CAPITOLO 35
AGNESETic
Tac
Tic
TacE' questo il rumore del pendolo che oscilla tra il passato e il futuro, mentre il mio presente è solo pieno di punti di domanda. Oggi, ho mandato in tilt anche la mia psicologa che, da qualche secondo, è senza parole. Glielo avevo detto che non ero una paziente facile, che il mio bagaglio di vita era più che pesante, nonostante gli anni persi.
Negli ultimi giorni il mio umore è sotto i piedi, o peggio ancora, sotto l'ultimo strato di terra. Ricordo ancora qualcosa delle scuole elementari e se non erro, l'ultimo strato del terreno è la roccia madre.
Prima c'è l'hummus- non quello che si mangia anche se ho appena pensato a quel paté di ceci che è la fine del mondo- poi c'è lo strato minerale, in seguito il sottosuolo e infine c'è la roccia madre.
''Ebbene sì, il mio umore si trova nella roccia madre, ben conficcato, che non ha intenzione di risalire sino alla superficie.''
Sto facendo preoccupare molto papà, già carico dei suoi problemi personali. Pare, infatti, che Bruna voglia uscire insieme al suo fisioterapista e la mia paura è che vadano proprio al locale, che possano presentarsi insieme. Non so quale potrebbe essere la reazione di papà nel vederli affiancati, ma spero che non mandi all'aria i progressi fatti negli ultimi mesi.
Stiamo spendendo molti soldi dallo psicologo e sarebbe il momento di mettere in pratica qualche insegnamento. Stuart davvero è migliorato, vuole fare di tutto per essere una persona migliore. Io invece, da quando la notizia della morte di Linda De la Cruz è diventata di dominio pubblico, mi sono solo incupita.
Come se poi, potessi non pensarci. Le immagini del suo corpo sono in tv dalla mattina alla sera. La Capitale è alla ricerca dell'assassino della donna che è ancora a piede libero e temo che lo sarà per molto visto che gli indizi che hanno sono scarsi.
Tento in tutti i modi di sembrare felice e serena agli occhi di tutti ma sia i dottori in clinica e sia la psicologa, hanno capito che qualcosa mi affligge. Con lei, prima d'ora, non avevo mai parlato di Ron ma adesso, dopo averglielo detto, ha un'espressione in viso indecifrabile.
Sono seduta da oltre un'ora su questo lettino, eppure, calma come dovrei essere, non sono.
<<Quindi>>dice la dottoressa Iessi, provando a fare il punto della situazione.<<Qualcuno ti ha fatta partorire e tuo figlio si chiama Ron?>>
<<Ho la cicatrice del parto addosso e l'infermiera che è stata trovata morta, mi ha detto tutto quanto>>rispondo a tono.<<E' lei ad avermi riconosciuta nei corridoi dell'ospedale. E' stata lei che mi ha fermata , io nemmeno sapevo chi fosse. Non l'avevo mai vista prima>>
La mia psicologa dovrebbe credermi e invece dalle sue domande, dal modo in cui le pone, ho il dubbio che non mi creda completamente, anche se, è comprensibile. E' una storia assurda e siamo in pochi a saperla.
<<Cosa ti ha detto precisamente?>>
Alzo gli occhi al cielo.
<<Agnese, non voglio che queste domande ti risultino come un interrogatorio della polizia, ma è importante che tu mi dica la verità. Se vogliamo fare passi avanti, devi dirmi quello che sai. Per un po' parleremo di Ron ma sai che dovremo arrivare anche a quell'uomo, quello che ti fa battere il cuore. Non possiamo accantonarlo a ogni seduta. Con me non devi far finta che lui non esista, che sia solo il poliziotto che deve aiutarti per il processo contro Rexan e i suoi compagni>>
Sospiro.<<Lo so, lo so ok? E' che vorrei che qualcuno mi spiegasse chi mi ha fatto tutto questo e perché>>
All'improvviso, mi lascio andare in un pianto profondo e la dottoressa non infierisce. Ludovica mi lascia sfogare, mi lascia versare tutte quelle lacrime che non posso versare a casa perché papà ne morirebbe. Sarò io la causa della sua morte, io e tutti i dispiaceri che gli do...che gli darò. Quanto vorrei essere una figlia perfetta.