Aprii gli occhi e mi trovai davanti il viso paffuto di Aaron. Le sue labbra si muovevano svelte e i suoi occhi sembravano colmi di gioia. I suoi capelli non erano più color porpora, erano sbiaditi in una sfumatura scura di mogano e un vistoso ematoma gli copriva l'occhio sinistro.
Continuava a parlare, gesticolava, sorrideva.
Sorrisi anche io, mi sembrava la cosa giusta da fare, poi mi tornò tutto alla mente. Il camioncino, il sergente, la foresta, la casa, la pioggia, il viaggio in auto e poi il buio. Di nuovo quella terribile sensazione di vuoto e amnesia.
"Sasà!" tentai di dire. "Sasà!" Le parole non mi uscirono dalla bocca. Ero indolenzito, non riuscivo a muovermi.
"Va tutto bene, Luce! Ora sei al sicuro..." mi parve di capire da Aaron. "Non potrò mai ringraziarti abbastanza..."
Per cosa? Sasà stava bene? Ero riuscito a portarlo indietro? Non riuscivo a ricordare. Stavo guidando, gli alberi ci inseguivano, la notte era sempre più nera. Vuoto.
"Sasà!" riuscii a dire.
"Sta bene! Sta bene Luce! Riesci a sentirmi?"Feci di sì con la testa. Tentai di alzarmi.
"Portami da lui."
"Sta qui. Sta qui. Non t'alzare. Ora lo chiamo. Gli hai salvato la vita."Aaron mi strinse piano, mi facevano male le costole.
Gli presi la mano. "Che ti è successo Aaron? Stai bene?" dissi indicando il suo occhio con la punta del naso.
"I-io... non è niente. Quando sono salito sulla jeep con gli altri e non vi ho visto, mi sono inpanicato. Volevo tornare indietro ma non volevano. Non mi hanno lasciato. Pensavo che non vi avrei più rivisto."
I suoi occhi scuri erano lucidi.
Gli sorrisi. Doveva aver passato dei giorni terribili.
"Poi siete tornati. Sasà era messo male. Tu hai dormito due giorni. Avevo paura non ti saresti più svegliato."
Avevo dormito due giorni ma mi sentivo come se non avessi mai dormito in vita mia.
"Vado a chiamare Sasà."
Mi strinse il braccio e mi sorrise ancora. Quando si allontanò osservai il suo corpo, la divisa militare dondolava sui suoi fianchi sottili.
Chiusi gli occhi. Ero al sicuro. Non ero più nella foresta. La luce era fioca ma il vento era caldo. Cos'era quel gusto che avevo in bocca? Metallo. Polvere da sparo. Le luci dei soldati. Le pistole all'uranio. Il mio cuore prese a battere all'impazzata. Ero di nuovo lì, in quella casa abbandonata nel bosco, in quella foresta avvelenata. Stavano arrivando, ci avrebbero preso stavolta, ci avrebbero sparato. Rividi il petto di quel soldato aprirsi e squarciarsi con un solo colpo; lo iodio che circolava nel suo corpo, la nebbiolina lilla tutto intorno, il mio vomito sul terreno. C'è odore di metano, dobbiamo andare via! Il sergente non può scappare, il sergente non ha più le gambe, che posso fare? Piove, è pioggia acida. Moriremo! Moriremo!
"Luce! È finita, è finita. Shh..."
Sasà mi stava stringendo forte.
Si allontanò per lasciarmi respirare. Indossava un grembiulino d'ospedale. Mi guardai intorno, eravamo in infermeria, la maggior parte dei letti era vuota. Si portava dietro una flebo, aveva le mani fasciate strette e un cerotto sulla gola.
"Stai bene?" chiesi preoccupato.
"Solo grazie a te."Presi ad annuire. Ce l'avevo fatta. L'avevo riportato indietro vivo.
"Lo zaino!" urlai. "Lo zaino dov'è? Alberto!"
"Non ti preoccupare, ce l'ho io. Ce l'ho io, c'è tutto. L'ho controllato personalmente in questi giorni, nessuno si è avvicinato."
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Luce
RomansaLa guerra è scoppiata ancora, il mondo è devastato dall'odio e dalla violenza. Un ragazzo, dalla carnagione pallida e gli occhi di uno strano colore turchese, si ritrova scaraventato in un mondo a lui sconosciuto: il mondo dell 'esercito. Senza memo...