Alex's Pov
Restammo a bocca aperta di fronte quel che ci trovammo davanti. Una sedia di fronte a noi, nell'esatto centro della fabbrica, si trovava sul pavimento assieme a alcuni pezzi di cibo il quale stava venendo raggiunto da alcuni piccoli insetti. Intorno vi erano numerosi accendini vuoti, un coltello e un telefono.
Sara sembrava paralizzata di fronte quella scena apparentemente normale, ma non ci volle molto a capire che sembrava un luogo di tortura appena abbandonato. E sapevo che il suo pensiero fosse questo, lo avevo intuito dal suo sguardo, da come aveva gli occhi lucidi e da come la sua bocca rimase socchiusa.
Mi avvicinai alla scena facendo le solite foto da mandare a George, tutto sarebbe servito per una possibile indagine. Quando mi avvicinai presi il telefono, sembrava in buone condizioni. Sentii Sara raggiungermi piano, alle mie spalle.
-"C-Credo sia il telefono di Amy..." Sussurrò. Le parole le uscirono spezzate dalla bocca, in un sussurro appena udibile.
Quando lo accesi rimasi sorpresa dal non aver trovato alcun codice, anzi, era stato bloccando su un numero sconosciuto, quasi come se fosse stato l'ultimo contatto che quel telefono avesse dovuto chiamare.
Guardai Sara per cercare un segno di approvazione, annuì lievemente, capendo quel che volevo fare. Così feci partire la chiamata. Quattro squilli, poi venne accettata.
-"Finalmente." Sentii dire dall'altro capo del telefono. Sebbene non vedevo Max da molto, avevo riconosciuto perfettamente la sua voce, così come sapevo che anche Sara l'aveva riconosciuta.
-"Figlio di..." Sara venne interrotta.
-"No no no bimba, si inizia già male. Vorrei parlare con la tua ragazza, lavori bene nella sua azienda?" Chiese. Ci guardammo entrambe sorprese, arrossendo lievemente. Come sapeva che ero lì?
-"Avanti Alex, so che sei lì." Disse, potevo percepire la risata che seguiva quella frase anche da un telefono.
-"Perché tutto questo, Max?" Chiesi, cerando di essere il più pacata possibile. Sapevo che lo avrebbe innervosito il mio tono, innervosiva chiunque, soprattutto quando discutevo con qualcuno. Se hai di fronte a te qualcuno che urla, il silenzio sarà ciò che più lo corroderà.
-"Eccola qui, sapevo non avresti resistito ad aiutare la tua piccola stagista con la sua migliore amica, è stata carina Sara, vero tesoro?" Chiese ironico, in risposta sentimmo dei leggeri lamenti, come di qualcuno troppo stordito o impossibilitato a parlare.
-"AMY! Che cazzo le hai fatto bast-" Interruppi Alex, facendole segno di lasciar parlare me. La violenza non si sarebbe risolta con altra violenza, urlare non avrebbe portato a nulla, oltre che ad un mio possibile esaurimento nervoso.
-"Va tutto bene Sara, riavrete Amy non appena mi avrete fatto un piccolissimo favore, nulla per la signorina Jackson." Disse poi la voce graffiante al telefono.
Nel frattempo, sopra di noi, le nuvole si stavano facendo sempre più scure e in lontananza si potevano sentire dei tuoni. Non sarebbe stato sicuro rimanere lì ancora per molto, il soffitto era già a pezzi, l'acqua e il vento potrebbero solo aver peggiorato la situazione.
-"Che cosa vuoi?" Chiesi fredda.
-"Cinquecento mila dollari e che mi lasciate in pace dopo questa faccenda, in cambio avrete la vostra amica." Disse poi, il suo tono sembrava innervosirsi ogni parola di più, quasi come se stesse facendo fatica. Sara mi guardò, non sapendo cosa dire. I miei soldi in cambio della sua migliore amica.
-"Sara, avanti, convinci la tua ragazza a fare questo scambio, a meno che..." Un piccolo gemito interruppe la sua voce, poi il suono di qualcosa strappato, forse dello scotch.
-"Ti prego Sara..." Disse poi, capii che era la voce di Amy, era una voce molto acuta, anche se in quel momento era spezzata dal pianto.
-"Amy risolveremo tutto. Ti prego non farle del male... " Disse anche lei con la voce rotta. Vederla in quello stato mi uccideva, vederla soffrire era la tortura più grande. Odiavo quella sensazione, mi sentivo impotente, completamente inutile di fronte la sua sofferenza.
-"Capisco perché ci tenevi tanto a lei, il suo buon cuore è ammirevole." Disse. Sara si voltò verso di me confusa. No, non potevo dirle tutto ora, non ora che ci stavamo riavvicinando, non ora che la stoia con mio zio era finalmente conclusa.
-"Cos'è questo silenzio, non mi dirai che non sa nulla." Disse poi. La mia rabbia aumentava, doveva tacere, non avrei potuto sentirlo un minuto di più. Non poteva crollare tutto così, non potevo tornare a farmi odiare per quel che avevo fatto, e Sara non doveva sapere.
-"Cosa le hai fatto fino ad ora?" Gli chiesi, Sara sembrava confusa a quella mia domanda, mi dispiaceva che dovesse sentire tutto ciò che era stato fatto alla sua migliore amica, ma avevo un piano.
-"Nulla di indelebile Jackson, solo un piccolo ricordo sulla schiena." Disse poi sogghignando. Vidi Sara rabbrividire, cercai di chiederle perdono con lo sguardo, supplicandola a restare calma.
-"Ogni altra cosa che le farai da ora fino al nostro incontro verrà detratto dalla somma richiesta. Cinquantamila dollari in meno per ogni violenza che subirà. E se una volta finita questa storia scopriremo che c'è dell'altro ti cercherò e in quel caso non ci sarà un solo posto in America che non saprà che uomo di merda sei e non vi sarà carcere peggiore di quello che sceglierò personalmente per ospitare il rifiuto che sei." Dissi fredda. Sara mi guardò stupita.
-"Va ben Jackson, tanto non mi stavo divertendo più. Ma la cifra aumenta, un milione." Disse poi.
Sospirai, lo stavo odiando in quel momento, ma non potevo permettermi di cedere alla rabbia in quel momento. L'acqua batteva forte sul tetto ed entrava dalle numerose parti cedute di esso, il vento iniziò a soffiare forte, un pezzo di amianto cadde dal soffitto poco lontano da noi, sobbalzammo. Dovevamo uscire da quel posto in rovina.
-"Va bene, dove ci vediamo?" Dissi senza pensarci un attimo, dovevo far uscire Sara da lì prima che quel mostro dicesse altro.
-"Vi aggiornerò io sulla posizione, tenete questo telefono." Disse, prima di attaccare.
Mi voltai verso Sara la quale sembrava sovrappensiero, mi dispiaceva così tanto per la sua amica. Mi guardò per un attimo negli occhi, decisi di distendere le braccia verso di lei la quale in un attimo vi si gettò. In un attimo il suo profumo mi invase, sospirai, la sua sola presenza, il suo calore corporeo e il suo profumo erano in grado di calmarmi. Era straziante non poterle dire quanto tenessi a lei, quanto volevo farla mia, quanto stavo facendo tutto questo perché in quegli anni non l'avevo mai dimenticata.
-"Dobbiamo andare, questo posto non è sicuro." Le sussurrai, la sentii annuire sul mio petto e tirare su col naso prima di seguirmi fuori da quella rovina di edificio.
L'auto era poco lontana dalla porta su retro e quindi fummo costrette a correre sotto il diluvio che si era scatenato in poco tempo. Qualche fulmine ricadeva lontano nelle campagne, facendo arrivare da noi solo il rimbombo sordo di un cielo straziato quanto noi. Quando arrivammo in macchina eravamo fradice. Restammo in silenzio per poco fino a che Sara si voltò verso di me con sguardo inquisitorio.
Era bellissima, aveva il fiatone per aver corso e alcune ciocche di capelli, anch'esse bagnate, non volevano lasciare alcuni punti del suo viso. Le sue guance, il suo collo, l'angolo di quella bocca perfetta. Poi la sua domanda mi svegliò dai miei pensieri.
-"Perché diceva tutte quelle cose su di te? Che cosa non so?" Chiese, la sua voce era dolce e ferita al contempo. Mi distrusse vederla così e quella domanda, più di tutto, mi fece crollare.
-"Vedi...Max era il mio psicologo."
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How You Remind Me
Teen FictionSequel di "I Wanna Be Yours." Passati anni dall'ultimo incontro in quel parco. Passate storie. Passati amanti. Passato il ricordo. Passata, quasi, la storia.