| 1° capιтolo |

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Chiusi la valigia sul letto e la portai sul pavimento accompagnandola con la mano.

Presi il manico della valigia e la mia tracolla con già tutto l'occorrente e mi incamminai verso la porta della mia stanza.

«Quasi dimenticavo, la mia fidata Desert Eagle» dissi fermandomi sui miei passi ed avvicinandomi alla cassettiera per prendere la mia amata pistola semi-automatica, indispensabile nella mia vita.

La misi nella tasca interiore della mia giacca in pelle, camminai fino all'uscio della porta e mi girai.

«Mi mancherà questa stanza, chissà quanto tempo porterà via questo caso» detto questo uscii dalla camera e percorsi il corridoio per l'ultima volta prima della mia partenza.

Guardai l'orologio che avevo al polso e segnava le tre di notte.

"A quest'ora Ryan starà dormendo, niente abbracci strappalacrime per me, fortunatamente" pensai, ricredendomi subito dopo essere entrata in cucina notando Ryan bere con tranquillità una tazza di caffè leggendo chissà cosa sul suo cellulare.

Dopo avermi notata mi sorrise lasciando la tazza ed il telefono sul tavolo osservandomi in silenzio prima che dissi qualcosa.

«Non dovresti star dormendo a quest'ora?» chiesi avvicinandomi ai fornelli e versandomi una tazza di caffè; «E perdere l'occasione di vedere un'ultima volta la mia più cara figlia?» rispose seguendo il mio sguardo mentre portavo il bordo della tazza alle labbra e cercando di bere un po' di caffè.

Subito dopo però mi scottai per il calore e dopo vari tentativi nell'alleviare il bruciore lanciai uno sguardo truce a Ryan che stava ridendo in sottofondo.

«Non cambierai mai, al tuo ritorno smetterai di scottarti con il caffè?» disse costringendomi a sorridere per la realtà dei fatti; «E tu smetterai di trattarmi come la tua figlia preferita quando sanno anche i muri che sarò sempre seconda alla tua Revolver?» risposi imbronciandomi per interpretare meglio la parte.

«La mia bambina non centra nulla con la tua sbadataggine» disse fintamente offeso portandosi una mano al fianco dove molto probabilmente aveva la pistola in questione.

Bevetti un po' di caffè già più freddo per poi fare mente locale vedendo l'ora, 3:15;  «Penso sia ora che vada Ryan, la strada è lunga» dissi triste di lasciare tutti quelli della sede, Ryan e quella città che dai miei 8 anni mi aveva cresciuta.

Washington era ormai casa mia, e mi dispiaceva abbandonarla.

Mi incamminai con la valigia e la tracolla seguita dal mio patrigno.
Arrivata davanti al portone l'aprii, mi fermai e mi girai verso di lui.

«Allora io vado» dissi con un sorriso amaro in volto; Ryan si avvicinò a me di scatto sorprendendomi con un abbraccio, «fai attenzione» affermò staccandosi poco dopo.

«E ricorda, da ora fino a quando tornerai qui non sarai Hailey White» mi ricordò con un dito puntato in alto; annuii in risposta per poi dargli le spalle ed incamminarmi verso l'auto nera parcheggiata pochi metri da casa.

_____________________

Ero in viaggio da due giorni per San Francisco, ormai mancava poco e di fianco potevo vedere il mare mosso dal lieve vento persistente in quella giornata ventilata di fine agosto.

Distolsi lo sguardo dalla guida approfittando di un semaforo rosso e guardai l'ora sul telefono, su cui la schermata mostrava la strada per la casa dei miei clienti, che segnava le 11:10.

Guardai anche il tempo restante all'arrivo e dopo essermi accertata che mancassero 5 minuti ripartii notando fosse scattato il verde continuando quindi a guidare.

Parcheggiai poco distante da una villa che poteva pareggiare con la Casa Bianca per quanto grande e lussuosa sembrasse all'esterno.

Aveva un tetto a spiovente con delle colonne portanti esterne a decorare le pareti esterne di un bianco pallido.
Era circondata da un grande giardino con delle siepi di varie forme e contornata da una grande recinzione.

Appena uscii dall'auto l'aria di San Francisco mi invase le narici, quell'aria che dopo tutti questi anni aveva ancora un posto nei miei ricordi, ricordi che sono tutto tranne felici.

Mi morsi il labbro per ignorare il tutto e presi la tracolla, ancora al lato passeggeri,  avviandomi verso il cancello della villa.

Arrivata al citofono mi accertai che fosse il posto giusto, per poi premere il tasto ed aspettare che qualcuno rispondesse.

Non risposero, facendomi così inarcare un sopracciglio, ma poco dopo sentii un rumore e guardando oltre le aste del cancello vidi un uomo sulla sessantina avvicinarsi a me.

«A cosa devo la sua visita, signorina?» disse con tono pacato l'uomo; «Ho un appuntamento con i signori Anderson» risposi soltanto sistemandomi la tracolla.

L'uomo pensò qualche secondo, forse non era stato avvisato del mio arrivo, poi aprì il cancello lasciandomi passare e mi seguì fino all'entrata della villa.

Mi accompagnò fino al salotto dove due signori sulla cinquantina erano seduti sul divano; «Signori, avete una visita» disse l'uomo.

All'udire la sua voce i due alzarono lo sguardo verso noi due.
Con un accenno del capo, il primo, mandò via l'uomo, mentre la seconda si mise composta sul divano beige chiaro.

Non appena fummo da soli il signore parlò, «E lei è...?» chiese interrogativo facendomi prendere il distintivo che avevo nella tracolla.

«Agente Hailey White, dipartimento dell'F.B.I. di Washington, codice matricola 03768» recitai facendoli restare un po' sorpresi.

Poi, con un gesto della mano mi fecero accomodare; «Allora Agente White, è qui per il caso, giusto?» chiese lui lasciando i documenti, che stava sfogliando poco prima, sul tavolino al centro del salotto.

«Proprio così signor Anderson, sono qui per scoprire l'identità di chi ha minacciato sua figlia» risposi con tono serio; non ricevendo risposta, continuai, «Avete con voi la lettera minatoria?» chiesi quindi.

Lui annuì guardando poi sua moglie che si alzò e si allontanò per poi tornare con una lettera in mano che mi porse:

"Signori Anderson fate tesoro del prezioso tempo che avete per stare con vostra figlia, che non sarà più vostra erede entro fine anno. È solo questione di tempo" recitava.

Lessi più volte la lettera anonima analizzandola attentamente, poi alzai lo sguardo incontrando gli occhi preoccupati dei signori Anderson.

«Questa se siete d'accordo la terrò con me, ora parliamo delle cose importanti» dissi prendendo dalla tracolla i documenti con la mia nuova identità e porgendoli ai due.

«Da ora fino alla fine di questo caso, io sarò una parente alla lontana degli Anderson, procugina di Chloe Anderson, che abiterà qui per passare un po' di tempo con i parenti e per frequentare l'università che la signorina Anderson stessa frequenta» mi fermai per riprendere fiato.

«D'ora in poi, per voi, come per tutti, sarò... Leila Reyes».

~°~

Nuova vita, nuova identità per Hailey White, o meglio dire Leila Reyes.

Cosa le riserverà il futuro, il destino?
Questo caso sarà davvero facile come pensa la ragazza?

Lo scoprirete solo leggendolo.
Qui è la vostra autrice, con il primo capitolo.
Spero vi piaccia.

In No Time [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora