SCATTI RUBATI

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Quella mattina di mezza estate, il sole riscaldava la città, dove un giovane fotografo passeggiava tra le strade a scattare foto ai passanti, ignari di essere immortalati. Roma era così bella, ancor più dal vivo. Il giovane Ermal tra tanti posti aveva scelto proprio quella città, perché lo ispirava e senti va che la città gli avrebbe regalato qualche sorpresa, ed non aveva tutti i torti perché una frazione di secondo bastò a cambiare la sua giornata, rendendola ancor più soleggiata. Tra gli ultimi scatti c’è n’era uno che lo aveva particolarmente colpito, ossia un uomo con un’espressione burbera, e degli occhi intensi marcati da profonde occhiaie. Esaminò la foto più volte, soffermandosi su ogni minimo dettaglio, vide le braccia scoperte dell’uomo dipinte di inchiostro colorato, che indossava una camicia di jeans leggermente sbottonata che lasciava intravedere il petto ricoperto anch’esso da tatuaggi. Ingrandì la foto e il suo sguardo si posò sulle labbra carnose del romano che era intento a fumarsi una sigaretta, e il riccio si sentì sopraffare da una abnorme quantità  di emozioni inspiegabili,mai provate finora. Voleva conoscere quell’uomo, a tutti i costi, anche al costo di farsi tutta Roma a piedi. Il sole batteva forte e decise di ripararsi dal sole andando in un bar. C’erano dei tavolini allestiti all’esterno del locale con degli ombrelloni e si sedette, poggiando la fotocamera sul tavolo e in attesa della cameriera. Intanto poco più in la sedeva l’uomo della fotografia che era in compagnia di due bambini, i suoi figli, Libero e Anita. Quella che teneva tra le dita era la seconda o la terza sigaretta di quella mattina, afosa. Era grondo di sudore e se avesse potuto si sarebbe tolto la camicia ma ciò  non era possibile e quindi doveva resistere, e starsene buono ad aspettare il caffè. Nervosamente si alzò per sgranchirsi un po’ le gambe e richiamare l’attenzione che  si era avvicinata ad un tavolo dove stavano servendo e in quel momento il riccio si alzò, e si avvicinò alla piccola regalandole un sorriso, che lei ricambiò in tutta la sua dolcezza. Fabrizio si stava avvicinando a sua figlia quando arrivò la cameriera con il caffè che aveva ordinato e lui senza accorgersene con un gesto della mano lo rovesciò addosso al giovane che imprecò qualche parola in dialetto barese e si mordicchiò il labbro. La ragazza tornò dentro al bar per preparare un altro caffè scusandosi per l’accaduto e rimasero a guardarsi, dritto negli occhi. Il romano era nervoso ma allo stesso tempo desolato per aver sporcato la camicia azzurra del riccio e per un po’ si soffermò sul volto  etereo di quel ragazzo. Alcuni riccioli gli ricoprivano gli occhi nocciola, e si soffermò sul contorno di quelle labbra sottili e rosee che si stava mordicchiando. Ripresosi dal suo stato di trance cercò di scusarsi col ragazzo senza utilizzare il linguaggio dialettale a cui era abituato, solitamente.
“Scusami tanto per averti rovesciato il caffè addosso. Come potrei sdebitarmi?”
Il riccio seppur sconsolato per la sua camicia nuova completamente inzuppata allargò le labbra in un sorriso docile e gli porse la mano
“Non preoccuparti. Io mi chiamo Ermal,e tu invece? “
Il romano era rimasto nuovamente imbambolato dal fascino del riccio,e quel nome che risuonava nell’aria arrivò dritto al suo cuore,che batteva a mille.
“Mi chiamo Fabrizio. Comunque dico davvero, cosa posso fare per risolvere questo guaio?”
Ermal non voleva assolutamente nulla, se non scattargli una foto e custodire quel bel volto nella sua mente e nel suo cuore. Forse la sua proposta era un po’ azzardata ma le parole fluttuarono armoniosamente nell’aria, lasciando il romano di stucco.
“Potresti sorridere per me. Vorrei scattarti una foto, se non ti dispiace.”
Fabrizio annuì e vide il riccio prendere la macchina fotografica dal tavolino e posarla dinanzi al suo volto, pronto a scattare. Non sorrideva sempre, se non con i suoi figli ma per quel ragazzo lo avrebbe fatto molto volentieri, e un sorriso da ebete si spiazzò sulla sua faccia, illuminando il volto del riccio che scattò più di una fotografia, avvertendo un brivido sulla schiena.
“Ti ringrazio Fabrizio per aver esaudito questo mio desiderio. Adesso è meglio che torni in albergo e indossare qualcosa di pulito, è stato un piacere conoscerti.”
Stava per andare via quando il romano si fermò dinanzi a lui, tirandosi nervosamente alcune ciocche di capelli.
“Senti, è colpa mia  se te sei ridotto così, quindi vieni a casa mia, e puoi restarci quando vuoi.”
Certo era una proposta del tutto imprevedibile,ma c’era qualcosa in quel giovane ragazzo che lo invitava a tenerlo più vicino a sé, fremeva dalla voglia di approfondire la sua conoscenza. Anche il riccio era rimasto sorpreso,ma era molto contento di aver incontrato quel romano, che apparentemente gli era sembrato un burbero ma che invece nascondeva ferite che lui riusciva a percepire dietro quello sguardo lucido.
Così si diressero verso casa di Fabrizio con i due figli che avevano simpatizzato con Ermal, e una volta arrivati nell’abitazione il romano lo invitò nella sua camera da letto. Da poco si era lasciato con la sua compagna e adesso abitava in una casa tutta sua, con i suoi due figli. Non aveva invitato nessuno in quella casa, ma Ermal non era uno qualunque, aveva qualcosa di speciale, qualcosa che li accumunava e doveva scoprire un po’ della sua storia, doveva assolutamente saperne di più di quell’angelo  che gli stava cambiando la vita in così poco tempo. Ermal si tolse la camicia e restò a torso nudo in attesa che il romano gli prestasse qualcosa da indossare, e notò l’espressione del romano, che lo stava fissando come se avesse visto la cosa più bella del mondo.
“Se continui a guardarmi così, mi consumerai tutto! Fabrizio potresti darmi qualcosa da indossare?”
Il romano diventò paonazzo e si affrettò a prestargli una sua t-shirt nera con la scritta la libertà è sacra come il pane e si ricompose, letteralmente in imbarazzato per aver guardato quel corpo magro ma bello, come se fosse una bistecca. Lo invitò a sedersi sul letto e si sedette al fianco del riccio che gli rivolse uno sguardo intenso, allungando le labbra in un sorriso
“Sei molto bello quando sorridi Fabrizio.”
Questo il romano non se lo aspettava, e si ritrovò a sfiorare la mano del riccio che fece lo stesso, intrecciando la sua mano in quella tatuata del romano. Voleva baciarlo in quel momento, assaporare quelle labbra carnose ma sentiva che non doveva farlo, soprattutto con due bambini in giro per casa, così rimasero a guardarsi come due bambini innamorati, con le loro mani intrecciate e le loro labbra separate da un centimetro di distanza.

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