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Nei giorni seguenti Akira si dedicò alle pulizie dell'Ikigai Shop. Sapeva che non sarebbero stati in grado di aprire per il sette di gennaio, ma comunque non aveva intenzione di darsi per vinta. Anche perché aveva capito che Dio, Buddha, il Karma o chi per loro era intenzionato a darle una mano. Tutti i giorni nel negozio trovava qualcosa di riparato. Qualcosa di piccolo, qualcosa che nessuno avrebbe notato se non avesse passato la vita in quel negozio. Una tubatura, un cassetto, una mattonella. C'era sempre qualcosa di nuovo che il giorno prima non c'era.

Aveva provato a farlo notare a suo padre o a Max, ma non le davano ascolto. Erano concentrati sul salvare il salvabile, piuttosto che rendersi conto di quello che apparentemente si era salvato da solo.

Ma lei ne era sicura. Qualcuno o qualcosa la stava aiutando e rimettere insieme l'Ikigai Shop, e lei non poteva che esserne grata.

Non trovando in suo padre o in Max disponibilità di ascolto, Akira si confidò con una persona che, inaspettatamente, poteva considerare sua amica.

La prima volta che lei e Katie si erano sentite, dopo il disastro di Capodanno, fu quando la seconda chiamò Akira sul telefono di casa. In principio non aveva granché voglia di rispondere, voleva solo dimenticarsi di tutto ciò che era successo, ma sua madre la costrinse a fare un tentativo perché "anche tu ogni tanto hai bisogno di amici".

Da quel momento erano diventate quasi inseparabili. Ad Akira non era mai successo di avere una connessione tanto forte con un'altro essere umano, per lo più con una ragazza. Ma Katie era diversa. Era simpatica, era semplice, sapeva ascoltare e apprezzava anche gli attimi di silenzio, quegli attimi in cui nessuna delle due aveva cose da dire. Era paziente, e non storceva il naso ad ogni stranezza di Akira, ma al contrario si incuriosiva e faceva domande. Di domande ne faceva sempre un sacco.

Si incontrarono un paio di giorni dopo, vicino ad un London Eye strapieno di gente. Akira, nel suo solito cappotto grigio, tremava di freddo sotto un cielo che prometteva neve, mentre Katie sembrava a suo agio, sia in mezzo alla gente sia nel suo parka verde militare e la accolse con un sorriso smagliante.

Non avevano mai parlato di quello che era successo a Capodanno, e Akira non si sentiva pronta a farlo, forse non lo sarebbe mai stata. Ma anche quel giorno non citarono quanto successo. Presero un caffè da Starbucks, per poi passeggiare lungo il fiume, mentre il Tamigi di un color grigio sporco scorreva di fianco a loro.

«Mi volevi chiedere qualcosa?» chiese Katie, prendendo un sorso di caffè bollente dal contenitore. Con un pennarello nero, proprio sotto il tappo, c'era scritto, in una calligrafia da dottore, "Katie". Ovviamente mai che azzeccassero il nome corretto di Akira. In quel momento, sul suo bicchiere c'era un fantasioso "Keera", con anche una faccina felice fatta dal non tanto felice cassiere.

«E' solo...un'impressione che ho» confessò Akira, stringendo tra le mani il bicchiere, approfittando del calore. «Una cosa che non riesco a spiegare».

«Di cose che non puoi spiegare ce ne sono molte più di quanto pensi» mormorò Katie, criptica come al solito. Akira le lanciò un'occhiata, e si fermò ad osservare quei capelli mossi e il nasino all'insù rosso per il freddo. Poi Katie si girò verso di lei, ed Akira prese ad arrossire, colpita in fallo. «Dai, raccontami».

Era questo il bello di Katie, lei ascoltava. Sapeva ascoltare. Per questo ad Akira piaceva tanto parlare con lei, perché per la prima volta qualcuno non giudicava ogni singola parola che usciva dalla sua bocca.

«E non se ne accorge nessuno a parte te?» chiese Katie sempre più interessata, lasciando che lo sguardo vagasse sulla città al di là del fiume.

