47-Fratelli

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CAPITOLO 47
QUANTICO

Agnese ha fatto bene a seguire il mio consiglio e a tornarsene a casa da suo padre, il quale di sicuro la stava aspettando a braccia aperte. Ho una questione più importante da risolvere, in seguito penserò a lei. Abbiamo trascorso un bel pomeriggio insieme, lo ammetto, è stato parecchio produttivo ma qui si tratta della mia vita privata e lei, a dire il vero, non ne fa parte.

Mi fermo alla prima pompa di benzina che intravedo per strada e Dimitar fa lo stesso, accostandosi alla mia auto.

<<Seguimi>>gli ordino, guardandolo truce sotto le mie lenti.<<Andiamo alla cava>>

Lui annuisce e attende che mi rimette in strada, per starmi dietro con quella macchina da cafone che ha.

La cava è un posto isolato dal centro della città dov'è possibile guardare tutto il panorama di Roma. Lì staremo tranquilli, potremmo parlare e potrò picchiarlo a dovere se dovesse dimostrarsi poco collaborativo nei miei riguardi. Con che faccia si sia presentato qui e anche da Agnese, dopo tutti questi anni, proprio non lo so, ma questa sera chiariremo la situazione a modo mio e lui dovrà starmi ad ascoltare perché odio ripetermi e dire le cose più di una volta.

Deve tornare in Serbia e non farsi più vedere da me altrimenti lo ammazzo sul serio. Mi da fastidio la sua presenza, mi da fastidio che siano venuti tutti qui in pellegrinaggio da me e soprattutto voglio che stiano lontani dalla scozzesina.

Ingrano la prima e percorro la salita che mi porta sino alla cima della cava. Sbatto la portiera della Volvo e lui fa lo stesso con la sua Range Rover. Dimitar è calmo e questo m'infastidisce ancora di più. Sono io che lo raggiungo a grandi falcate facendo scontrare ancora una volta le nostre fronti, lui invece non ha mosso un passo. Potrei sputargli in faccia, ci sono così vicino ma almeno per il momento voglio dargli una possibilità.

 Potrei sputargli in faccia, ci sono così vicino ma almeno per il momento voglio dargli una possibilità

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<<Stai lontano da Agnese, razza di bastardo>>ringhio contro la sua bocca. Non riesco a controllarmi. Se non ci fossi stato io questa sera, cosa sarebbe successo? Agnese lo avrebbe degnato della sua attenzione? Avrebbero parlato?

<<Non è nessuno per te, no? E poi perché non dovrebbe parlare con me? Siamo amici, che male c'è?>>mi provoca. Vuole forse scoprire fino a che punto posso spingermi? E' davvero così temerario? Sabrina, se fosse stata qui, mi avrebbe calmato e mi avrebbe ordinato di smetterla, ma lei non c'è e quando il mio angelo non è accanto a me, sono una persona cattiva, capace di fare di tutto.

Dimitar probabilmente pensa che solo perché abbiamo lo stesso sangue, dovrei risparmiarlo.

<<Non sai cosa dici, coglione. Lei è mia. Mia. Ti è chiara la cosa?>>digrigno ancora di più i denti, facendo forza contro la sua fronte. Rivoli di saliva finiscono sul suo volto, ma lui non si scompone. Io sono arrabbiato. Io sono infuriato e sto annaspando. Io ho il cuore che batte come quello di un cavallo imbizzarrito. Mio fratello invece se la gode. Pensa di poter ottenere ciò che mi appartiene? Si sbaglia di grosso. Agnese non gliela concedo così facilmente.

Quantico-L'ombra di leiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora