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L'indomani il porto gremito di persone somiglia ad un alveare brulicante. L'ape regina, in questo caso, è un ragazzo moro con una camicia gialla e un buffo cappello arancione: la folla, infatti, si apre lasciandogli spazio per avanzare. 

"Papà non mi ha parlato dei comandanti, ma sicuramente deve essere uno di loro" pensa Jade mettendo a fuoco il gruppo di persone sulla banchina. Improvvisamente la sua mano sinistra svanisce in una folata di vento nerastro. "Maledizione, non di nuovo, non ora!" Con un po' di concentrazione, la mano ritorna alle sembianze umane. "Maledetti Rogia!".

Il ragazzo si ferma a scherzare con degli scaricatori e Jade scorge un ingente numero di pirati al suo seguito. "Quello deve essere per forza qualcuno di importante, sembra troppo sicuro di sè!". 

Improvvisamente gli occhi vispi sopra alle lentiggini si volgono in direzione della ragazza: il presunto ufficiale toglie la mano dal proprio cappello e strizza un occhio in sua direzione.

 Il volto di Jade si infiamma e non può fare a meno di allontanarsi dall'angolo dietro al quale li stava spiando, iniziando poi a camminare in direzione della piazza principale della piccola città portuale

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 Il volto di Jade si infiamma e non può fare a meno di allontanarsi dall'angolo dietro al quale li stava spiando, iniziando poi a camminare in direzione della piazza principale della piccola città portuale.

"Mi ha visto, ho rovinato ogni cosa, ora come farò a salire su quella nave? Devo sbrigarmi, papà mi ha lasciato un lumacofono, devo recuperarlo e chiedergli come..."

"Vai da qualche parte, ragazza?

Il ragazzo dal buffo cappello ora si trova di fronte a lei e le sbarra la strada. Alza con l'indice la visiera e la scruta per un po', mentre Jade di nuovo arrossisce contro la propria volontà. 

"Ho

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"Ho...ho da fare..." lo supera con un passo e di nuovo si precipita in una marcia disperata verso la locanda. Il ragazzo ride e d'impulso la segue, affiancandola nella sua insolita passeggiata.

"Posso sapere il tuo nome?" chiede con un sorriso.

Jade di scatto cambia direzione e si porta verso la piazza più interna, lasciando perdere la marcia e iniziando a correre. Lui la osserva con disappunto e poi scoppia in una grossa risata.

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"Non può trovarmi qui dentro" finalmente pensa recuperando il respiro dopo la fuga dallo sconosciuto. "Papà crede in me, non posso deluderlo, non dopo quello che mi ha donato ieri. E poi andiamo, si tratta solo di una consegna."

Jade è seduta nella piccola chiesetta della cittadina, di fronte all'altare. Il fresco dell'ambiente le fa recuperare più in fretta la calma perduta. Si guarda la mano e volontariamente la tramuta di nuovo in una nube gassosa scura. "Chissà se riuscirò mai a diventare aria per intero..."

Dietro di sé nota un bagliore farsi più intenso e si volta: qualcuno sta accendendo a poco a poco tutte le candele della chiesetta. Osservando meglio lo riconosce: l'ha seguita fino a lì! Il ragazzo con il solito sorriso stampato in faccia preme l'indice sull'apice di ciascuna candela e come per magia quelle iniziano ad ardere.

"Anche lui ha mangiato un frutto..." pensa deglutendo un bolo pesante, mentre nasconde la mano ancora evanescente dietro alla schiena.

A poco a poco il presunto ufficiale si avvicina, fino ad arrivare alla panca dove è seduta Jade: si lascia cadere di peso al suo fianco e le rivolge uno sguardo interrogativo.

"Allora, carina..." sussurra protendendosi verso di lei "Posso sapere perché mi spii e poi scappi da me?"

Jade sbarra gli occhi: se n'era accorto eccome. Si volta di tre quarti e lo osserva, mentre lui si porta un indice sotto al naso con fare pensieroso. 

"È maleducazione non togliersi il cappello in un luogo di culto."

Questa volta le guance che si tingono di rosso non sono le sue. Sorridendo di nuovo, il ragazzo adagia il cappello nel posto lasciato libero tra loro e si scompiglia i capelli corvini con l'altra mano.

"Siamo pari, adesso?" chiede con sguardo indagatore.

Jade distoglie il viso dalla sua direzione e torna a guardare l'altare. Facendo schioccare la lingua sul palato, il ragazzo si volta assumendo una posa speculare alla sua.

"Tu non sei originaria di queste parti, vero?" 

La ragazza scuote impercettibilmente la testa in risposta alla sua affermazione. Non vorrebbe rispondere, ma involontariamente si volta dubbiosa in sua direzione.

"Questo posto è pieno di gente..." commenta senza distogliere lo sguardo dall'altare di fronte a loro "...eppure percepisco soltanto te tra gli altri."

Di nuovo le volge gli occhi, scrutandola con cipiglio. Questa volta Jade sostiene il suo sguardo con fermezza, senza nemmeno sbattere le palpebre.

"Il mio nome è Ace." scandisce arricciando la bocca da un lato in un sorriso sardonico.

"Portgas D. Ace", ripete lei nella propria testa. Stando a quanto lasciato scritto da suo padre era il secondo di Barbabianca, uno da affrontare con cautela e, se possibile, da evitare. Il volto della ragazza resta inespressivo di fronte a quella affermazione.

"Forse hai già sentito parlare di me..." insiste ammiccando, quasi sospettasse delle sue intenzioni.

"Ho sentito dire che hai dimestichezza con le Picche..." risponde Jade senza battere ciglio "Non ti sarà di troppo disturbo collezionare un Due in più nel tuo mazzo!"

Strizzando l'occhio sinistro si alza e poi si allontana, lasciando il ragazzo spiazzato su quella panca. Esce dalla chiesetta senza voltarsi, mentre alle spalle sente i passi frettolosi di lui in sua direzione.

"Aspetta!" si sente dall'interno "non mi hai detto ancora chi sei!"

Jade inizia a velocizzare il passo e ad entrare nel panico, ma mentre si volta per controllare la posizione del suo inseguitore sente il corpo dissolversi nell'aria. La sensazione di librarsi nel cielo libera dal vincolo della gravità la porta a sollevarsi da terra e osservare il ragazzo dall'alto, smarrito nel non trovarla più. "Meglio così, che fortuna..." pensa, ma in quel momento si rende conto di non essere in grado di padroneggiare quel potere. Non c'è più differenza tra l'aria che la circonda e l'aria che la costituisce, recuperare le proprie sembianze umane le sembra impossibile! "Ti prego, smettila, ma smettila lontano da qui!"

A poco a poco le sembra di allontanarsi verso il tetto di un edificio vicino e la sagoma di Ace si fa sempre più sottile e lontana, fino a quando non scompare dietro al parapetto di pietra dello spiazzo in cui atterra. Con un tonfo si ricompone, cadendo di peso sul pavimento del terrazzo. Una smorfia accompagna il dolore: "Questo è un livido sicuro, ma almeno non mi ha visto! Ora devo soltanto capire come scendere da qui..."



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