al mio fianco si spalancò all'istante. Trovai l'arma e nonostante le bende strette riuscii ad impugnarla saldamente. Andrew rimase immobile sull'uscio della porta e mi osservò senza emettere un fiato.
Quando lo vidi provai dentro di me una quantità di rabbia tale da corrodermi le membra all'istante, capace di logorarmi più di quanto dell'uranio avesse mai potuto fare.
Lo guardavo. Lo guardavo e non provavo altro che semplice e irrimediabile schifo. Un disprezzo tanto amaro da farmi dimenticare tutti quei momenti passati insieme a svestirci e ad amarci.
Iniziò ad avvicinarsi verso di me.
"Resta immobile!" Imprecai dando fiato ad ogni anfratto del mio torace.Lui si fermò. Il suo viso era pallido e sembrava non mangiasse da giorni. Gli occhi infossati, tristi, colmi di pianto.
"Luce..."
"Stai zitto! Non parlare. E non pronunciare mai più quella parola. Ho girato tutta la Russia per trovarti, sotto la neve, sotto le bufere e sotto quelle cazzo di bombe di merda..."
Mi voltai dandogli le spalle, non riuscivo a guardarlo negli occhi. Le mani mi tremavano come mai prima di allora.
"Luce... scusa." Singhiozzò avvicinandosi a me. Mi raggiunse in una manciata di respiri e mi sfiorò appena il braccio.
Mi voltai di scatto;
"Ti ho detto di non pronunciare quella cazzo di parola!"Sfruttando la forza della rotazione e impugnando la pistola per la canna, gli piantai Il calcio dritto nella tempia sinistra. Cadde all'indietro emettendo un mugolio di dolore. Gli saltai addosso, mettendomi cavalcioni sul suo ventre e preso dalla disperazione iniziai a colpirlo sul viso. Pugno dopo pugno. Il primo lo colpì sulle labbra, le sue labbra calde che si aprirono sotto le mie nocche. Il secondo dritto sul naso. Sentì le ossa del suo setto nasale sbriciolarsi, il sangue colava lento dal suo viso e mi sporcava le mani, mi sporcava l'anima. L'ultimo lo colpi di nuovo sulla guancia. Il sangue riprese a scorrere come un fiume di lava e le garze intorno alle mie mani si colorarono di rosso fuoco.
"Ti prego..." implorò.
Indietreggiai nel sentire la sua voce tramortita dal dolore. Mi misi in piedi. Tremavo. Piangevo. Lo odiavo con ogni fibra del mio corpo.
"Come hai potuto... C-come hai potuto farmi una cosa del genere? Sei solo un codardo, sei solo uno schifoso codardo."
Piangevo, piangevo. Stavo annegando in quelle lacrime infuocate. Lui era inerme, sanguinava, gemeva. Si tirò su con un braccio e si portò l'altro al viso, pulendosi il sangue con la manica.
"Perché mi hai fatto questo? Come hai potuto prenderti gioco di me, dei miei sentimenti. Mi hai annullato. Li hai aiutati. Non hai fatto niente, non hai fatto niente!"
Urlavo. Piangevo.
"Rispondi cazzo!""N-non... no..." il sangue che aveva in bocca gli impastava le parole. "Non volevo..."
"Non volevi!" Scoppiai a ridere.
"Non volevi... Andrew."Crollai in ginocchio davanti a lui. I miei occhi incatenati ai suoi. Smisi di ridere. Smisi di piangere.
"La cosa più meschina che potessi fare... la cosa peggiore che sei riuscito a fare... è stata farmi innamorare di te di nuovo. Non solo mi hai abbandonato ad un gruppo di psicopatici che volevano distruggere il mondo, ma hai anche avuto il coraggio di guardarmi negli occhi, di baciarmi di nuovo, di scoparmi e di fare come se nulla fosse. Come se non fosse colpa tua. Come se non mi avessi mai visto. Mi hai fatto innamorare di te due volte."
Buio.
"Mi hai fatto innamorare di te due volte!" urlai.
Raccolsi la pistola che mi era scivolata dalle mani. Gliela puntati al viso. Le mie mani smisero di tremare, la sua vita non valeva tutto il dolore che avevo provato in quei mesi.
Mi fissava in silenzio, trattenendo i singhiozzi, i suoi occhi erano tristi e rassegnati. Credo che pensasse di meritare di morire in quel momento, con una pallottola di piombo in mezzo agli occhi.
Afferrai la pistola con entrambe le mani, poggiai il dito sul grilletto. Il mio cuore smise di battere.
Il rombo dello sparo riempì la stanza e spaccò i timpani della notte.
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Luce
RomanceLa guerra è scoppiata ancora, il mondo è devastato dall'odio e dalla violenza. Un ragazzo, dalla carnagione pallida e gli occhi di uno strano colore turchese, si ritrova scaraventato in un mondo a lui sconosciuto: il mondo dell 'esercito. Senza memo...