La città era ancora sveglia, mentre quello strano trio raggiungeva Richmond, e viveva intorno a loro. C'erano un sacco di persone che vivevano la loro vita, del tutto ignare e sconosciute al resto del mondo. E anche Akira era sconosciuta, una piccola formichina in mezzo a quel mare in tempesta chiamato vita. E ora, forse, poteva sperare di aver trovato una scialuppa di salvataggio.
Guardò Fred e George camminare davanti a lei, come due guardie del corpo pronte a salvarla da malviventi e malfattori. Se solo avessero saputo che ciò da cui doveva essere salvata era sé stessa...
Sospirò pesantemente, e Fred le lanciò uno sguardo da sopra la spalla. Poi rallentò, e le si affiancò in un atto di gentilezza.
«Tutto bene?». Akira lo guardò con un sopracciglio alzato, divertita.
«Da quando ti importa come sto?»
«Non mi conosci proprio per niente, signorina Campbell». Akira arrossì, perché raramente si era sentita chiamare in quel modo, e il suo sguardo vagò nelle piastrelle irregolari del marciapiede. Una dritta, una storta, un'altra storta. Una piccola vena sulla tempia le pulsò, infastidita dal ritmo discontinuo che non permetteva ai suoi pensieri di viaggiare.
Dopo poco, prese parola in un sussurro.
«E tu non conosci me, signor Weasley».
......
La casa di Alicia Spinnet, così si chiamava l'amica dei gemelli, era una villa che si estendeva più in lunghezza che in altezza, per una ventina di metri se non di più.
La facciata principale aveva un non so che di greco, con tante colonne che sostenevano il balcone del piano superiore e un timpano triangolare che si allungava nel cielo per raggiungere l'Olimpo. Era di un bianco splendente, ma qua e là dell'edera selvaggia prendeva possesso dei muri, rendendo la villa un po' più malandata ma anche molto più interessante. Si sentiva musica da sala, e nell'aria aleggiava un profumo di rose artificiale, come se avessero spruzzato deodorante per ambienti anche all'esterno. Lo smog, le auto, la città sembravano spariti, tutti i rumori erano ovattati al confronto con tanta bellezza. Ma Akira scorgeva tutto solo dalla parte sbagliata di un alto cancello di ferro battuto, che le ricordava come lei facesse parte del mondo della strada, e non della villa.
«Spero che gli altri siano arrivati» sostenne George, sistemandosi il collo della camicia, «non mi va che il padre di Alicia mi faccia altre battute sulle suore e le vasche da bagno».
«Non è politicamente corretto fare battute sulle suore» dichiarò Akira, che come al solito prendeva la parte di chi non poteva difendersi.
«E' il padre di Alicia a non essere politicamente corretto» precisò Fred, prendendola dal polso. «Vieni, si è aperto il cancello».
Una volta superato, Akira notò le grandi finestre che illuminavano un giardino coperto di un sottile strato di neve, e di orme di scarponi. L'interno era nascosto da spesse tende, ma da fuori si riusciva comunque a scorgere vaghe ombre e silhouette di corpi, come se in quella casa non ci fossero che ricordi di persone care.
L'interno era immensamente bello, e sembrava di essere entrati in uno di quei vecchi film con Audrey Hepburn. L'ingresso era spazioso, con piccole colonnine di marmo rosa che reggevano il soffitto. Il tutto aveva un non so che di armonico, e di rosa. Anche se ad Akira non piaceva granché il colore, non poteva non ammettere che quel luogo mondano fosse affascinante e di magico. Un luogo in cui le lancette del tempo si erano fermate al diciannovesimo secolo. Il fatto era che Akira era innamorata dei dettagli.
Aveva ancora il naso all'insù, intenta ad osservare un affresco di quella che probabilmente era Proserpina in uno dei suoi pochi momenti di libertà in un campo di violette e primule, quando qualcuno tossicchiò e lei venne colpita ad un fianco.
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Lᴀ Rᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴄʜᴇ Cʀᴇᴀᴠᴀ Fᴜᴏᴄʜɪ ᴅ'Aʀᴛɪғɪᴄɪᴏ ||Fʀᴇᴅ Wᴇᴀꜱʟᴇʏ
Fanfictionnoι тυттι ѕιaмo coмe ι ғυocнι d'arтιғιcιo: cι ιnnalzιaмo, вrιllιaмo, cι dιѕѕolvιaмo e alla ғιne cι dιѕperdιaмo. Ad Akira piacevano poche cose precise nella vita, le ciambelle col buco, i libri con un finale inaspettato, i giorni di pioggia e il pro...