La signora Weasley le preparò velocemente il letto di Ginny, perché i gemelli avevano deciso di voler dormire alla Tana quella notte e lei ovviamente non poteva tornare a Diagon Alley da sola. Ma comunque, alla signora Weasley non faceva che piacere avere di nuovo una ragazza in casa. Da quando Ginny era partita per la scuola lei si sentiva terribilmente sola. Anche ad Akira faceva piacere rimanere lì, sotto le cure di qualcuno che si preoccupava che avesse abbastanza asciugamani quando decise che si sarebbe fatta una doccia rilassante.
Sotto l'acqua, Akira tornò a pensare alla discussione che poco prima aveva avuto con George. Mai le era sembrato ostile come in quel momento, e poi per tutta la cena non le aveva rivolto neanche uno sguardo, nonostante fosse seduto davanti a lei. Era comprensibile che fosse possessivo nei confronti del fratello, ma erano entrambi uomini ormai, e non credeva che Fred avesse bisogno che George mettesse in guardia ogni ragazza che gli girava intorno.
Anche perché Akira non lo faceva.
Ma cosa cavolo gli era saltato in mente? Akira che aveva "intenzioni" con Fred? L'unica intenzione che aveva era sopravvivere in un mondo a cui sapeva di non appartenere! E le sembrava un bel da fare, senza metterci Fred di mezzo.
Si appoggiò le mani sugli occhi, e nello scrosciare dell'acqua si sentì abbastanza protetta da lanciare un urlo soffocato. Voleva tornare a casa, voleva stare con suo fratello, con la sua famiglia. Ma non era possibile, non più. E finché non avrebbe trovato un modo per cancellare l'incantesimo, una pozione o qualche amuleto capace di far tornare la memoria alla sua famiglia, Akira avrebbe fatto il possibile per essere simpatica alla famiglia Weasley, qualsiasi cosa purché si fidassero abbastanza di lei da aiutarla nella sua impresa. E poi avrebbe ripreso la sua vita, sarebbe tornata all'Ikigai shop come se niente fosse successo, e di quell'avventura sarebbe rimasto solo un vivido ricordo che con il trascorrere del tempo va sfumandosi. Fino ad essere dimenticato.
Sicura nel suo nuovo piano, e convinta nel cominciare le ricerche il giorno dopo, Akira uscì dalla doccia, e si avvolse il corpo e i capelli con gli asciugamani che la signora Weasley le aveva gentilmente prestato. Avevano un profumo avvolgente e rilassante di sapone, di pulito. Ovviamente non aveva pensato di portare un cambio, quindi si arrese ad indossare quello che aveva prima della doccia e si diresse al terzo piano, nella camera di Ginny.
Come quella di Fred, anche la camera di Ginny era ricoperta dei colori del Grifondoro. Akira aveva capito scoperto che tutti i Weasley, dai genitori ai figli, erano finiti nella casa di Grifondoro, la casa dei coraggiosi. Ginny era patita anche del Quidditch, e dappertutto c'erano appesi poster di ragazze che volavano a cavallo di una scopa. Ad Akira veniva ancora difficile pensare a come ci si potesse sentire senza terra ferma sotto i piedi. Non una sensazione che era entusiasta di provare, dopo la smaterializzazione.
Si allungò sopra lenzuola morbide e profumate, finalmente su un letto che potesse essere definito tale. Nonostante fosse un posto sconosciuto, il che di solito le faceva perdere il sonno, si addormentò così in fretta che il suo ultimo pensiero fu se le avessero messo del sonnifero nel bicchiere o qualche altra strana pozione.
Ma il sonno costernato da incubi fugò ogni dubbio che fosse indotto da qualche sostanza. Perché dei sogni tanto vividi e lucidi come li stava avendo Akira potevano essere opera solo della sua fantasia.
Si svegliò in preda alla tachicardia, e si appoggiò una mano al cuore. Batteva forte, fin troppo. Immagini di incantesimi, bacchette magiche e scoppi potenti le passavano ancora davanti agli occhi, trasformando la sua pelle in brividi. Scalciò le coperte per alzarsi velocemente, e aprì la finestra che dava su una lunga distesa di campi di grano. L'aria fresca aiutò il cuore a riprendere il suo normale ritmo, e dopo cinque lunghi respiri decise che era abbastanza calma da poter aprire gli occhi.
