E' difficile descrivere il boato che si propagò per le vie di Hyde Park. Qualcuno lo paragonò ad uno di qui grandi aerei caccia che ogni tanto passavano sopra il cielo, ma come se uno di quegli aerei stesse sfiorando la terra. Oppure una grande sirena di una nave da crociera, ma sul Tamigi non ne passavano mai di così grandi.
Qualcun altro lo paragonò ad un ruggito di un drago.
Ma come? I draghi non esistono.
Allora cos'era quella scintillante forma allungata che girava sul soffitto della camera di Seiji come se stesse nuotando nel mare?
«Ma...come...» mormorò Akira, tenendosi stretto il fratello nel vano tentativo di proteggerlo. Il bambino invece non faceva altro che dimenarsi, e non appena riuscito a guadagnare la libertà saltò sul letto, allungando il braccio sinistro il più possibile per toccare quella strana cosa. Il drago, se davvero lo era, scese in picchiata verso di lui, aprendo la bocca come un'aquila che ha avvistato la sua preda. «Seiji!» esclamò la sorella, e lo spinse sul letto, coprendolo col proprio corpo, prima che il drago si schiantasse contro di loro.
Akira sentì solo un immenso calore, e un sottile odore di bruciato. Per un secondo la stanza si era illuminata a giorno, poi fu di nuovo buio. Sul soffitto, dove pochi secondi prima un drago dorato nuotava nel cielo, erano rimaste solo piccoli fuochi scintillanti, formando la scritta W&W, che sfrigolavano contro la parete.
«W e W» sussurrò Seiji, guardando in alto. «Che vuol dire?»
«Vuol dire che due ragazzi dovranno vedersela con me» rispose Akira, sbuffando.
Il giorno dopo Akira e Seiji scoprirono che sia la loro nonna che la loro madre non avevano sentito neanche il minimo rumore di tutto ciò che era successo durante la sera. Il che sembrava tanto impossibile che Seiji si mise a raccontare per filo e per segno di quanti colori era formato quel drago luccicante esploso in fuochi d'artificio. Il tentativo di dare manforte al fratello da parte di Akira non fece altro che avvalorare la tesi delle due donne di casa che il secondogenito avesse qualche problema non ancora conclamato, e che stava tirando dentro il suo mondo di pazzie anche la sorella che fino ad ora non sembrava avere alcun problema, il che era tutto dire. Spedirono il primo a scuola, e la seconda in negozio senza sentire altre ragioni.
Akira calciò un sassolino mentre si avviava alla fermata della metro. Era arrabbiata, questo era chiaro. Con tutto il trambusto che era successo quella mattina non era riuscita a bere il caffè, di nuovo. Questo non aiutava di certo il suo umore. In più...come si era potuta fidare di due persone come Fred e George? Si vedeva distante un miglio che non erano affidabili. In loro c'era qualcosa di strano, e nel loro fuoco d'artificio c'era sicuramente qualcosa che non andava, qualcosa del quale avrebbero dovuto pagare caro.
Si sedette in un posto vuoto della metropolitana, e tirò fuori un libro dalla borsa. Al momento si stava improvvisando lettrice di classici quali Notre Dame de Paris o il Conte di Montecristo, senza altri risultati se non molto peso da trasportare durante i suoi viaggi.
"Sapete che cos'è l'amicizia? Si, essere fratello e sorella, due anime che si toccano senza confondersi, le due dita della mano. E l'amore? Oh, l'amore, è essere due e non essere che una persona sola. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo. E' il cielo". Akira chiuse di scatto il libro nauseata, facendo spaventare la signora distinta seduta di fianco a lei. Decise che non avrebbe più aperto quel libro, per quanto bello fosse. Però a volte diceva proprio delle sciocchezze. "Un uomo e una donna che si fondono in un angelo". Ma di cosa stiamo parlando? Essere amati è una responsabilità. E' avere una persona in più a cui pensare, a cui rendere conto. Devi essere all'altezza delle sue aspettative per non essere abbandonato in un angolo come uno straccio vecchio. Ci sono un sacco di cose non dette ma che l'altro si aspetta siano d'obbligo. E nell'amicizia è lo stesso. Per questo Akira era sempre stata bene da sola, anche se, dopotutto, aveva solo diciassette anni, e la mente di una bambina.
Camden Town era piena di gente, forse più del solito. Essendo l'ultimo giorno prima della chiusura natalizia tutta quella ressa non era insolita. Tutti che cercavano i regali di Natale per il proprio ragazzo, per la propria ragazza o per amici. Se non altro, Akira poteva dire di aver risparmiato un sacco sui regali.
L'Ikigai Shop fu aperto allo stesso solito orario, quindi dieci minuti in ritardo rispetto al normale, e la giornata lavorativa ricominciò senza nessun particolare intoppo. Ormai Akira ne aveva viste così tante che praticamente niente riusciva a sorprenderla. Lavorava come una vecchia macchina rotta, mentre la sua mente viaggiava. Ormai il dover passare i prodotti alla cassa e dare l'appropriato resto non erano che azioni basiche dalle quali tutti i suoi ragionamenti partivano. Insomma, era il suo posticino felice, in cui i suoi muscoli lavoravano da soli e lei volava con la fantasia.
La ragazza vide Maximilian girare per il negozio per soddisfare quanti più clienti possibili contemporaneamente. Ogni tanto era dura essere solo in due, o in tre quando era presente anche il padre di Akira, soprattutto sotto Natale, Carnevale o feste in generale. Soprattutto in quel periodo, con tutte le cose che sembravano succedere, le persone avevano bisogno di un po' di spensieratezza e di gioia.
Il paese era in ansia, soprattutto quando a fine estate il Primo Ministro Major aveva dato comunicazioni inquietanti sull'evasione di alcuni prigionieri da un carcere di massima sicurezza. Non ha voluto comunicare quale fosse il carcere, forse per non screditarlo troppo, ma ha reso noto il volto di alcuni di questi prigionieri, invitando tutti i commercianti ad attaccare le locandine coi volti dove possibile. Ad Akira veniva sempre un brivido lungo la schiena ogni volta che guardava il volto di una donna su quelle locandine. Aveva capelli molto lunghi, scuri ed arruffati. Capelli che sarebbero stati molto belli se non fossero rovinati da anni di trascuratezza. Aveva un viso magro, scavato, ed occhi grandi e spiritati. Doveva essere stata molto bella, ma la prigionia aveva alterato il suo volto. L'immagine era in bianco e nero, ma sembrava talmente realistica da apparire quasi viva. Akira poteva giurare che ogni tanto quegli occhi inquietanti la seguissero. Sotto la foto c'era scritto il nome: Bellatrix Lestrange, e il suo corrispondente codice.
"Bellatrix" pensò Akira, ripensando a quella foto, "è un bel nome dopotutto, il nome di una stella". Peccato che le stelle possano cadere.
«Stai sognando ad occhi aperti?» chiese una voce fastidiosa davanti a lei. Akira alzò gli occhi di scatto, incontrando degli occhi verdi e un sorriso aperto di una persona che non avrebbe mai voluto vedere.
«Ancora voi!?» esclamò la ragazza, alzando la schiena dal bancone e sbuffando. «Abbiamo delle cose di cui discutere».
«Non ne dubito, collega» rispose uno dei due gemelli, Akira non osava indovinare chi fosse dei due, circumnavigando il bancone per avvicinarsi a lei. Lei lo guardò con un sopracciglio alzato.
«Non hai il permesso di venire di qua» affermò Akira. «Questo» indicò lo spazio dietro il bancone con un largo gesto della mano, «è il mio spazio vitale, e, cosa secondaria, il mio posto di lavoro». Il ragazzo ridacchiò, divertito. «Tu...voi» aggiunse, non appena il secondo gemello li raggiunse, «siete clienti».
«Fred» mormorò il secondo arrivato, quello che doveva essere George, facendo un salto e sedendosi sul bancone, «ci ha appena definito clienti»
«I clienti comprano» continuò Fred, seguendo con un balzo il gemello, «non ti regalano uno dei loro test...fuochi d'artificio»
«Test? Era un TEST!?» esplose Akira, spalancando gli occhi, «è esploso in faccia a me e mio fratello! Potevamo morire!»
«Nah, solo qualche bruciatura...»
«Niente di più»
«Non siamo così sconsiderati»
«Lo abbiamo prima provato noi».
Il loro modo di concludersi le frasi a vicenda stava iniziando ad irritare non poco Akira, che non voleva far altro che toglierseli dai piedi.
«Comunque, che è successo?» chiese Fred, guardando la ragazzina incuriosito.
«Cosa vuoi che sia successo?» sbuffò lei. «E' esploso in camera di mio fratello. Il rumore sembrava assordante e la luce accecante, ma poi abbiamo scoperto che ne mia mamma ne mia nonna hanno sentito o visto niente»
«Interessante» mormorò George, sfregandosi il mento con le dita. «Probabilmente abbiamo sbagliato qualcosa Fred» disse, guardando il fratello. Quell'altro annuì.
«In che senso?»
«Neanche tu avresti dovuto sentire o vedere».
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Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ Wᴇᴀꜱʟᴇʏ
Fanfictionnoι тυттι ѕιaмo coмe ι ғυocнι d'arтιғιcιo: cι ιnnalzιaмo, вrιllιaмo, cι dιѕѕolvιaмo e alla ғιne cι dιѕperdιaмo. Ad Akira piacevano poche cose precise nella vita, le ciambelle col buco, i libri con un finale inaspettato, i giorni di pioggia e il pro...