CAPITOLO 39
QUANTICOIl viaggio in aereo è stato terribile, non ho chiuso occhio e non perché i sedili fossero scomodi oppure perché ci fosse qualche bambino che giocherellava e parlottava. Niente di tutto ciò. Non ho chiuso occhio per colpa di Agnese, per i suoi capelli lungi e castani, per i suoi occhi chiari, per le sue labbra carnose, per la sua pelle bianca e delicata.
Ho trascorso un giorno intero in aereo a spremermi le meningi sperando di poter allontanare il ricordo di quella ragazza che fino a poche ore prima me lo aveva succhiato, prosciugandomi. Ho tentato in tutti i modi di convincere me stesso ad allontanare il ricordo del sesso fatto quella stessa mattina, sul tavolo della cucina o del rapporto avuto tutta la notte. Abbiamo scopato così tanto davanti a quel fuoco che ho perso il conto delle volte in cui sono venuto ma so di essere stato attento. Non potrei mai permettermi una dimenticanza simile.
Rido istericamente nel pensare ad Agnese incinta di me, sarebbe la fine, una catastrofe, un'altra disgrazia della vita che toccherebbe proprio a me. Dovrò acquistare una bella quantità di preservativi al mio ritorno così da poter entrare nel suo corpo quando voglio, senza farmi troppi problemi, perché una cosa è certa: Agnese ed io continueremo il nostro rapporto. Non ho bisogno di altro tempo per capirlo.
Ventiquattro ore di tormento mi sono bastate.
E' stato inutile ripetere a me stesso, tutto il tempo, di non pensarla perché ho ottenuto il risultato opposto.
E allora mi chiedo che senso abbia avuto pensarla o vivere quei momenti di passione vicino al fuoco se adesso che ho bisogno di lei, adesso che la sto cercando, lei non si faccia sentire? E' tutto il giorno che provo a chiamarla e a inviarle messaggi ma è come se fosse scomparsa. Comincio a preoccuparmi e non vorrei che questo fosse il destino delle persone che si avvicinano a me, quello di finire chissà dove e di scomparire all'improvviso, nel nulla.
Ho trascorso un giorno intero a dormire perché una volta sceso dall'aereo, non riuscivo neanche a reggermi in piedi. Ho raggiunto l'albergo nel quale sto alloggiando, in taxi e dopo una doccia, sono crollato. Da persona educata quale sono, ho avvisato mia figlia e anche Agnese del fatto che fossi atterrato e che fosse andato tutto bene.
Al mio risveglio ho parlato con Stuart al cellulare per un'oretta buona. Anche lui, come me, ha avuto il presagio che il suo incidente non fosse casuale e che ci fosse qualcosa sotto. Credo che lo abbiano investito e lo penso anch'io ma qui, dalle Cayman, non posso fare molto. Non ho gli strumenti necessari per indagare e devo concentrarmi sulla missione che mi è stata affidata. Ho fatto qualche telefonata e informato Rossano dell'accaduto, provvederà lui al posto mio alle indagini, in attesa del mio ritorno nella Capitale.
Senza farmi accorgere di nulla, ho chiesto a Stuart come stessero andando le cose al locale, da furbo quale sono. Ovviamente, m'interessava sapere solo se Agnese vi fosse andata oppure no, ma so per certo che sta conducendo la sua normale vita. La mattina studia e il pomeriggio va in clinica a fare riabilitazione. Si occupa della casa il resto della giornata e mia figlia Bruna le da una mano. Quando Tommy è all'asilo, passa a controllare Stuart permettendo così ad Agnese di prepararsi per gli esami di recupero.