Eppure lei voleva solo essere felice, chiedeva solo questo. Ma qualcosa dentro di sé gridava che non se lo meritava. Forse perché non era la migliore delle figlie, la migliore delle amiche. Perché preferiva la solitudine alla sciatta allegria, i libri alle serata in qualche locale. A causa di tutto ciò si era sempre sentita isolata, distante da tutto il resto come se fosse dall'altra parte di un acquario. Solo dopo aver conosciuto la magia, anche se incapace di praticarla, per la prima volta si era trovata a vivere nel presente, e, ironia della sorte, si era sentita nel posto giusto in un mondo che non la voleva. Forse era proprio vero che a lei la felicità era preclusa.
Non chiarore dell'alba che stava per spuntare, Akira notò una macchia di colore nel giallo del campo. Qualcuno era sdraiato per terra, le mani appoggiate sotto la testa e gli occhi diretti al cielo. Era abbastanza alto e dai capelli abbastanza rossi da riconoscere in quella figura uno dei gemelli, e lei era pronta a credere che fosse Fred. Se non altro perché aveva bisogno di parlare con qualcuno, e George non sarebbe stata la scelta più azzeccata.
Si mise una felpa precedentemente appartenuta ad uno dei gemelli, le vecchie sneakers che si portava dappertutto e silenziosamente scese le scale di casa. Sentì un leggero russare passando davanti alla camera da letto dei signori Weasley, e le scappò un sorriso. Dopotutto, erano umani anche loro.
Il freddo dell'alba la colpì non appena scese gli scalini d'ingresso, come una doccia di acqua gelida. Ma nonostante la pelle d'oca che ancora non l'aveva abbandonata, era una sensazione rigenerante. Si costrinse a stringersi nella felpa e mettere un piede davanti all'altro per raggiungere il punto in cui Fred era sdraiato su della paglia pungente.
«Sveglio a quest'ora?» gli chiese Akira a mo' di saluto, sedendosi vicino a lui. Fred le lanciò solo un'occhiata, prima di tornare a guardare il cielo. Era sicuro di star sognando Akira, ma in quel momento non sapeva dire se fosse sogno o realtà.
«Potrei chiederti la stessa cosa» rispose Fred, sbadigliando, «non sei esattamente quello che si dice una persona "mattiniera"». Akira gli diede un colpo sul petto, che lo fece solo scoppiare a ridere. Non era mai riuscita a fargli seriamente de male, ma forse perché non ci aveva provato mai veramente abbastanza.
«Da quanto tempo sei qui?»
«Abbastanza da vedere le stelle svanire»
«Ah, quindi sei anche poetico» si complimentò lei, ridendo.
«Io sono molto poetico» rettificò Fred, girando il viso per guardarla. C'era un cielo meraviglioso, pieno di colori che ti riempivano l'anima, ma il ragazzo si meravigliò guardando lei. «Sembri più felice» le disse dopo qualche secondo. Probabilmente il più bel complimento che avesse potuto farle. Ma Akira aveva smesso da tempo di credere nei complimenti. Akira abbassò lo sguardo per guardarlo negli occhi.
«C'è differenza tra l'essere felice e l'essere distratti dalla tristezza».
Fred si mise seduto, avvolgendola con un braccio dopo averla vista tremare. Sicuramente stava cercando di riscaldarla, ma quello che ottenne fu molto di più. Akira si sentiva come se le stelle da poco svanite si fossero ritrovate tutte sulla sue pelle, e stessero danzando. Ogni strato di stoffa annullato da quel contatto.
«Fra i due qual è quello poetico, scusa?» sussurrò Fred, con lo spettro di un sorriso sul volto. Akira si appoggiò a lui, in una muta richiesta di ricevere calore.
«Intendevo...mi è molto difficile essere felice in questo momento» spiegò lei, alzando le spalle.
«Troveremo un modo per far tornare ai tuoi genitori la memoria» le assicurò Fred, «ci deve pur essere una pozione che assolva questo scopo. Mi metterò a cercare qualcosa».
Akira fece un sorriso malizioso stretta tra le sue braccia. Esattamente quello a cui aveva puntato fin dal principio.
Rimasero in quel silenzio fino a che il sole non sorse, e li scaldò con il suo calore. Anche se, a dirla tutta, era già da molto tempo che non soffrivano più il freddo.
E' proprio vero che una connessione nascosta è più forte di una visibile a tutti.
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Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ Wᴇᴀꜱʟᴇʏ
Fanfictionnoι тυттι ѕιaмo coмe ι ғυocнι d'arтιғιcιo: cι ιnnalzιaмo, вrιllιaмo, cι dιѕѕolvιaмo e alla ғιne cι dιѕperdιaмo. Ad Akira piacevano poche cose precise nella vita, le ciambelle col buco, i libri con un finale inaspettato, i giorni di pioggia e il pro...