NON AVER PAURA MAI

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Svegliarsi al mattino e nascondere il viso sulla sua spalla, è una delle sensazioni più belle che ci siano al mondo. E’ bello poter restare accoccolato al suo petto per una manciata di minuti prima di iniziare un nuovo giorno, fatto di musica e sorrisi. In questi giorni sono stato molto impegnato, a causa del tour estivo e ciò mi ha portato ad allontanarmi dalla mia gioia più grande. Quando sono distante da lui, mi sento completamente vuoto, e le uniche emozioni che sento, riesco a trasmetterle soltanto con la musica. Io e lui siamo legati da qualcosa più grande di noi, il nostro è uno di quei legami indissolubili, almeno credo. Tra di noi raramente ci sono stati dei battibecchi, trascorriamo intere giornate quando c’è né la possibilità, ad amarci tra quelle lenzuola, impregnate dei nostri profumi. Ma da alcuni giorni quell’armonia che c’è  tra noi, è come se si fosse affievolita, a stento ci parliamo e ci guardiamo negli occhi. Qualcosa lo turba o probabilmente è una mia immaginazione, ma qualcosa sento che non va. Che lui non voglia parlarmene per non destare preoccupazione? Ma così tante volte l’ho intimato a rivelarmi qualsiasi cosa, che lo riguardasse, per poterla affrontare insieme. Ma lui non ne vuol sentir ragioni, non vuole addossarmi le sue angosce, i suoi pensieri, a causa dei miei problemi di ansia. Ma lui sa che io ci sono per lui, come lui c’è per me. E così mentre mi accingo a preparare a malincuore la valigia, lo fermo in cucina, mentre lui è intento a preparare la colazione e lo guardo dritto negli occhi, e intravedo una luce diversa dal solito, ha pianto e ha uno sguardo perso nel vuoto.
“Ermal mi dici cos’hai? Prima che me ne vada, voglio sapere cos’’è che ti affligge a tal punto da non rivolgermi quasi più la parola. C’è l’hai con me  perché me ne sto andando? Ma lo sai, vero che io ti penserò costantemente e che comunque ci terremo in contatto, no? Allora, potresti cortesemente dirmi cosa c’è che non va?”
E lui abbassa lo sguardo, mordicchiandosi il labbro come se volesse trattenersi dal piangere e delicatamente gli alzo il volto con le punta delle dita, ho bisogno di sapere cosa affligge il mio dolce amore, lui che è il sole in queste mura, anche se fuori piove. Dopo un tempo che mi sembra infinito, finalmente riascolto la sua voce melodiosa, anche se spezzata in questo momento da alcune lacrime che gli rigano le guance, ed io mi appresto a scacciarle col dito, pregandolo di sedersi a tavola, e così dopo esserci seduti accanto, stringo le sue mani affusolate nelle mie e lo guardo, dolcemente.
“Ho rivisto.. mio padre.. “
Adesso capisco. Quanto male gli abbia procurato, tanto da diventar l’ombra di sé stesso. So del suo passato, quanto dolore ha vissuto sulla sua pelle, sull’anima ma so anche di quanta forza egli si è fatto carico per alzarsi in piedi nonostante la giovane età e aiutare i suoi fratelli, e attaccare le ali dietro le ferite, per intraprendere il suo volo, verso la libertà. So quanto possa essere stato difficile per un ragazzino essere privato dell’amore di un genitore, di quanto questo gli abbia provocato una sofferenza abnorme, e al solo pensiero di quel che ha dovuto subire, mi brucia l’anima e percepisco quel dolore, che affligge anche me. Rivederlo dopo così tanto tempo, non gli ha di certo fatto bene, anzi lo ha ridestato dai ricordi passati che bruciano ancora, se ci ripensa. Lo stringo a me, e lo bacio affettuosamente tra i capelli, lasciando che il silenzio diventasse il protagonista di questi attimi. Ma devo pur dire qualcosa, non posso permettermi di andarmene sapendo che il mio Ermal non sta bene, ha bisogno di me.
