A quelle parole il mio cuore quasi smise di battere, non sapendo minimamente cosa mi sarei dovuta aspettare da quella sua uscita.
-"C-Che intendi Alex?" Chiesi io, ancora stupita dalla sua precedente frase.
-"Quando i miei genitori morirono mi lasciarono un po' del loro patrimonio insieme all'azienda della quale prima dei miei ventitré anni non avevo neppure pensato i miei genitori mi potessero aver fatto ereditare. Il punto era il fratello di mio padre..." Disse, il suo sguardo fisso nel vuoto, come a non volermi guardare o sarebbe crollata.
-"Tuo zio quindi." Dissi io cercando di assimilare le informazioni che mi stava fornendo. Annuì distrattamente per poi iniziare nuovamente a parlare dopo aver sospirato.
-"Ai miei sedici anni mi trovò. Mi odiava più di ogni altra cosa, diceva che quell'eredità doveva essere sua, che lui era il fratello di quell'uomo così ricco e potete che era mio padre, il quale gli aveva non solo rubato la fama ma anche la donna." Non capii immediatamente quel che intendesse dire, dopo aver visto il mio sguardo confuso parlò ancora.
-"Mia madre. Quel mostro era sempre stato innamorato di lei ma a quanto pare le interessava più mio padre, il fratello minore e anche quello che aveva la sua stessa età. Non sopportò mai l'idea che ebbe più successo è più fiuto per gli affari, come non sopportò che io fossi così simile a mia madre..." La sua voce si spezzò. Iniziai a pensare alla madre di Alex e in quel momento tutto ciò che avevo in mente era una donna con le stesse fattezze di Alex ma più adulta. Con qualche ruga forse, ma con il medesimo fisico snello, magari un po' più bassa di lei e con le mani diverse.
Già, le mani...le mani che ha solo una madre, quelle lisce e allo stesso tempo ruvide per i vari prodotti spesso usati dalle madri per le faccende. Magari con una fede d'oro sull'anulare, con un sorriso paziente e amorevole verso quella ragazza tanto tormentata.
Le poggiai una mano sulla spalla accarezzandola piano, facendole capire che poteva fermarsi quando voleva. Ma lei scosse la testa e, dopo aver tirato su col naso, riprese.
-"Diceva che avrebbe fatto del male alle persone attorno a me se non fossi andata da lui ogni volta che me lo chiedeva. E così iniziò il suo gioco. Ogni volta che mi chiamava io ero da lui, e ogni volta che andavo da lui una nuova tortura era in serbo per me." Ora la sua voce si era fatta più dura, fredda, impassibile, quasi come se ripensare a sua madre la facesse commuovere più di quanto in realtà non lo facesse pensare a quel che avesse subito. Solo in quel momento mi tornarono in mente le ferite che aveva Alex sulla sua schiena quella volta a casa mia, ricollegando poi le cicatrici sulla medesima schiena, forse solo più tatuata, solo più muscolosa. Ma con lo stesso dolore.
-"L-La tua schiena..." Le parole mi uscirono flebili, quasi come se avessi paura a pronunciarle, quasi come avessi paura di una conferma. Alzò la testa, incontrando per la prima volta il mio sguardo, non riuscivo a vedere bene il colore dei suoi occhi a causa dell'oscurità della sera interrotta solo dalla luce della luna che splendeva chiara nel cielo. Eppure riuscivo ad intravedere una sorta di luccichio in quegli occhi, come se non si aspettasse che ricordassi.
-"Già...ogni cicatrice che ho è a causa sua. Ma va bene così, ora so di non potermi piegare, di non potermi scalfire e di non essere modellabile da nessuno. E, cosa più importante, non avete corso rischi." Disse lei stringendomi la mano e sorridendo quasi nel guardarmi.
-"Che intendi dire?" Chiesi, confusa dalle sue parole.
-"Me ne andai per proteggerti, perché pian piano iniziò a seguirmi e a notare che c'eri tu nella mia vita. Che c'era qualcuno che mi rendeva felice. Così le minacce iniziarono su di te..." La sua voce era spezzata, i suoi occhi lucidi e potei sentire il suo respiro farsi più pesante.

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How You Remind Me
Novela JuvenilSequel di "I Wanna Be Yours." Passati anni dall'ultimo incontro in quel parco. Passate storie. Passati amanti. Passato il ricordo. Passata, quasi, la storia.