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Il giorno dopo doveva essere una bella giornata. Doveva esserlo davvero. Era il 26 di Gennaio, e l'Ikigai Shop sarebbe stato riaperto al pubblico. Da alcuni fu definito un fatto miracoloso, e non a torto. Neanche Goku e la sua nuvoletta Speedy sarebbero mai stati più veloci della famiglia di Akira nel sistemare il negozio.

Il fatto era, e Akira ormai se ne era convinta, che non era del tutto merito loro. Perché gli oggetti e i mobili che si erano magicamente sistemati da soli non avevano fatto che aumentare esponenzialmente, senza che nessuno se ne accorgesse.

Akira scese i gradini d'ingresso di casa sua, chiudendo dietro di sé il portone d'ingresso.

Era una giornata fredda, ma il profondo cielo azzurro e l'assenza di nuvole la misero di buon umore. Prese un respiro profondo, pronta a cominciare una nuova, dura, giornata di lavoro.

Si incamminò verso la fermata della metro, quando sentì un rombo di un motore e il suono perforante di un clacson.

Di fianco a lei, sulla strada bagnata dalla pioggia che era arrivata durante la notte, si era fermato un motorino rosso fiammante.

«Prendere i mezzi è sottovalutato»

«Anche tu li prendevi, fino a qualche giorno fa»

«Oggi è una giornata troppo importante per arrivare in ritardo, salta su».

Akira odiava il motorino di Max, ma non aveva così tanti istinti suicidi da ammetterlo in presenza del proprietario. Il fatto era che il sedile era scomodo, perché ormai tutto la gommapiuma al suo interno si era appiattita. Il veicolo andava avanti a balzi e boccheggiando, perché ormai era così vecchio che tentava in tutti i modi di far capire a chi ci era seduto sopra che era arrivata la sua ora. Solo la vernice era scintillante e nuova, perché l'unico tipo di manutenzione che Max faceva, o era in grado di fare, consisteva nel cambiargli colore una volta alla settimana. Come con qualsiasi altra cosa, il ragazzo si annoiava molto facilmente del colore del suo bolide.

Maximilian le passò un secondo casco, la sicurezza prima di tutto, e Akira si sedette a cavalcioni dietro di lui, stando attenta ad attaccarsi alle maniglie dietro il sedile per evitare che altre parti del corpo sue e del ragazzo si toccassero. Con uno scatto, che sicuramente sarebbe costato giorni di vita al motorino, superarono la Jaguar parcheggiata davanti a loro e si introdussero nel traffico mattutino di Londra.

"Ho visto la cosa più straordinaria che la terra possa mostrare all'anima stupefatta: l'ho vista e ne sono sbalordito... mi sta sempre davanti alla memoria quella foresta pietrificata di case e, in mezzo, il fiume impetuoso di vive facce umane con tutto l'arcobaleno delle loro passioni, con tutta la loro fretta disperata di amore e di fame, di odio: Londra. "

Così diceva Heinrich Heine. Una visione molto poetica, non c'è che dire, ma era un visione da turista. Per Akira, Londra era semplicemente casa sua. Si era ripromessa che la sua vita non sarebbe stata completa fino a che non avesse visitato tutti i suoi quartieri, tutti i suoi musei, e tutte le librerie. Al momento era circa al quindici per cento dell'opera.

All'Ikigai Shop i clienti non si sprecarono. Tutti erano entusiasti della nuova apertura, ma ancora di più erano entusiasti degli super sconti che il padre di Akira aveva deciso di fare.

«Dobbiamo far capire alle persone che siamo tornati» annunciò nel retrobottega, dove tutti e tre stavano indossando i loro grembiuli da lavoro, «e dobbiamo farlo in grande stile».

Akira e Maximilian si occuparono dei clienti, aiutandoli nella scelta dei prodotti. Più che altro, cosa da non sottovalutare, alle persone piaceva avere che qualcuno che le ascoltasse. Il fatto era, e Akira lo aveva capito da poco, che alle persone non sempre piaceva parlare, ma di certo piaceva essere ascoltate. E in questo Akira era brava. Ascoltare le veniva naturale.

Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ WᴇᴀꜱʟᴇʏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora