AMORE PURO

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Finalmente si era deciso ad andare sotto casa sua, a confessare i suoi sentimenti e per tutto il giorno si era arrovellato su quel che avrebbe potuto pensare il riccio, ma era stanco di rispondersi da solo, era stanco di aspettare. Era notte fonda quando arrivò a Milano, sotto casa sua.  Rimase inerme, ad osservare il balcone della casa, da cui si intravedeva una flebile luce, cenno che era ancora sveglio.
Si fermò sulla soglia pronto per suonare il campanello, quando sentì dei tuoni che lo fecero rabbrividire. Si allontanò e in poco tempo si ritrovò bagnato fradicio dalla testa ai piedi. Si morse il labbro nervosamente, e si riavvicinò al  campanello, allungando il dito ma qualcosa dentro di sé lo frenava ogni volta che tentava di suonare, di immaginare Ermal mentre gli apriva la porta con quel candido sorriso che lo aveva fatto innamorare. In preda al panico se ne restò sotto casa del riccio, senza riuscire a trovare la forza di suonare, di annullare ogni suo pensiero, di affrontare la realtà ma aveva troppa paura, e come uno stupido non ebbe il coraggio di oltrepassare quella soglia. Per tutta la notte restò fermo sotto la pioggia prorompente, e il freddo gli raggelò le ossa, aveva mal di testa, e combatté quasi tutta la notte, finché ad un certo punto le forze gli vennero a mancare e svenne sotto la casa del riccio.
All’alba Ermal si svegliò, e come di sua consueta abitudine si affacciò al balcone per fumare la sua sigaretta mattutina, aveva spiovuto e una leggera brezza gli accarezzò il volto,e scompigliò i suoi riccioli. Chinò lo sguardo verso il basso e aggrottò la fronte nel vedere qualcuno steso a terra, e una strana sensazione gli attanagliò lo stomaco. Buttò via la sigaretta, e dopo aver indossato una giacca scese di corsa sotto casa sua e riconobbe Fabrizio. Provò a chiamarlo più volte ma il moro non si svegliava, scottava, e lo portò dentro, facendolo stendere sul letto. Si affrettò a poggiare una pezza bagnata sulla fronte, gli mise una coperta in più addosso e gli preparò una cioccolata calda. Si sedette accanto a lui finché il romano non aprì gli occhi e guardandosi intorno, sussurrò flebilmente il nome del riccio
“Ermal..”
Il riccio gli sorrise e lo baciò sulla fronte, aiutandolo a sedersi e gli porse la cioccolata calda, che il moro prese a sorseggiare.
“Fabbri mi dici che ci facevi sotto casa mia? Non potevi suonare invece di prendere freddo?”
Il romano sentì un tepore sulle guance, e si chiese se fosse dovuto alla febbre o al motivo per la quale lui si trovava li a Milano ed era rimasto stupidamente sotto la pioggia per tutta la notte. Ma decise che era giunto il momento di denudare la sua anima, di dirgli quel che provava senza pensare alle conseguenze, ma era stanco di reprimere quel sentimento che covava dentro di sé.
“Ermal devo dirti na cosa molta importante. Ecco tu.. me piaci. Ceh, me so innamorato.”
Il riccio era contento di sentirselo dire, aspettava quel momento da un po’ e finalmente il suo sogno si era realizzato e pensare che Fabrizio si era fatto tanta strada per dirgli quello che provava, lo rincuorò.
“E hai aspettato tutta la notte per dirmelo? Sei proprio pazzo. Avevi paura? Non devi, perché anche io sono innamorato di te, Fabrizio. E aspettavo il momento giusto per dirtelo, ma sei arrivato tu e hai espresso quello che volevo cercare di dirti da tempo. Adesso sei qui, ed io mi prenderò cura di te finché non ti riprenderai. Adesso riposa un po’. Io resterò accanto a te, Fabrizietto.”
Così il romano si distese sotto il letto, poggiando la tazza ormai vuota sul comandino e chiuse gli occhi, lentamente, rannicchiandosi su sé stesso. Ermal si allontanò soltanto un istante per portare la tazza in cucina, e poi tornò in camera, e lo osservò mentre dormiva e gli parve un angelo. Era un’anima pura e innocente, ed era contento di  essersi innamorato di quella bella persona, sopravvissuta al dolore. Gli accarezzò il volto, e un sorriso da ebete aleggiò sulle sue labbra rosee. Era un bel momento, gli unici suoni presenti erano i  battiti dei loro cuori che battevano all’unisono. Voleva baciarlo sulle labbra, sugli occhi, sul collo. Ovunque ma decise di lasciare che si riprendesse, che per quello ci sarebbe stato tempo.
Trascorsero almeno due ore da quando Fabrizio si era addormentato, e lui era rimasto seduto accanto a lui a leggere un buon libri, in assoluta tranquillità anche se qualche volta scostava lo sguardo per posarlo su di lui.  Stiracchiò le braccia e posò il libro sul comodino quando un urlo lo fece trasalire. Fabrizio aprì gli occhi e stava piangendo, il battito del suo cuore era accelerato ed Ermal gli strinse la mano, stringendolo a sé, massaggiandogli la schiena, dolcemente.
“Ehi tranquillo, era soltanto un brutto sogno. Sono qui con te, sta tranquillo.”
Il romano poco a poco riprese a respirare regolarmente e lo guardò negli occhi, tremante e si strinse a lui come se potesse svanire da un momento all’altro
“ho sognato di averti perso. Che tu te n’eri andato, lasciandomi da solo. Ho avuto così tanta paura”
Ermal lo baciò sulle guance inumidite dal pianto e lo guardò sorridendo, e prendendogli il volto tra le mani
“non mi perderai mai, io ti amo e resterò al tuo fianco sempre. “
E si calmò a quelle parole e annullò le distanze delle loro labbra, baciandolo dolcemente, impregnando quella bocca d’amore, un amore puro come le loro anime.

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