Capitolo 27.

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Alex's Pov

Quando tornammo in camera eravamo sfinite. Avevo rischiato in spiaggia ma era più forte di me, la volevo, volevo il sapore dolce della sua pelle addosso, volevo sentirla gemere a causa mia, volevo che si abbandonasse totalmente a me, tra le mie braccia, sfinita.

Mi stava fottendo il cervello e non riuscivo a smettere di farglielo fare, perché non era intenzionale, lei non sapeva l'effetto che mi stava facendo, eppure sentivo come se dentro di me stava uscendo qualcosa di sempre più pericoloso, quella parte di me che volevo rimanesse nascosta per paura che lei potesse fuggire da essa.

Ogni volta che la sfioravo quella parte di me voleva avere la meglio, voleva prendere possesso del mio corpo, di lei, voleva marchiarla, voleva far sì che ogni parte di lei gridasse il mio nome. Il mio ricordo doveva rimanere impresso in quella pelle così morbida, liscia e fragile.

Dio...più sentivo i miei pensieri più mi ripetevo che avrei dovuto farmi ricoverare al più presto in qualche clinica psichiatrica.

Quando tornammo in albergo ci facemmo quel bagno che le avevo promesso la mattina stessa. Non successe nulla, eravamo sfinite dal mare, dalla rabbia con la quale l'avevo fatta venire in acqua, dal sole. Stanche di tutto. Quindi ci limitammo a lavarci, odiavo farmi vedere così, eppure ogni parte di me non riusciva a non prendersi cura di lei. Di accarezzarla piano, di baciarla in ogni suo punto debole mentre vedevo i brividi formarsi a poco a poco, quei punti che avevo imparato a conoscere in così poco tempo e che sarebbero rimasti per sempre indelebili nella mia mente.

-"Se continui così non credo finirà bene..." Disse lei ridendo mentre eravamo nella vasca e le avevo appena lasciato un piccolo bacio sul collo.

-"Sei veramente vogliosa bimba, non ti sei ancora stancata oggi?" Dissi io, ricordando i tre orgasmi che le feci venire in mare.

-"Di te non mi stancherò molto facilmente." Disse lei poggiando la testa all'indietro, nell'incavo del mio collo.

-"Non vedo che ti dispiace però." Le sussurrai io prima di morderle il lobo dell'orecchio. La sentii ridere.

-"Assolutamente. Ho solo paura." Disse lei, quelle parole mi distrussero. Non volevo che lei avesse paura di me, non volevo che si sentisse così con me, volevo che fossi il suo posto sicuro, quello dove andare quando sembrava che nulla andasse bene. Quel "bisogno" che mi aveva detto quando Amy era sparita.

Cercai di farmi passare quei pensieri prendendola per mano e giocando distrattamente con le sue dita. Era una cosa che facevo spesso quando non volevo rispondere. La sua mano era esile e delicata, al contrario delle mie che avevano cicatrici ancora visibili. Sfioravo piano i suoi polpastrelli e mi dicevo che era veramente una bella mano la sua.

Era una droga quel corpo, persino le sue mani meritavano tutta la mia attenzione.

-"Perché non posso toccarti Alex?" Chiese poi guardano le nostre mani, la sua voce era uscita come quella di una bambina che non capiva per quale motivo non potesse uscire da sola o fare qualunque altra cosa le veniva imposta. Era strano, strano che quella voce da bambina mi piaceva tanto. Strano che quando pronunciava il mio nome io volevo solo stringerla a me.

-"Perché vuoi farlo?" Chiesi io.

-"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, te l'hanno mai detto?" Disse lei sorridendomi.

Sbuffai, non rispondendole ancora.

-"Perché è come se non ti sentissi. Ogni volta che lo facciamo anche, le tue mani vagano su ogni centimetro del mio corpo, ma le mie solo sul tuo collo o sui tuoi capelli. Non credere che non me ne sia accorta." Disse lei risponde di comunque alla mia domanda. Anche astuta doveva essere.

How You Remind MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora