Capitolo 3

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Il solito, irritante suono della sveglia mi fa trasalire e io tasto sul comodino per trovarla e spegnerla. Mi costringo ad aprire gli occhi e la stanza si palesa attorno a me, vorrei poter rimanere a poltrire nel letto ancora un po' ma devo svegliare Amanda, cucinarle qualcosa per la colazione e poi, ovviamente, andare al lavoro.

Ritornare al club al mattino è molto più semplice e meno stancante; devo solo stare al bancone del bar, scambiare veloci battute e servire caffè corretto e prosecco ad anziani che giocano a carte: un locale come tanti altri.

Mi lavo velocemente e indosso un paio di jeans sbiaditi e una camicetta appena prima di entrare nella disordinatissima stanza di mia sorella.

«Amanda, è ora...» sussurro dolcemente scuotendola con delicatezza, devo ripeterlo qualche volta prima che, finalmente, apra gli occhi e si metta seduta, «E oggi pomeriggio riordina questo porcile, ti prego.» la supplico raccogliendo una maglietta stropicciata a terra e lanciandola sulla sedia girevole, prima di uscire dalla sua camera,

Mi dirigo in cucina per preparare il tè caldo e qualche fetta biscottata con la marmellata, metto anche il pacco di biscotti sul tavolo e ne approfitto per sgranocchiarne uno.

«Io vado!» urlo mentre, seduta sul divano, indosso le mie amate Converse bianche.

«Sì, ciao!» mi saluta sporgendosi dal bagno per un attimo, con lo spazzolino in bocca.

«Non fare tardi.» mi raccomando infilando il giubbotto e prendendo la mia borsa, appoggiandone il manico alla spalla.

La sento borbottare qualcosa ma, ormai, sono sul pianerottolo e richiudo la porta alle mie spalle. Sono sicura che arriverà in orario, non ha mai avuto problemi a scuola, è una studentessa modello e i professori sono sempre stati molto contenti sia dei suoi voti, che del suo comportamento.

Mentre mi dirigo verso il Paradise, non posso fare a meno di notare che la strada non sembra neanche la stessa rispetto a quando passo di notte: le vie sono trafficate, i negozi sono aperti, qualcuno passeggia con calma mentre altri sembrano più di fretta, forse per il lavoro.

«Buongiorno!» mi salutano in coro Sharon e Paulina non appena entro.

«Ciao.» rivolgo un sorriso cordiale ad entrambe, per poi appendere la giacca e sistemarmi dietro al bancone.

Mi guardo attorno e il locale, che ora è luminoso e non puzza più di fumo, è vuoto. Come sempre, la zona del palco e dei pali è stata nascosta da lunghe tende, le tovaglie rosse e le candele sono state sostituite da tovagliette di carta e posate e noi ragazze siamo vestite.

«Ho saputo che hai un nuovo spasimante!» mi prende in giro Paulina, liberando le sue spalle dai lunghi capelli mori quando li sistema in una coda di cavallo.

«Il solito cliente che prova a conquistare la spogliarellista.» scrollo le spalle e scuoto la testa con una smorfia.

«Cosa c'era nella busta?» chiede con curiosità Sharon che si è seduta su uno sgabello di fronte a noi, come se fosse una cliente pronta a spettegolare.

«Cento dollari.» rispondo impulsivamente, mentendo, non so bene per quale motivo, ma non mi va di raccontar loro che i soldi, in realtà, erano molti, molti di più.

«Wow, hai fatto davvero colpo allora. Numero di telefono o indirizzo?» domanda impaziente la biondina, appoggiando il gomito al bancone e il mento al palmo della mano.

«Nessuno dei due.» ammetto lasciandomi andare con la schiena contro al muro dietro di me, «Fa freddo oggi, eh?» cerco di cambiare argomento, ma le conosco abbastanza bene da essere sicura che insisteranno.

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