17.

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La cucina sul retro della pensione è ancora più piccola di quello che si aspettavano. Jade e Ace sono in piedi dietro al lavello, avvolti da una nuvola di bolle di sapone.
"Non iniziare!" la ammonisce, avendola vista pronta a dire qualcosa.

È la prima volta che gli succede: da bambino è sempre filato quasi tutto liscio, da adolescente andava persino direttamente sulle navi a rubare da mangiare. Ora, maledizione, arriva lei e, oltre a farlo tornare indietro, lo obbliga a dividere il conto e lavare i piatti?! Se qualcuno della sua ciurma avesse visto quella scena, l'avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

Cos'è questo suono che...? Si è messa pure a cantare?!

"Jade, per cortesia..." la ammonisce asciugando uno dei piatti che poco prima aveva lasciato imbrattato di sugo.
"Che c'è?!" chiede alzando gli occhi al cielo.
"Posso sapere perché diavolo siamo tornati indietro?! E smetti di cantare!"
"Perché è giusto, Ace, qui la gente si mantiene così..."
Se avesse saputo prima che sarebbero finiti a lavare i piatti insieme, ne avrebbe ordinati di più: vederlo impacciato, quasi schifato dal sudiciume che lui stesso aveva lasciato sulle stoviglie, era impagabile!
"Ora che ci penso, in realtà, dovresti finire di lavarli tu... Sono tutti tuoi!" gli dice.
"Ehi, non ti azzardare!" le risponde aggrottando le sopracciglia serio "Il carburante per la barca ce lo metto io!"
"Ma che...?"
"Strofina in silenzio!" taglia corto lui.
In tutta risposta, Jade si volta dandogli le spalle e inizia a cantare a voce più alta.

"Dio, papà, spero seriamente che tu sia nei paraggi e soprattutto che tu abbia una nave veloce per scappare... Non vedo l'ora di..." i suoi pensieri vengono bruscamente interrotti assieme alle note che stava producendo, quando si rende conto di un peso sulla propria spalla.
Con la coda dell'occhio scorge dei ciuffi di capelli scurissimi appoggiati tra i propri: Ace è in piedi, con il volto riverso su di lei e la fronte premuta contro alla sua spalla.
"Ehi!" dice, non ottenendo risposta.
Fa per spostarsi, ma sente quel peso seguirla, quindi si volta e lo prende per le spalle, chiamandolo.

"Ace...?"
In risposta una sonora russata annuncia che si è addormentato lavando i piatti, in piedi, su di lei.
"No, dai, non è vero!" commenta scuotendolo per le spalle, ma quello, ad occhi chiusi, continua a dormire.
Digrigna i denti con rabbia, pensando a quanti piatti mancano prima di potersene andare da quell'isoletta. E SONO TUTTI SUOI!
Vorrebbe svegliarlo immergendogli la testa nel lavello, ma riesce a controllarsi e decide di appoggiarlo nell'angolo sotto alla credenza, due passi più indietro di lei.

In un'ora circa riesce a terminare il lavaggio della montagna di stoviglie; si asciuga le mani sulle cosce, poi si gira a controllare lo stato del suo accompagnatore. Per poco non cade indietro, quando vede due occhi vagamente olivastri fissarla imperterriti.
"QUAND'È CHE TI SEI SVEGLIATO?!" sbraita puntandogli un dito contro.
"Più o meno mezz'ora fa..." risponde il ragazzo sbadigliando.
"Tu...cosa?!" ribatte restando a bocca spalancata.
"Beh, stavi facendo un così buon lavoro..." sghignazza lui.

Jade si volta e prende a mani giunte dal lavello tutta la schiuma che riesce trattenere, poi gliela getta addosso. Si mette a ridere, mentre Ace si rende conto dell'affronto liquido che gli è stato rivolto: la ragazza quasi si affoga quando lui, alzandosi di scatto, non si accorge della credenza e la becca in pieno con la testa.
Prima che possa sentire l'ultima lettera del suo nome pronunciata con rabbia, Jade si lancia fuori dal locale e corre verso il piccolo promontorio che precede il molo, sviando le due vecchiette autoctone che si erano fermate a chiacchierare davanti alla pensione.

In realtà l'inseguimento dura davvero poco: sia perché Ace è molto veloce, sia perché quell'isola è davvero minuscola e dietro al promontorio non ci sono strade, ma soltanto scogli.
Jade si volta, già consapevole della figura alle sue spalle: si mette a ridere di nuovo, mentre lui si toglie la schiuma dalla faccia.
"Allora, così non va..." inizia a dirle, prima di bloccarsi.
Lei continua a ripensare alla zuccata che ha preso e non riesce proprio a contenersi, almeno fino a quando non nota il cambio d'espressione del proprio interlocutore. Sta fissando un punto imprecisato dietro di lei, evidentemente sopra alla sua testa di parecchi metri. Il suo sguardo è attonito, ma servono le urla spaventate dal molo per convincerla a girarsi e guardare con i propri occhi cosa sta attirando l'attenzione della manciata di persone presenti sull'isoletta.

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