HO PAURA

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Le paure, sono i mostri che padroneggiano la tua mente e la tua anima. Non  vogliono lasciarti da solo e sei costretto  a lottare contro di esse, ritrovandoti in bilico tra la realtà e l’irrealtà. Loro sono capaci di confonderti le idee, mettendo in subbuglio il tuo cuore e ogni parte di te. Quando ci sono loro, non riesci ad essere razionale, è come essere inghiottiti da un uragano dove c’è il vuoto più assoluto e ti confondono e ti sembra di essere all’interno di un labirinto. 

PAURA DEL BUIO
Ermal sin da bambino ha sempre avuto paura di ritrovarsi al buio, tutto solo, senza qualcuno a tendergli la mano. Ancora oggi che è un uomo adulto custodisce questa paura dentro di sé. Quante volte si è ritrovato a vagare nel buio più totale, sperando di intravedere al più presto una luce che gli illuminasse la strada? Spesso quello che più lo spaventa è il buio che tormenta la sua anima, viene risucchiato dentro l’oblio e non vede nulla, se non un volto crudele e due mani grandi che conosce fin troppo bene.. ed è in quel momento che vorrebbe che qualcuno spalancasse la porta e lo salvasse, illuminandogli la strada verso la libertà, verso quella pace che tanto desidera avere.
Ma poi accade che per un’improvvisa ragione, se pensa ad una certa persona si accende una piccola luce, che poco a poco diventa grande e lui riprende a respirare. Quella persona è Fabrizio Moro, il suo collega e amico, un amico davvero Speciale. Lui lo considera un principe romano che lo salva dalle intemperie che riguardano il suo struggente passato. I sentimenti che nutre per lui, sono così potenti che potrebbero illuminare l’intera città ma qualcosa nega che quella luce diventa così grande da fargli dimenticare qualsiasi cosa. Fabrizio non sa quello che prova Ermal, perché lui lo considera come un fratello, una persona sopravvissuta come lui  al dolore. Se solo guardasse oltre quello sguardo docile e quel sorrisone capirebbe realmente cosa si cela, quale grande sentimento è racchiuso nell’anima di Ermal.


IPOCONDRIA
Fabrizio quando è sul palco diventa un leone grintoso, capace di mangiarsi l’intero palco con quella voce roca e profonda che irradia di luce e amore i cuori di molte persone, eppure ogni volta prima di un’esibizione lui tutta questa grinta non c’è l’ha. Deve lottare contro sé stesso per sconfiggere la sua ipocondria. Ha paura di non essere mai abbastanza, di fare qualcosa che rovini la serata o se ha un colpo di tosse o uno starnuto è capace di ingigantire la cosa, rendendola un dramma. La paura di perdere la voce, di avere un malore è qualcosa così difficile da tenere a bada. Ma non soltanto durante i concerti, anche nella sua quotidianità spesso l’ipocondria lo assale e come un forsennato per qualsiasi cosa, anche la più banale, va a controllare i sintomi su internet  o gli effetti di un determinato medicinale  per stare bene.
Vorrebbe non essere così ipocondriaco, vorrebbe sconfiggerla la sua ipocondria e qualche volta ci riesce, pensando ad un volto così etereo che lo rasserena, placando le sue ansie.  Quel volto così bello come un principe di una Terra lontana, che si chiama Ermal Meta. Vorrebbe dirgli quanto sia importante per lui quel ricciolino, ma non ne ha il coraggio. Ha così tanta paura di rovinare un’amicizia così importante, e non vorrebbe mai perdere la persona che riesce a mettere fine anche per un solo momento, alla sua ipocondria.


