Avete presente quando tutte le cose ti sembrano andare nel verso giusto? Quando per una volta ti sembra di essere al posto giusto nel momento giusto. Quando la tua giornata è costellata da piccoli istanti di felicità che ti fanno ricordare di essere fatto di polvere di stelle.
Ecco, durante i primi giorni delle vacanze Natalizie Akira si sentiva un po' così, felice come se camminasse ad un metro da terra. Il padre era tornato dall'America giusto in tempo per Natale, e passava le serate a raccontare ai suoi figli tutte le belle cose che aveva visto lì. New York e i suoi grattacieli, Los Angeles e Santa Monica. Aveva portato anche a casa tutti gli opuscoli dei negozi di fuochi d'artificio in cui era stato, e per Akira erano più preziosi di qualsiasi altro regalo. Li aveva appesi tutti sopra il suo letto, e li sfogliava prima di andare a dormire, beandosi dei colori che le esplodevano dietro le palpebre, del profumo che conosceva tanto bene da riuscire ad immaginarselo.
Ma quando dormiva...beh i suoi sogni non erano sereni come al solito. Due teste rosse, due sorrisi maliziosi, degli occhi verdi comparivano sempre più spesso. Compariva una risata che Akira si sentiva continuamente nelle orecchie, della quale non riusciva ad allontanarsi. Inutile dirlo, ma i gemelli, a modo loro, erano entrati a far parte della sua vita.
Tutto sommato sembrava che le vacanze andassero bene, e Akira si stava godendo il suo meritato riposo.
Poi arrivò una chiamata. Era il 27 di Dicembre, poco dopo cena. Akira, Seiji, e la loro famiglia erano in salotto, chi a guardare la televisione e chi a giocare con dei soldatini di plastica. Il telefono squillò improvvisamente, nel mezzo di una pubblicità su dei trapani elettrici per il Fai da Te. Il padre di Akira si alzò con uno sbuffo, e andò a rispondere sicuro fosse sua sorella che voleva parlare con la moglie per la cena di Capodanno. Era circa la terza volta che chiamava in quella giornata.
«Pronto?» rispose, alzando la cornetta. La figlia lo seguiva con lo sguardo in ogni sua mossa.
Ad Akira il padre era sempre piaciuto, anche se aveva metà del viso coperto da cicatrici a causa di un fuoco d'artificio incontrollato. Aveva spalle larghe in ricordo del rugby che aveva praticato da ragazzo, ma non erano più così muscolose. Teneva la cornetta con una mano grossa e callosa, e si appoggiava alla parete del corridoio con il corpo stanco. D'un botto le sue sopracciglia folte sparirono sotto il ciuffo di capelli tendenti al grigio, e gli occhi marroni si spalancarono in un'espressione sorpresa.
«Grazie. Arrivo subito». Mise giù il telefono e volò a prendere il suo giubbotto, quasi inciampando nel tavolino che era sempre stato nello stesso posto.
«Che è successo?» chiese la madre di Akira, alzandosi dal divano. Ormai Akira non era l'unica a guardare il padre con apprensione e ansia.
«Erano i vigili del fuoco» rispose il padre, tornando il salotto per cercare le chiavi della macchina. Il cuore di Akira perse un battito. «E' il negozio, è incendiato».
«Fammi venire!» esclamò la ragazza, alzandosi in piedi di scatto. «Posso essere d'aiuto!»
«Non è un posto per ragazzine» ringhiò lui, guardandola e puntandole un dito addosso. «E con te faccio i conti dopo». Akira sentì un peso immenso pressale sulle spalle, come se Atlante le stesse passando il peso del mondo. Si morse un labbro, con la sensazione di essere compressa verso il basso.
«Ma papà!». Tutto inutile, era già uscito di casa. «Non è un posto per ragazzine!?» gridò Akira alla porta chiusa. «Io ci lavoro in quel posto!!».
Evitò la mano di sua madre che si stava appoggiando sulla sua spalla, e corse in camera sua, stando bene attenta a sbattere la porta dietro di lei. Doveva arrivare al negozio, e ci doveva arrivare in fretta. Molto.
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Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ Wᴇᴀꜱʟᴇʏ
Fanfictionnoι тυттι ѕιaмo coмe ι ғυocнι d'arтιғιcιo: cι ιnnalzιaмo, вrιllιaмo, cι dιѕѕolvιaмo e alla ғιne cι dιѕperdιaмo. Ad Akira piacevano poche cose precise nella vita, le ciambelle col buco, i libri con un finale inaspettato, i giorni di pioggia e il pro...