21. Inevitabile

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Sono seduta sulle scale, mentre aspetto Justin con il cuore in gola, fuori al suo dormitorio. Ho chiesto ad un paio di ragazzi più o meno l'arrivo del pullman con la squadra di basket, e mi hanno detto che a momenti dovrebbero essere tutti qui. Sono andati a giocare a Lakeland, è a qualche ora da qui da come mi hanno spiegato. La partita è finita da un pezzo, quindi sono già di ritorno.

E' una giornata uggiosa a Orlando. Il cielo è cupo, e non ci metterà molto a piovere. Tira anche vento, ho i brividi. Ho addosso solo una felpa sottile e un paio di shorts. Le probabilità che ci sia del brutto tempo qui, sono poche, ed ovviamente proprio al mio arrivo doveva arrivare una tempesta. Tempesta che dentro me è già in corso.

Ho evitato di rispondere ai messaggi e alle chiamate di Justin per tutta la settimana, per rendere più facile la mia presenza qui e riuscire a dirgli tutto quello che penso, per poi ritornare a Boston.

Da lontano sento tante voci, con il cuore che comincia a martellare più forte, mi alzo di scatto. Sono arrivati. Vedo perfettamente tutta la squadra avanzare verso di me, anzi, il dormitorio. Sono tutti euforici, contenti. Hanno vinto. Mi sudano le mani mentre cerco il volto di Justin tra tutti. I ragazzi mi passano affianco, qualcuno mi squadra dalla testa ai piedi, altri restano indifferenti. E poi finalmente vedo Justin. Un suo amico lo sta facendo ridere, ancora non si è accorto della mia presenza. Stringo le mani in pugni per darmi forza, mentre continuo a fissarlo. Non devo piangere. Quando Justin mi vede, a pochi metri da me ormai, si blocca sui suoi passi ritornando serio. E' sorpreso di vedermi. Fa cadere ai suoi pedi il borsone che stava portando sulle spalle e viene verso di me.

Mi sorride. "Faith, cazzo" mi prende il volto tra le mani e subito cerca di baciarmi, ma più veloce di lui giro il volto, non permettendoglielo. E' già difficile così. "Hey" mi volta verso di lui preoccupato, guardandomi intensamente negli occhi, ma abbasso di nuovo lo sguardo. Questa volta non riesco a reggere i suoi occhi. Intanto il resto dei ragazzi che stanno entrando ci guardano e prendono in giro Justin, che sembra non importargli. Vede solo me. "Faith m-mi dispiace per quello che ho fatto" mette una mano sulla mia guancia. Seppur io continui a non guardarlo, non smette di parlare. "Senti, so di aver sbagliato, di averti delusa, ma non ricapiterà più, te lo prometto" scuoto la testa mentre una lacrima comincia a rigarmi il viso. Non credo ad una sola parola che ha detto. Sono troppo distrutta dentro. Ho perso ogni speranza su questa relazione. La verità è che l'episodio con Steve è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sta diventando tossico questo nostro rapporto, proprio come disse Jess. Ci stiamo facendo solo del male. Non ha senso andare avanti e ferirci a vicenda, finiremo solo col distruggerci completamente.

Justin cerca di asciugarmi le lacrime, ma evito ancora un contatto con lui. "Se..." abbasso la testa ingoiando a fatica la saliva. Tiro su col naso ed alzo lo sguardo su di lui, con la vista appannata dalle troppe lacrime che vogliono scendere lungo il mio volto. "Se quella mattina non fossi venuta all'aeroporto, saresti mai venuto a cercarmi?" riesco finalmente a dire, riferendomi al giorno della sua partenza, quando io l'avevo lasciato, ma poi avevo deciso di dare un'altra chance al nostro amore, andando appunto all'aeroporto per cercare di parlargli prima di salire sull'aereo.

Justin mi guarda confuso. "Dove vuoi arrivare?" chiede estremamente calmo, evitando la mia domanda, non ritenendola importante forse.

"Andiamo a sederci su quella panchina?" domando indicandola. Justin annuisce e scende tre scalini che aveva fatto prima per raggiungermi, e calcia la sua borsa, fermandola vicino la panchina, dove ho chiesto di andare. Si siede e mi guarda, mentre faccio la stessa cosa, mettendomi all'estremità della panchina, mentre lui è seduto al centro. Mi volto verso di lui, con una gamba incrociata e rabbrividisco al contatto freddo del ferro, essendo a gambe nude. Justin non smette di guardarmi, cerca di capire il mio comportamento, ignaro della decisione che ho preso. "Allora?" faccio prima un lungo respiro, prima di insistere sulla domanda che gli ho fatto prima. "Avresti mai messo piede a Boston?" lo guardo mordendomi il labbro superiore e giocando nervosamente con le mie mani.

SAME OLD LOVE 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora