PETER PAN

43 4 1
                                    

“Fabbrì ma a te non ti viene mai voglia di ritornar bambino? Sai, vivere spensieratamente e divertirsi, lasciando perdere per un po’ questa realtà e immergerci nel mondo fantasioso dei bimbi.”
Era una domanda che di certo non si aspettava, ma sorrise e gli carezzò il braccio, posando la testa sulla sua spalla, chiudendo per un istante gli occhi.
“Si qualche volta. Quando guardo i miei figli giocare, correre per casa penso a quanto sarebbe bello tornare ad essere così spensierati, deve essere una bella sensazione.”
Ermal sorrise e intrecciò tra le dita una ciocca di capelli del romano, che sospirava e annusava il profumo di menta che proveniva dalla sua camicia blu.
“Che ne dici se per un po’ torniamo bambini? Non ridere, dai..  dico davvero. Possiamo andare al parco giochi, rincorrerci, dondolarci sull’altalena e andare sugli scivoli. Voglio riprovare l’ebbrezza dell’infanzia. Alziamoci  e usciamo, facciamolo!”
E così si alzò dal divano e porse la mano a Fabrizio che divertito si alzò e scosse la testa, sorridendo. Indossò la sua giacca e uscirono assieme dall’abitazione, incamminandosi verso il parco. Era una bella giornata, soleggiata ed era perfetta per godersi momenti di assoluta spensieratezza, senza temere il giudizio della gente che magari avrebbe riso di loro. Ermal non aveva vissuto a pieno la sua infanzia, che era stata turbolenta a causa delle vicissitudini familiari che lo avevano portato a maturare in fretta, oltrepassando la fase infantile e diventar un uomo.  Voleva riscoprire la gioia di essere un bambino, di vivere senza aver paura di nulla, di volare con la fantasia e sognare più forte che mai.
Arrivarono al parco e Ermal corse a sedersi sull’altalena e il romano gli fu subito dietro, per dondolarlo. Il riccio si librò in aria, col sorriso raggiante dipinto sul volto e anche Fabrizio voleva volare con lui, e si sedette all’altra, sbilanciandosi e librandosi in aria, con la testa all’indietro mentre una scia di vento sferzava i loro volti luminosi. Restarono a lungo a dondolarsi, e poi salirono sugli scivoli, ridendo e scambiandosi di tanto in tanto piccoli baci, innocenti. Erano così felici, e innamorati. Non c’erano pensieri, c’erano soltanto loro e la parte bambinesca che li faceva sentire vivi, e si godettero la freschezza di quei momenti indimenticabili.
Era pomeriggio inoltrato quando stanchi e contenti decisero di ritornare, a casa. Fabrizio strinse la mano di Ermal e lo baciò sulla punta del naso e poi sulla bocca.
“E’stato bellissimo. Grazie amore mio per avermi fatto ridere, per avermi ridato l’infanzia. Tu più di chiunque altro meriti di sentirti così, spensierato e felice. Innamorato di questa vita, e se ti fa stare bene possiamo tornare bambini ogni volta che lo desideri, io voglio renderti immensamente felice, e amarti ogni giorno di più. Sei il mio piccolo ricciolino, il mio Peter Pan.”
Ermal era senza fiato, e senza parole per la prima volta in vita sua. Quell’uomo era sceso come manna dal cielo e lo aveva salvato da sé stesso, gli aveva ridato quella felicità mancata, quell’amore tanto agognato negli ultimi tempi. Lo baciò sugli angoli della bocca e gli scompigliò i capelli, teneramente.
“E tu sei e sarai sempre il mio Fabrizietto, con un’anima candida e innocente come quella di un bambino che non è  mai cresciuto. La ragione dei miei sorrisi, sei tu.”

DISAGIO #METAMORO PT.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora