Nel pomeriggio feci come aveva detto Andrew: seguì l’esercitazione con gli altri.
Dopo pranzo ci radunammo tutti fuori e il caporale maggiore baffo lungo – così avevo sentito i soldati chiamarlo – un uomo di mezza età con un pancione che non entrava nella camicia e un paio di baffi bianchi alla Dalì, ci spiegò il percorso che dovevamo fare. Una scarpinata sui monti dietro la caserma, 20 Km in salita a 10 gradi sotto zero.
Mi sentivo male solo al pensiero.
Mi misi l’anima in pace, quella sarebbe stata la mia vita d’ora in avanti.Correvo da solo, avevo paura ad avvicinarmi a chiunque, il paesaggio intorno a me era aspro e assiderato. Mi mancava il respiro ma non volevo fermarmi, volevo portare a termine quell’esercitazione, mi serviva tenere occupata la mente e avere un obiettivo a cui puntare; solo così potevo evitare tutte quelle domande che avevo in mente.
Dopo una decina di kilometri in totale isolamento, perso nei miei pensieri, vidi Chris avvicinarsi verso di me. Dopo pranzo era svanito nel caos di persone in mensa e si era defilato alla leggera.
Non riuscivo a capire quel ragazzo, era stranamente gentile con me e allo stesso tempo inaffidabile.
“Si sono fermati" disse lanciandomi una bottiglia d’acqua che afferrai per miracolo.
“Grazie” sussurrai quasi in imbarazzo.
Ci sedemmo su una roccia levigata, a debita distanza.
Mi sfilai i guanti della divisa invernale che avevo indossato prima di uscire e bevvi un sorso d’acqua.
“Davvero ti stai addestrando con Costas?”
“Sì perché?”
“Lui non sta mai in caserma. Appartiene all’altra sezione. Quella strana. Poi, ha una reputazione di uno importante, mi fa specie.”
“Anche a me,” risposi. “Ma l’altra sera quando avevo tutte le ossa del viso fratturate e mi sono beccato una quindicina di calci nello stomaco… lui mi ha aiutato.”
Cadde il silenzio.
Chris osservava davanti a sé, fissando un rivolo di acqua ghiacciato.Io ripensai a quella sera, a quel dolore, senza riuscire a dire più niente.
Mi voltai verso il mio compagno e mi bloccai, tramortito dal ricordo del sangue e del rumore di ossa rotte.Non riuscii a fare altro che osservarlo.
Mi ero incantato a fissare i suoi lineamenti appuntiti, i suoi occhi più freddi del ghiaccio, meravigliosi e impetuosi come un'onda che si infrange sugli scogli. La luce del primo pomeriggio si rifletteva sui suoi zigomi appena arrossati dal sole e dalla fatica, facendo risplendere di sfumature dorate la sua barba bionda come lana imbrunita.Mi ero incantato.
Meravigliato dalla sua aura di uomo, dal suo odore appena accennato - un velo di corteccia scura e bergamotto - e dai suoi modi gentilmente rudi, improvvisati, sgraziati, avevo iniziato a fissarlo, senza un motivo apparente, mentre il ricordo di quella violenza inaudita continuava a ferirmi e lacerarmi la pelle. Più lo fissavo, più la mia mente si annebbiava, il ventre mi si faceva denso di sensazioni e sulla lingua mi sembrava di sentire un dolce gusto di emozioni dimenticate o mai provate.
Ero davvero ipnotizzato. Non riuscivo a fare altro che osservare la sua pelle morbida, che si nascondeva sotto quella divisa azzurra e bianca, calda e silenziosa.
Era forse eccitazione quel sentimento che sentivo? Gioia che si mescolava nel rosso vellutato del desiderio, tristezza che mi batteva le membra dello stomaco con un remo d'ebano.
Confusione, ero certo fosse confusione. Non quel tipo di confusione che provavo da quando ero lì, però, perché per la prima volta sentivo che quella fosse la cosa più giusta che ci fosse; sentivo di appartenere solo e soltanto a quei corpi, a quei lineamenti, a quei muscoli, a quell'ispida peluria sul viso. Sentivo di volere solo e soltanto quello. Quel tocco deciso sulla pelle, quelle mani calde sul corpo, sui fianchi, sul viso. Il ricordo di quegli uomini che abusavano e dilaniavano il mio corpo, mi aveva fatto ricordare le mie voglie nascoste, le mie pulsioni."Che hai da guardare?" Mi chiese Chris.
"Niente, scusa" dissi impacciato tornando ai miei pensieri.Nella mia testa un piccolo enorme tassello del puzzle era tornato al suo posto; tutte quelle sensazioni celate nella mia mente, assopite come sotto un incantesimo, tornavano ora a tempestare, a darmi il tormento. Ricordavo quella voglia di contatto fisico, quel desiderio di essere desiderati.
Ricordavo anche la delusione del rifiuto, i loro occhi opachi nei quali ero solito leggere: " Non sei tu quello giusto", tornavo a sentire quanto è salato il gusto della solitudine e quanto è grande il rammarico di non essere nati diversi, in un altro modo, migliori, più belli.I miei occhi si fecero umidi e scuri come il cielo di luglio prima di un temporale.
Con lo stesso dolore di Saffo nel cuore, mi alzai, prima che Chris potesse vedere le mie lacrime; non potevo spiegargli che il suo essere uomo, il suo semplice esistere, insieme alla violenza con cui mi avevano toccato quelle bestie, aveva fatto riaffiorare una parte così importante dei miei ricordi.
"Meglio riprendere" dissi con voce da pianto.
Sperai che le lacrime che iniziarono a bagnarmi le guance, si potessero confondere con il sudore che mi gocciolava dalla fronte.
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Luce
Roman d'amourLa guerra è scoppiata ancora, il mondo è devastato dall'odio e dalla violenza. Un ragazzo, dalla carnagione pallida e gli occhi di uno strano colore turchese, si ritrova scaraventato in un mondo a lui sconosciuto: il mondo dell 'esercito. Senza memo...