XLIII - Bagnato di luce morbida

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Un boato nel cielo. Mi parve di sentirlo. Il latrato di un cane, lo squillo di un telefono, il suono di una sveglia. Un rumore. Mi parve di sentire un rumore che interruppe il mio sonno sereno, quel tipo di rumore che ti sveglia tutto d'un tratto e ti fa battere il cuore all'impazzata.

Una sensazione di paura calda mi avvolse il corpo, allargandosi dal petto fino ad avvolgere le braccia. Aprii gli occhi: la stanza era inondata di luce rosata e nell'aria si sentiva solo il rumore del vento che solleticava le onde. Mi rasserenai. Poggiai la mano sulla mia pelle ancora bagnata, ancora eccitata e in quel momento, in quel preciso istante mi tornò alla mente quello che era successo la notte prima. Sorrisi malizioso al pensiero del corpo di Andrew e delle sue mani sulla mia pelle, mi leccai le labbra.

Mi voltai piano. Il tenente non era più al mio fianco, non mi stringeva più con le sue braccia d'acciaio. Mi stropicciai gli occhi, cercai di mettere a fuoco strofinando via la polvere della notte, e lo vidi. Indossava solo i boxer bianchi che avevo visto la sera prima, sottili come un velo di seta, che lasciavano intravedere il suo sesso a riposo e le forme del suo bacino. Sedeva davanti allo scrittoio sotto la finestra con la schiena curva e i muscoli tesi: la luce del mattino dipingeva i contorni dei suoi muscoli e giocava con le ombre per ingigantire il suo corpo da adone. Guardai meglio; sedeva davanti allo scrittoio e muoveva il braccio sul piano, il suo bicipite si contraeva ritmicamente: stava scrivendo qualcosa.

Sbadigliai, attirando l'attenzione di Andrew. Lui si irrigidì ancora di più. Il suo corpo si mosse piano, coprendo quello che stava scrivendo con altri fogli. Si alzò dalla sedia e si avvicinò al letto, sedendosi sul bordo. La sua mano accarezzò piano la mia guancia, solleticandosi con la barba sottile e dorata che la copriva. L'afferrai con la mia e la strinsi forte, era calda e tesa. Mi misi seduto e lo abbracciai stringendo forte le sue spalle. Ci mettemmo comodi. Mi appoggiai al suo petto e presi ad accarezzargli l'addome. Lui mi cingeva col braccio.

"Hai dormito bene?" Mi chiese.

La sua voce era distante, fredda, tremante. Anche il suo corpo sembrava di ghiaccio sotto il mio tocco. Non era più caldo e avvolgente come durante quella notte di passione.

"Benissimo," risposti. "Tu?"

Annuì sorridendo appena. I suoi occhi fissavano il soffitto.
Mi tirai su poggiando il gomito sul letto.

"Va tutto bene Andrew?"

"Sì, certo." Disse prima di portarmi una mano al viso e accarezzarmi i capelli. Fece per baciarmi.

"Sei così strano..." Mi tirai indietro. "Forse non ti è piaciuto... io non sapevo come o... cosa..."

"Ti prego no." Mi interruppe. "È stato perfetto. È stato bellissimo. Non avrei potuto desiderare altro."

"Anche per me..." sussurrai.

I suoi occhi celesti si nascondevano nella penombra della stanza ma cercavano i miei per farmi capire che dicesse la verità. Gli strinsi le guance con le mani e lo baciai con un bacio leggero sulle labbra.

"Sono solo... agitato per oggi."
"Oggi." Sussurrai.

In quei pochi minuti avevo dimenticato tutto. Avevo dimenticato la Guerra. Il tempo si era fermato in mezzo a quelle lenzuola di cotone, tra le braccia di Andrew. Era tutto immobile là dentro, era tutto etereo, lento, bagnato di luce morbida. C'era ancora l'odore del sesso nell'aria ma fuori, fuori la vita scorreva. La guerra arrivava.

Ormai mi definivo un esperto nel dimenticare le cose e cercare di ricordarle ma quando quei ricordi mi tornarono alla mente, in quel caso non sentii nulla. Nessuno strappo alla fronte, nessuna emozione. Niente. Come la mattina presto, quando ricordai di aver fatto l'amore con Andrew, così mi ricordai di dover andare in guerra da lì a poco. Tornò al suo posto naturalmente, come se non se ne fosse mai andato. I miei ricordi, invece, quelle poesie, quelle sensazioni, quei rumori, arrivavano come tempeste furiose, mi spazzavano via in un monsone di memoria e mi lasciavano inerme dove mi avevano trovato.

In quel momento, fissando il mio amato Andrew negli occhi, capii che i miei ricordi non sarebbero mai più tornati.

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