ERMAL:
E’ una giornata estiva, fuori c’è un sole che bacia i belli e lui ha un’’aria serena. Dopo aver fatto colazione, e essersi fatto una doccia entra nella sua stanza, accendendo lo stereo e in quel momento passa una canzone di Michele Bravi, In bilico e un po’ lui ci si ritrova dentro quel testo così bello e intenso. Indossa un paio di jeans e una t-shirt nera e dopo aver sistemato i suoi riccioli esce dalla stanza e decide che magari Fabrizio è nei dintorni e vuole prendersi un caffè in sua compagnia, almeno pensa. Così prende il cellulare che ha lasciato su un tavolino di vetro nel salone e lo chiama, sorride nel leggere come lo ha salvato in rubrica, Bizio. Soltanto lui lo chiama in quel modo ed è così bello che lo urlerebbe a squarciagola quel nome. Il romano gli risponde dopo qualche minuto e nel sentire la sua voce, un brivido gli attraversa la schiena.
“Bizio ti andrebbe di uscire con me? Voglio dire, andare a prendere un caffè?”
Il romano sorride come un ebete quando sente quella domanda, gli da tanto di un appuntamento romantico ma scrolla quei pensieri dalla mente e si affretta a rispondere
“volentieri, te posso offrì io un caffè e poi annamo in albergo, te va bene?”
Ermal sorride nel sentirlo parlare in dialetto, non è cambiato di una virgola dall’ultima volta in cui si erano sentiti, era sempre il solito Fabrizio. Raramente parlava in italiano, non che non lo sapesse parlare ma gli veniva spontaneo parlare in romano ed Ermal ci si è abituato, tanto da prenderlo in giro. Si prospettava una bella giornata, in compagnia del romano e non vedeva l’ora di incontrarlo e abbracciarlo. E’ sempre stato “allergico” al contatto fisico, dovuto al suo passato ma con Fabrizio è tutto così diverso, anche riguardo ai capelli. Dagli altri non se li faceva toccare per nulla al mondo, lo innervosiva, ma se si trattava di Bizio, andava tutto bene.
“Certo, allora tra mezzora ci vediamo al bar vicino casa mia. Mi raccomando, puntuale!”
E così dopo essersi salutati da un’ultima sistemata ai capelli, si profuma ed esce di casa, indossando gli occhiali da sole. Quando arriva al bar, lo intravede da lontano e un sorriso sornione compare sul suo bel viso. E’ entusiasta all’idea di trascorrere una mattinata in compagnia di Fabrizio e si avvicina mentre il romano con un sorriso sulle labbra lo accoglie a braccia aperte.
“Che bello vederti ricciolè. Me sei mancato.”
Ermal lo guarda negli occhi, anche se Fabrizio non può fare lo stesso visto che ha gli occhiali da sole, e guardandolo imbronciato, il riccio porta gli occhiali sulla testa e sorride.
“Scusami eh, ma questo sole è forte e non vorrei diventare cieco.”
Si guardano per un tempo che sembra infinito e poi si siedono ad un tavolino allestito in un gazebo all’esterno del bar. I due per un po’ continuano a fissarsi come due innamorati quando finalmente Ermal decide di rompere quel silenzio e intraprendere una conversazione in attesa che arrivi il caffè.
“Allora Bizio, cosa mi racconti?”
Intanto Fabrizio si è acceso una sigaretta e la lascia penzolare sulle labbra, e dopo aver inspirato un po’ di fumo, gli risponde.
“Mah che te devo raccontà? Il solito, firma copie, tour, casa. La solita routine, l’unico momento de pace me lo godo coi figli miei. Tu invece che me dici? Sei diventato più bello dall’ultima volta che c’è semo visti.”
Ermal arrossisce un po’ e vorrebbe rimettersi gli occhiali da sole, ma non lo fa. Con coraggio lo fissa negli occhi e risponde alla sua domanda, con tranquillità.
“Perché prima ero brutto? Famme capì. Io non ho niente da raccontarti, il lavoro è quello che mi mantiene sveglio anche di notte, qualche volta e poi quando ho del tempo libero, lo trascorro ad ascoltare musica o leggere un libro.”
Il romano ride alla sua battuta e nel frattempo arriva il caffè. Mentre sorseggiano, in assoluto silenzio Fabrizio continua a fumare la sua sigaretta prima di riprendere a parlare.
“No sei sempre bello, sta tranquillo. Te sei abbronzato, un po’.. Te sta bene un po’ de colore, e non me guardà così, o sai che scherzo.”
Ermal lo fulmina con lo sguardo ma lo sa che il romano scherza sul colorito della sua pelle e lui fa lo stesso con la sua età, ricordandogli di quanto sia più anziano.
“Ora che c’è penso, hai un capello bianco in testa, o so due o tre? Me stai a diventà vecchio Fabbrì, però.. sei bello lo stesso.”
Fabrizio sbuffa e ispira per l’ultima volta una boccata di fumo prima di gettare il mozzicone nel posa cenere. Quanto gli erano mancate quelle chiacchierate, quelle risate. Essere lì assieme a Ermal rende tutto molto più raggiante, e non c’è nessuna traccia della sua ipocondria.
Restano seduti al tavolino anche dopo aver bevuto il caffè, parlando del più e del meno e dopo aver pagato il conto, Fabrizio invita Ermal ad andare in albergo.
Una volta arrivati, chiamano l’ascensore. Le loro mani quasi si sfiorano ma nessun contatto, un centimetro di distanza e potrebbe accadere l’impensabile. Ma invece entrambi si trattengono e quando arriva l’ascensore, entrano silenziosamente. Fabrizio tasta il pulsante del quarto piano, e guarda il suo riflesso allo specchio e vede la faccia di Ermal, un po’ arrossata e lo vede mordicchiarsi il labbro. Quanto vorrebbe avvicinare la sua bocca su quella del riccio e baciarlo, lo desidera da così tanto tempo che non vuole più aspettare, ed è sul punto di rompere quella distanza, quando un tonfo li spaventa. L’ascensore di colpo si è fermato, e si spegne anche la luce.. e i due si ritrovano all’improvviso intrappolati nel loro oblio dove le loro paure affiorano silenziosamente.

FABRIZIO:
Il sole cocente risplende su tutta la città e dopo essersi fatto una bella doccia decide che è il momento di vestirsi e magari approfittare di quella giornata e fare un po’ di jogging anche se in cuor suo vorrebbe fare altro, con una certa persona. E come se le loro menti fossero connesse il cellulare incomincia a vibrare e vede il nome sullo schermo del cellulare “ricciolè”, così lo aveva salvato in rubrica. Dopo essersi asciugato i capelli gli risponde guardando fuori dalla finestra della stanza quella bella città.
“Ricciolè da quanto tempo. A cosa devo questa telefonata?”
Ermal è contento di sentirlo, e si affretta a rispondere, dicendogli se gli andrebbe di uscire a prendere un caffè. Sentirlo gli riscalda il cuore, il riccio ha una voce così angelica. Come se fosse rimasto sospeso nel vuoto resta in silenzio per qualche secondo prima di riprendere a parlare.
“volentieri, te posso offrì io un caffè e poi annamo in albergo, te va bene?”
Ha sorriso quando il riccio gli ha detto “Vuoi uscire con me?” sembrava tanto un appuntamento. Ma tra loro c’era soltanto una grande amicizia. Dopo aver chiuso la telefonata, ed essersi tolto l’accappatoio indossa dei jeans strappati e una t-shirt con la scritta La libertà è sacra come il pane. Indossa gli occhiali da sole ed esce dall’albergo, incamminandosi verso il bar dove dovevano incontrarsi. Lo intravede da lontano e si toglie gli occhiali perché vuole guardarlo negli occhi, quegli occhi così belli e intensi che lo hanno salvato tante volte. Lo stringe in un abbraccio e in quella frazione di tempo impregna le narici di quel profumo di vaniglia che proviene dai riccioli di Ermal. I due si siedono leggermente imbarazzati e rimangono a fissarsi senza dire nulla. Poi Ermal inizia a parlare e lui si accende una sigaretta mentre arriva il caffè. Lui si diverte a scherzare sul colorito della sua pelle, mentre Ermal sulla sua anzianità. E’ bello godersi nuovamente quelle battute, quelle risate così spontanee. I due sono senza filtri quando sono insieme, uno denuda l’anima dell’altro ed è così speciale quel rapporto, che un bacio cambierebbe ogni cosa, eppure Fabrizio desidera tanto poggiare le labbra su quelle del riccio fino a consumarle.
Dopo aver finito di bere il caffè rimangono un po’ seduti, mentre il sole si posa sui loro volti sorridenti e stanchi, e l’unica cosa che vorrebbe in quel momento è andare in albergo, nella sua stanza e baciarlo anche al costo di essere rifiutato. Fabrizio ha sempre amato il contatto fisico, ma con Ermal è diverso. Con lui è completamente sé stesso, non si vergognerebbe neanche delle sue paure, in sua compagnia. Perché Ermal e lui sono due sopravvissuti, e insieme possono combattere qualsiasi cosa. Quando arrivano in albergo, dopo essersi goduti un po’ di sole, chiama l’ascensore. Le loro mani quasi si sfiorano e vorrebbe intrecciare la mano in quella del riccio ma si trattiene, e intanto l’ascensore arriva. Guarda il suo riflesso allo specchio, ha due occhiaie da far paura e anche Ermal non scherza, ma quel sorriso che aleggia sul suo viso lo rende così bello e raggiante.
Lo guarda mordicchiarsi il labbro, cosa che vorrebbe fare lui ed è sul punto di poggiare le labbra su quelle di Ermal, ma entrambi sussultano quando sentono un tonfo. E poi il buio più totale..

ERMAL E FABRIZIO:
La paura inizia a salire sempre più su, i due si cercano in quel buio. Ermal trema e Fabrizio anche. Si siedono per terra nascondendo i loro volti. Hanno così tanta paura che non riescono neanche a parlare ma non possono rimanere senza parlare, quel silenzio è assordante. Fabrizio ha la voce che gli trema, l’ipocondria sta prendendo possesso della sua mente, ha paura di morire soffocato in quell’ascensore col suo amore proibito e forse pensa che sia arrivato il momento di svelare i suoi sentimenti, tanto prima o poi morirà, è quello che pensa.
“Senti Ermal, se dovessi morire.. voglio che tu sappia na cosa.. “
Ermal ha gli occhi chiusi, Fabrizio è seduto di fronte a lui, lo percepire dalla sua voce, vorrebbe tanto aprire quegli occhi ma il solo pensiero di aprirli e vedere quelle mani e quel volto che lo tormentano , lo spaventa.
“Tu non morirai Fabbrì. Noi usciremo di qui, sani e salvi. Ne sono convinto.”
Ma il romano non lo ascolta, è troppo preso dalle sue paure per credergli ma si sforza di rimanere lucido il più possibile e concentrarsi su quella voce e poi gli viene la brillante idea di usare la torcia del telefono  e riesce a illuminare la figura rannicchiata, che è Ermal.
“Ricciolè ho na paura tremenda, però se ci sei tu io sto più tranquillo. Sta maledetta ipocondria me fa sta na merda. Non riesco a respirà..
Ermal respira profondamente e apre gli occhi, lo vede e cerca di avvicinarsi a lui con l’aiuto della torcia. Entrambi sono sopraffatti dalla paura, ma il fatto di essere insieme mantiene la loro speranza di uscirne il prima possibile, accesa.
“Non preoccuparti Bizio, ci sono io adesso. Respira insieme a me.”
Fabrizio ci prova e non riesce, così Ermal stringe la sua mano e lo incita a fare come lui e poco a poco il battito del romano torna regolare. Il riccio ha freddo, e sente dietro di sé un’ombra pronta a colpirlo in quel buio ma Fabrizio lo guarda negli occhi e si decide a poggiare le labbra sulle sue. Lo bacia lentamente ma Ermal preme con forza le labbra su quelle di Fabrizio e intrecciano le loro lingue. Poco a poco le loro paure si dissolvono e si sentono al sicuro tra le loro braccia. Si baciano con dolcezza e poi rimangono stretti, non sapendo cosa dire. Ermal apre la bocca per parlare, e inizia a parlare della sua paura, quello che non lo lascia respirare quando è solo nella sua stanza o in qualsiasi altro posto dove manca la luce.
“Sai io ho una paura tremenda del buio. Nel nulla intravedo le mani e il volto di mio padre e ho quella sensazione che possa colpirmi da un momento all’altro. Quando ho paura, e sono solo, mi basta pensarti per riuscire a intravedere un po’ di luce e riprendere a respirare regolarmente. Questo bacio mi ha appena salvato dalla mia più grande paura, Bizio. Io.. credo.. di.. essermi innamorato di te.”
Fabrizio poggia la testa sul suo petto, continuando con gli esercizi di respirazione e prende a parlare, cercando di non tremare come una foglia.
“Succede anche a me, con la mia ipocondria. Se penso a te, io non ho così tanta paura. Mi sento al sicuro con te, volevo dirtelo da così tanto tempo ma non sapevo come dirtelo. Credevo che se avessi confessato i miei sentimenti tu mi avresti rifiutato, avevo così tanta paura di perderti. Penso che questo bacio abbia salvato entrambi. Io ti amo Ermal, te amo da quando avemo vinto Sanremo. Non volevo dirtelo in un momento così, ma forse è un segno. Dovevamo affrontare le nostre paure insieme, ed eccoci qui a combatterle.”
Ermal ci riflette un po’ su e pensa  che forse Fabrizio ha ragione, doveva succedere prima o poi di affrontare le proprie paure, assieme. Ora si sente così calmo che può tenere gli occhi aperti senza sentire o vedere quell’uomo che prende possesso della sua anima. Fabrizio è la cura del suo male maggiore e Ermal è la cura del romano, si sono salvati a vicenda.
Tornano a baciarsi e intanto ritorna la luce e l’ascensore torna a funzionare, ma i due sono ancora stretti in un abbraccio a consumare le loro labbra, mentre le loro paure come per magia sono svanite. L’amore è la magia più potente che ci sia, è proprio vero!

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