«Ti dico di no!» esclamò la mora eccitata, felice che finalmente qualcuno le stesse credendo. «Prima una finestra, poi il portamonete sul bancone, poi un cassetti, sono cose se non si notato, se non sai cosa guardare».

«Forse qualcuno vuole fare in modo che solo tu li noti»

«Pensi che sia opera di qualcuno?» domandò Akira, spalancando gli occhi. In quei giorni in negozio c'erano solo lei, suo padre e Max. Ma se non era stato nessuno di loro... «Qualcuno si sta introducendo nel nostro negozio di nascosto?»

«Non lo so Aki, è un'ipotesi» esclamò Katie, sentendosi attaccata. Si alzò e lanciò il bicchiere vuoto dentro il primo cestino della spazzatura a portata di mano. Aveva una mira impeccabile. «Camminiamo, sto gelando a stare ferma».

Passarono il pomeriggio in giro per il centro di Londra tra Harrods e negozi di vestiti troppo costosi per loro.

«Hai mai...pensato a dei ragazzi?» chiese Katie ad un certo punto, lasciando Akira così di stucco che la maglietta della quale stava scrutando il prezzo le cadde dalle mani. Katie si appoggiò una mano sulla bocca per non scoppiare a ridere.

«So che esistono» considerò Akira, abbassandosi per recuperare la maglietta. «Dovrei pensarci?» aggiunse poi, quando Katie alzò gli occhi al cielo disperata.

«No, dico solo...beh, io ci penso ogni tanto»

«Katie, ma non è che sei innamorata?»

«Io?!» esclamò lei, arrossendo e coprendosi il viso col vestitino non proprio invernale che aveva deciso di comprare. «Si vede così tanto?». Akira non poté fare a meno che scoppiare a ridere, quella risata da bambina che fino a quel momento le era scappata solo quando il padre la teneva sulle ginocchia e le faceva il solletico.

Forse, trovare un'amica l'aveva fatta tornare un po' bambina.

«Chi è il fortunato?».

Perfino Akira stessa si stupì della sua domanda. Di solito non era impicciona, anzi si poteva dire che dei fatti della gente non le fregasse proprio niente. Faticava anche con Max a mostrarsi interessata alle sue passioni, e lo faceva solo per non ferire i suoi sentimenti. Ma con Katie era diverso, con lei...be' Akira era curiosa del nuovo lato che aveva scoperto di lei.

Katie mormorò qualcosa di incomprensibile, ancora nascosta dietro il vestito. Akira prese l'orlo della gonna nera e la tirò giù con uno scatto, ridacchiando.

«Come scusa?»

«Oliver» borbottò di nuovo lei, mordicchiandosi le labbra. Akira rimase interdetta solo un secondo, poi si ricordò del ragazzo che aveva conosciuto a Capodanno. Era stato di poche parole, o meglio non le aveva rivolta nemmeno una parola, per questo in principio non aveva collegato il nome alla faccia. Ma più ci pensava e più si ricordava come Katie gli era stata addosso quel giorno, anche un po' troppo secondo i suoi gusti personali. Se non fosse stata troppo impegnata a lamentarsi di qualsiasi cosa stesse succedendo, Akira si sarebbe sicuramente accorta che tra i due c'era qualcosa.

Fece un sospiro di sollievo. Aspettate, sollievo? Perché Akira avrebbe dovuto essere sollevata da quella rivelazione?

«E lui lo sa?»

«No!» sbottò Katie, saltando e appoggiando entrambe le mani smaltate sulle braccia di Akira, «e ci terrei che la cosa rimanesse tra noi due. Avevo...avevo solo bisogno di dirlo a qualcuno».

In tutto ciò, Akira si sentì orgogliosa che Katie avesse scelto proprio lei come persona fidata a cui rivelare un segreto.

«Be', adesso tocca a te»

«Come?» chiese Akira, risvegliata dai suoi ragionamenti.

«Chi è il ragazzo che ti piace?»

Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ WᴇᴀꜱʟᴇʏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora