Una fioca luce mattutina entra dalla finestra la quale lascia entrare una lieve brezza che indica che sta per arrivare l'autunno, dopo l'estate.
Passa qualche attimo, la sveglia inizia a suonare. Un suono che ti fa destare col piede sbagliato e ti fa odiare chiunque incroci il tuo sguardo per almeno le tre ore successive. Dopo aver emesso un lamento decido di porre fine a quel calvario, dando un leggero pugno all'apparecchio il quale cade e smette di torturare il mio stato di trans.
Ritorno nel buio dei miei sogni.
Il suono della sua voce.
-"Bimba dai, non ti faccio nulla, voglio solo che tu ti diverta..."
La sua mano sfiorava le mie ginocchia...
Mi svegliai improvvisamente dall'incubo, stavo sudando, le lenzuola erano in parte scivolate sul pavimento, il sole faceva entrare raggi violenti dalla finestra, segno che il sole era sorto già da un po'.
Cazzo.
Presi il cellulare dal comodino e controllai l'ora. Otto e trenta. Avevo solo quaranta minuti per alzarmi, fare colazione, farmi una doccia, asciugarmi i capelli e vestirmi e truccarmi in modo presentabile per il colloquio di lavoro. Sbloccai il telefono e lessi i vari messaggi.
Mamma: Buona fortuna per il colloquio tesoro, so che il lavoro sarà tuo. Te lo meriti.
(3) AMY: Buongiorno cara, spero tu sia pronta per il colloquio che modestamente il mio ragazzo ti a trovato.
Capisco che sei impegnata a prepararti ma potresti rispondere alla persona più importante della tua vita. Nottata movimentata?
NON TI SEI ANCORA SVEGLIATA?! TROIA MUOVITI CHE IMPIEGHI SECOLI A FARE UNA DOCCIA!
5 Chiamate perse da "AMY".
La mia coinquilina, nonché migliore amica, Amy ed io vivevamo insieme da circa tre anni ormai, dividevamo quello squallido appartamento dal terzo anno di università e nel frattempo risparmiavamo per avere una sistemazione tutta nostra. Ma di tanto in tanto lei passava la notte a dormire dal suo ragazzo. La sistemazione in questione era all'ultimo piano di un palazzo di soli sei piani, i quali, grazie al guasto dell'ascensore ormai fermo da anni, arrivavi sul pianerottolo di casa con la tachicardia, la fronte grondante di sudore e un attacco d'asma in corso.
Ma dopotutto per quel che pagavamo andava benissimo così. La nostra umile dimora non era neppure molto umile infondo. Cercammo di sistemarla e personalizzarla come meglio potevamo. Tentando di farla sembrare un luminoso e moderno attico di New York quando non era altro che una bettola abbellita dalle sottoscritte con mobili, economici quanto le forchette al Target, dell'IKEA.
Ringraziamo la patria Svizzera per averci fornito camere da letto e salotto i quali ci hanno bruciato solo trentasei ore di lavoro e due martellate sulle dita gentilmente concessimi dalla mia coinquilina mentre montavamo la libreria alla quale tanto ambivo. Mi impuntai con lei affinché la prendessimo e al suo ennesimo rifiuto per l'acquisto poco pratico minacciai il mio rifiuto a comprare la saliera con i gatti che tanto le piaceva.
Ed ora eccomi qui, a guardare quella libreria sudatami ogni gradino di quel palazzo infernale, mentre tracannavo il mio caffè come un'eroinomane con la sua dose. Indossavo una camicia bianca sopra la quale avevo messo giacca nera avvitata, una gonna del medesimo colore sopra il ginocchio e dei tacchi. Già, il classico completo da lavoro che è capace di farti apparire troia e professionale al contempo. Sfortunatamente non potevo oppormi, quella era la divisa che mi era stata suggerita di indossare dalla mail che mi aveva confermato il colloquio per il lavoro.
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How You Remind Me
Teen FictionSequel di "I Wanna Be Yours." Passati anni dall'ultimo incontro in quel parco. Passate storie. Passati amanti. Passato il ricordo. Passata, quasi, la storia.