“Amore mi dispiace tantissimo. Immagino ti abbia fatto tanto male, ma sappi che lui non potrà farti del male, ci sono io con te a proteggerti, anche se tu ci riesci benissimo da solo. Lui è soltanto feccia e tu non devi lasciare che ti faccia ancora del male, devi scacciar via la negatività, non lo rivedrai mai più, o se capiterà ti basterà affrontarlo a testa alta. Sai, se c’è una cosa che ho imparato dalle mie stesse paure, è che bisogna affrontarle, non nascondersi dietro dei bivi perché loro mi cercheranno e mi troveranno, sempre. Quindi adesso basta piangere, e usciamo a passeggiare un po’ tra le strade di questa città, e se dovessimo incontrarlo allora tu non dovrai  temere, io sarò al tuo fianco.”
E dopo avergli parlato, intravedo un flebile sorriso sul suo volto che mi rincuora. Non gradisco quell’espressione affranta sul suo volto, ma ora che sorride di conseguenza sorrido anche io. Non sono mai stato un grande parlatore ma quando si tratta di lui, sono capace di filosofeggiare e intraprendere conversazioni longeve. Lui è una parte di me, se non ci fosse, sarebbe come se mi mancasse un arto. E’ essenziale, è la cura dell’anima.
Così dopo aver mangiucchiato qualcosa, indossiamo le nostre giacche perché c’è un po’ di vento e usciamo di casa, lasciando che una scia di  vento ci sfiori il viso e ci stringiamo nelle giacche, tenendoci per mano. Gliela stringo fortemente, come se non volessi lasciarlo per un istante, anzi è così. Non vorrei separarmi da lui e cerco di non pensare al tour e ai chilometri che ci separeranno, voglio godermi a pieno questi attimi sfuggenti, intrisi d’amore sincero e puro. Mentre passeggiamo tranquillamente, si ferma all’improvviso e la sua espressione è contrita dal dolore, ha paura e io guardo avanti e lo vedo, il mostro, quello che porta lo stesso cognome di Ermal. L’uomo si avvicina a noi con un sorriso gioviale sulle labbra, che non mi incanta neanche un poco. Guarda prima me porgendomi la mano che io rifiuto e poi incastra gli occhi dentro quelli di Ermal che sono divenuti lucidi.
“Ciao Ermal, come stai?”
Quell’uomo mi fa così ribrezzo, vorrei tanto sferrargli un pugno in faccia, ma mi trattengo e mi astengo a guardarlo gelidamente, mentre Ermal respira profondamente, stringendo la mia mano con estrema forza.
“Non ti importa come sto, adesso sparisci dalla mia vista!”
Quel mostro si avvicina al mio ricciolino e cerca di sfiorargli il braccio, ma io mi paro davanti al mio uomo e lo guardo dritto negli occhi, serrando i pugni, non so per quanto potrò trattenermi dal non picchiarlo anche se non oserei utilizzare la violenza dinanzi ad Ermal, che non me lo perdonerebbe mai.
“Non osare toccarlo! Adesso vattene o giuro che chiamo la polizia!”
Ci guarda entrambi con disprezzo e fa per andarsene guardo rivolge un’ultima occhiata ad Ermal che si irrigidisce e poi si allontana, svanendo nel nulla. Io guardo il mio amore e lo stringo dolcemente tra le mie braccia, e lui si accoccola a me, lasciandosi andare ad un pianto incontrollabile. Non vorrei partire, ma purtroppo devo, è il mio mestiere. Torniamo a casa e lo faccio distendere sul letto, portandogli un bicchiere d’acqua e gli accarezzo il volto, finché ogni muscolo non si rilassa. Mi sdraio accanto a lui, e poggio la testa sul suo petto.
“Oggi hai dimostrato di riuscire a vincere le tue paure più grandi e in questo sei molto più bravo di me. Non aver paura mai amore mio, di non essere forte, di non riuscire ad abbattere i tuoi mostri, perché io ci sono e ci sarò sempre pronto a sorreggerti, come tu fai ogni volta con me. Ti amo, tanto.”
Ha gli occhi lucidi e dolcemente posa le sue labbra sulle mie, assaporandole e chiedendomi l’accesso ed io lascio che intrecci la lingua con la mia, e ci lasciamo andare ad una danza sensuale, dimenticando quel che è successo, e riprendendoci il nostro amore, lasciando la paura sotterrata nelle meandri delle nostre menti, e lasciamo che il nostro amore curi le nostre ferite aperte.

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