16 MARZO

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Era una giornata uggiosa ma decise di uscire, avvertiva dentro di sé una sensazione indescrivibile e sentiva che doveva incamminarsi verso il suo luogo preferito, a visionare quel mare che lo rasserenava in qualsiasi momento. Era quasi giunto al suo posto quando vide un uomo seduto alla panchina dove sedeva lui solitamente che sbuffava del fumo. Indossava una giacca verde scuro, che gli arrivava alle ginocchia e i capelli erano scompigliati, come se li avesse spettinati con le mani. Un po’ gli infastidì la presenza di quell’uomo perché gli aveva “rubato” la sua panchina, quella dove lui si sedeva quando sentiva il bisogno di starsene in silenzio a godersi quella visione paradisiaca. Sbuffò e gli si sedette accanto a qualche metro di distanza, catturando l’attenzione dell’altro che lo guardò dritto negli occhi e un brivido di espanse lungo il corpo.  Restò a fissarlo con un’espressione intontita e ciò fece ridere lo sconosciuto che dopo aver visto la serietà del riccio, tentò di scusarsi.
“Non volevo ridere di te, scusami. E ‘che c’avevi na faccia da pesce lesso. Comunque io so Fabrizio, tu?”
Era leggermente imbarazzato, ma era così affascinante che ne era rimasto ammaliato da quel misterioso romano. Sospirò e accennò un sorriso, porgendogli la mano per presentarsi
“scusami tu, non dovevo fissarti. Io mi chiamo Ermal.”
Dopo essersi presentati presero a interloquire, parlando del più e del meno trascorrendo quelle ore a contemplare il mare, sbuffando fumo che si disperse nell’aria. Una sottile scia di vento sferzò i loro volti facendoli rabbrividire nello stesso momento e risero piacevolmente, avvicinandosi sempre più.
Agli occhi di Ermal tutto si era fermato, c’era soltanto lui e quel romano dall’aria apparentemente burbera ma con un sorriso immenso che ti fa sciogliere il cuore. Era contento di essere lì, di aver ascoltato quella sensazione che sentiva dentro sé quella mattina, il destino aveva voluto che incontrasse quell’anima così pura e bella come Fabrizio. Non era un amante di tatuaggi, ma se lo fosse stato, avrebbe tatuato quel giorno sul polso, quel giorno che avrebbe stravolto la sua vita amorosa.
Si alzò dalla panchina e stiracchiò le braccia, non sapendo cos’altro dire, voleva starsene in silenzio per un po’ sommerso dai suoi pensieri e voleva ascoltare quel cuore ballerino, che sussurrava il nome del romano. Cos’era quell’emozione che stava provando con Fabrizio? Non riusciva a descriverla, ma era così immensa che senza rendersene conto tornò a fissarlo e si strinse a lui prendendolo per il colletto della camicia di jeans posando le labbra su quelle ruvide del romano.
L’altro non si distaccò, anzi proseguì quell’incontro intrecciando le loro lingue in una danza sensuale, bramandosi per un po’, ritrovandosi poi con il respiro affannato. Le guance di Ermal si erano tinte di rosso e si morse il labbro timidamente, non sapendo come comportarsi dopo quello che era appena successo. Il romano smorzò la tensione, sorridendo e accarezzandogli il volto delicatamente
“le tue labbra sono squisitissime. Chissà se anche il resto è così saporito.”
Non avrebbe lontanamente immaginato che uno sconosciuto potesse provocargli un’erezione pulsante, minacciosa di uscire. Ad un tratto si sentiva così stretto e necessitava di correre in bagno a masturbarsi per placare i suoi ormoni impazziti. Erano trascorse poche ore da quando si erano conosciuti e già spazientiva nell’attesa di masturbarsi, a causa di quel romano così esplicito nel parlare.
“Ehm Fabrizio, se non ti dispiace necessito urgentemente di andare in bagno. Magari ci incontriamo un’altra volta, eh?”
Il romano distolse lo sguardo dal volto del riccio e lo puntò sul cavallo dei jeans e rise, e quel contatto visivo provocò qualche problemino anche a lui
“eh me sa che devo annà anche io. Se vuoi te aiuto io”
Che diamine! Ermal si sentiva bruciare in ogni parte del corpo, e non ne poteva più. Si limitò ad annuire, deglutendo la saliva e si incamminarono verso un locale chiudendosi in bagno, e privandosi in pochissimo tempo dei vestiti. Fabrizio lo spinse verso il muro e lo baciò con foga, e con delicatezza entrò dentro il riccio, facendolo gemere.  Scoparono silenziosamente in quel bagno, gemendo dall’eccitazione. Quando entrambi arrivarono al culmine Ermal guardò Fabrizio e sorrise, mordendogli il labbro inferiore e staccandosi da lui dopo un po’.
“E’stato.. bellissimo!”
L’altro annuì, e si rese conto che per la prima volta non era solo sesso ma c’era qualcosa di più che gli impedisse di stroncare quella relazione, era innamorato di quel riccio e voleva vivere intensamente la propria vita accanto a lui, voleva conoscerlo più a fondo e innamorarsi sempre di più. Aveva paura che Ermal non potesse provare lo stesso sentimento ma un po’ ci sperava, perché in quella giornata uggiosa lui aveva dato un senso alla sua esistenza.
“Me sa che me so nnamorato. Scusa se so diretto, ma cazzo m’hai fatto perdè la testa dal primo momento in cui t’ho guardato dentro l’occhi.”
Il riccio poggiò la testa sulla spalla nuda del moro e sorrise dolcemente, contento di essere li in compagnia di Fabrizio, contento di sentirsi dire quelle parole.
“Anche io sono innamorato di te. Non voglio lasciarti mai più.. Bizio”
E il romano gli prese il volto tra le mani e lo baciò sugli angoli della bocca, beandosi di quel rossore accentuato che contrastava il colorito della pelle diafana del riccio e sorrise
“Non ti lascerò mai piccolè. M’hai rapito er core.”
L’amore è magia, è capace di trasformare una giornata uggiosa come quella, in una giornata d’estate col sole che brucia i loro volti eterei.  Un amore sbocciato il sedici marzo, su quella che sarebbe stata da adesso in poi la loro panchina.

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