Ripensando a cosa era successo ad una settimana di distanza, Akira non poteva non complimentarsi con sé stessa per la prontezza di spirito dimostrata, nonostante fosse spaventata come non lo era mai stata in tutta la sua vita. Con Max che pesava gravemente sulle sue spalle, era riuscita a entrare in una metro, e avvicinarsi il più possibile al Paiolo Magico per cercare aiuto. La ferita non era molto grande, ma sembrava quasi un'ustione che non aveva una bella faccia. Gli occhi di Max continuavano a chiudersi, e lei doveva dargli degli schiaffetti sulle guance per tenerlo sveglio. Doveva ammettere che un po' si divertiva.
Arrivarono al Paiolo Magico venti minuti dopo. Venti minuti che sembrarono un'eternità. Caracollarono dentro il locale semivuoto, e Akira dovette stenderlo a terra perchè non riusciva più a tenerlo. Lei stessa stava andando nel panico. Continuava a gridare che il suo amico era stato colpito, che stava male. Ripeteva convulsamente il nome di Fred. Fred, che avrebbe voluto avere al suo fianco, in quel momento. Fred, che era sempre stato in grado di calmarla. Fred, a cui teneva più di chiunque altro in quello strano mondo fatto di magia e di scope volanti.
E Fred arrivò.
I gemelli si materializzarono circa cinque minuti dopo, avvisati da Tom, il barista, il quale non la smetteva di lamentarsi perchè adesso nel suo locale si trovavano addirittura due babbani.
Forse Akira non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma l'arrivo di Fred rese tutto più semplice. Si presero carico loro dei "due babbani", e li portarono nel loro appartamento nel minuto esatto in cui Max si fu ripreso abbastanza da mettersi in piedi.
Nel corso di una settimana, i miglioramenti di Max furono lenti ma progressivi. La signora Weasley lo aiutò preparando una pozione che alleviava il dolore, ma allo stesso tempo lo teneva in uno stato di sonno costante. Akira dormiva vicino a lui sul divano, e non lo lasciava nemmeno per un secondo. Si era fatto male a causa sua, e avrebbe fatto di tutto per rimediare.
Non appena Max fosse stato abbastanza in forze da tornare a casa, i gemelli e Akira si sarebbero trasferiti alla Tana. Il negozio sarebbe stato chiuso, Diagon Alley non era più un posto sicuro.
Per questo Akira, una settimana dopo l'attacco del Mangiamorte, se ne stava seduta sul davanzale della finestra a guardare Diagon Alley nascosta dietro un vetro. Non le dispiaceva particolarmente rimanere dentro casa. In ogni caso, non era il tipo di ragazza che rimaneva per strada tutto il giorno.
Continuava a pensare al fatto che Max conoscesse i Mangiamorte. Quanto altro conosceva del mondo magico? E quanto le aveva tenuto nascosto?
Lanciò uno sguardo verso il corpo abbandonato sul divano. Ancora incosciente. Non vedeva l'ora che si svegliasse per potergli parlare...ma allo stesso tempo non voleva scoprire che le aveva mentito per tutto quel tempo. Poteva voler dire perdere l'unica persona di cui si fidava veramente. L'unica con cui poter fare finta di essere ancora una ragazza normale.
Piegò le gambe e si abbracciò le ginocchia, sospirando. Tutto ciò prima o poi avrebbe avuto una fine. Sarebbe riuscita a liberarsi da un mondo al quale non apparteneva.
Una tazza di thè caldo svolazzò davanti al suo viso, roteando lentamente e in modo invitante. Una bevanda calda...solo in quel momento Akira si rese conto di averne un tremendo bisogno. La prese con un sorriso, alzando poi lo sguardo sul ragazzo che, appoggiato allo stipite della porta che dava sulla cucina, aveva appena abbassato la bacchetta.
La ragazza scandì la parola "grazie" con le labbra, prima di prenderne un sorso. La bevanda le percorse la gola infondendo un piacevole calore.
Aveva spiegato ai gemelli solo parte di ciò che era avvenuto. Il fatto che un Mangiamorte se l'era presa con loro, li aveva inseguiti e come lei aveva messo a punto un piano per sconfiggerlo. Non aveva detto loro che c'era stata una conversazione, e soprattutto non aveva menzionato il fatto che il Mangiamorte conosceva il suo nome, e che era stata chiamata "strega non addestrata", qualunque cosa volesse dire. In quel modo, i Weasley pensarono semplicemente che un Mangiamorte se la fosse presa con la coppia di babbani sbagliata, e non che stesse espressamente cercando lei.
Fu solo la sera del settimo giorno che Max decise di dare segni di vita.
Si mise a tossire, e con un grande sforzo riuscì a mettersi a sedere sul divano. Akira gli fu subito al fianco. Si sedette vicino a lui, aiutandolo a mettersi dritto a lasciando che si appoggiasse contro di lui. Sotto il suo tocco era ancora un po' caldo, ma per lo meno era vivo.
«Akira...» sussurrò lui, beandosi del suo calore. «Mi dispiace così tanto...»
«Sssh» lo intimò lei, appoggiandogli una mano sulla fronte, «non ti sforzare. Ne parleremo più avanti». Non ce la faceva a vederlo così sofferente. Avrebbe voluto urlargli addosso, chiamarlo con una infinità di epiteti diversi, mandarlo in posti non molto raccomandabili. Avrebbe voluto urlare, gridare, distruggere qualcosa. Eppure vederlo in quello stato le aveva prosciugato le forze di colpo, come se Max si stesse cibando delle sue forze per rimanere sveglio.
Fred arrivò qualche secondo dopo, la bacchetta in mano per potergli fare qualsiasi incantesimo servisse a farlo stare meglio. Forse, in quel modo, se ne sarebbe andato da casa loro il prima possibile.
Max spalancò gli occhi vedendolo. Probabilmente non aveva ancora capito dove fosse.
«Non mi toccare con quella cosa!» esclamò, appiattendosi contro lo schienale del divano per tenersi il più lontano possibile dalla bacchetta.
«Ma è solo per...»
«Non ho bisogno della vostra carità!»
«Max!» sbuffò Akira, irritata. «Nessuno ti vuole fare la carità. Sta solo cercando di aiutarti!».
«Ascolta, piccolo stronzo» ringhiò Fred, il tono di chi non aveva tempo da perdere, «neanche tu mi piaci, ma non ti lascerò soffrire quando posso fare qualcosa per aiutarti. Quindi stai zitto e fammi fare il mio lavoro.»
«Non prendermi in giro, non lo fai per me» disse Max, fulminandolo con lo sguardo.
«Quindi i babbani sanno anche pensare, ogni tanto?».
Akira fu colpita in pieno petto da quella affermazione. Fred sembrava fuori di sé, non lo aveva mai, mai, visto in quel modo.
«No che non lo faccio per te» riprese Fred, puntandogli la bacchetta addosso. «A dirla tutta non me ne frega proprio niente di te. Eppure io e George siamo qui, a rischiare la vita, invece che essere al sicuro a casa dei nostri genitori. Quindi fammi il favore di stare fermo e farti curare, in modo che tu possa levare le tende il più presto possibile. Morfeus».
Max cadde all'indietro, in preda ad un sonno profondo.
«Ma che hai fatto!?» si preoccupò Akira, agitando Max convulsamente nel tentativo di risvegliarlo.
«L'ho fatto addormentare, non lo sopportavo più» rispose Fred secco, indicandogli poi il fianco. «Alzagli la maglietta, vediamo come va la ferita».
Iniziarono a medicarla, lui utilizzando la magia, lei spalmando sulla ferita un unguento puzzolente. In perfetta sincronia.
«Comunque ce ne andremo» iniziò Akira dopo un po', interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato. «Ce ne andremo appena lui riuscirà a camminare, se proprio ci tieni».
«Andremo? In che senso andremo?»
«Io e Max» spiegò Akira, come se non fosse stato abbastanza chiaro.
Fred si mise a ridere, come se avesse appena fatto una battuta buffissima. Poi si fermò, non appena si rese conto che Akira era seria.
«Tu non puoi andare» disse, come se anche quello fosse chiaro.
«Ma...»
«Mia mamma non ti perderà un attimo di vista, non appena metteremo piede alla Tana. Diavolo, quasi ti cacci in più guai di Harry. E poi...», le sue labbra si aprirono in un sorriso che aveva sempre mozzato il fiato alla ragazza, «sei invitata ad un matrimonio».
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Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ Wᴇᴀꜱʟᴇʏ
Fanfictionnoι тυттι ѕιaмo coмe ι ғυocнι d'arтιғιcιo: cι ιnnalzιaмo, вrιllιaмo, cι dιѕѕolvιaмo e alla ғιne cι dιѕperdιaмo. Ad Akira piacevano poche cose precise nella vita, le ciambelle col buco, i libri con un finale inaspettato, i giorni di pioggia e il pro...