Mi infilo sotto le calde coperte, tirandole fin sotto il mio mento, mi giro su un fianco con la guancia appoggiata al soffice ed alto cuscino. Chiudo gli occhi e cerco di sgombrare la mente e di addormentarmi, ma non ci riesco.
Sento Zayn, ancora in cucina, che raccoglie i vetri del bicchiere, poi apre e chiude qualche cassetto mentre è nella cabina armadio.
Si siede sul letto e, dopo aver sospirato, preme l'interruttore della sua abat-jour e si mette sotto al piumone, credo girandosi sul fianco apposto al mio.
«Chloe... Dormi?» lo sento mormorare e apro gli occhi.
La stanza attorno a me è completamente buia, tranne per un piccolo raggio di luna che riesce ad entrare da uno spiraglio lasciato dalle tende scostate.
Rimango immobile e chiudo di nuovo gli occhi, fingendo di dormire anche se una parte di me vorrebbe girarsi e sentire ciò che ha da dire.
«Che c'è?» non resisto. Non merita che io lo stia a sentire, eppure io voglio stare a sentirlo.
Si volta e tira un po' le coperte. «Mi dispiace davvero per quello che è successo.» il suo tono è mortificato, la sua voce leggermente spezzata mentre si muove, forse per passare la mano tra i suoi capelli come fa quando è nervoso.
«Dormi Zayn.» rispondo secca, richiudendo gli occhi e sperando di riuscire a fare lo stesso. La mia freddezza stupisce perfino me.
Lo sento sospirare, forse ha debolmente annuito.
Abbraccio il cuscino e mi metto comoda, devo muovere la testa ancora un paio di volte per trovare, finalmente, una posizione comoda. Chiudo di nuovo gli occhi e cerco di non pensare troppo. Eppure lo sguardo di quell'uomo è ancora vivido nei miei ricordi, le sue mani sul mio corpo, il suo alito che odorava di vodka mista a tabacco. E poi le urla di Zayn, il modo in cui ha scaraventato il bicchiere contro al muro, quel velo di rabbia e nervosismo che gli ha attraversato gli occhi quando mi fissava furioso.
«Non sono mai stato bravo a gestire la rabbia, neanche da bambino.» sento alle mie spalle, apro d'istinto gli occhi trasalendo, ma non mi muovo, «Prima mio fratello mi calmava molto...»
Parla a bassa voce, quasi come se non si stesse rivolgendo neanche a me. In effetti, non sono sicura che sappia che sono ancora sveglia e che lo sto ascoltando.
«Quando ero nervoso lui sapeva sempre come fare per calmarmi.» continua lui, adesso lo sento muoversi e credo si sia messo a pancia in su, «Bastava un suo sguardo ed io mi calmavo immediatamente, mi sentivo subito meglio.»
«E ora non riesci a gestirla?» domando io. Vorrei ignorarlo ma, semplicemente, non ci riesco.
Sento l'interruttore della sua lampada e vedo la luce calda e fioca illuminare un po' la stanza. Cambio fianco per poterlo guardare e, quando mi volto, noto che sta fissando il soffitto con le braccia incrociate al petto e un broncio sulle sue labbra piene.
«Ora, ogni volta che mi innervosisco, non c'è qualcuno a calmarmi. E questo mi fa arrabbiare ancora di più.» ammette lui torturando il suo labbro inferiore con i denti bianchi e regolari.
Sospiro, posso sentire il dispiacere e il dolore nelle sue parole. So quando dev'essere difficile parlarne per lui, quanto si sente a disagio nel dovermi spiegare di avere questo problema ed io, nonostante tutto, voglio solo sollevargli un peso dallo stomaco.
«Avevo bisogno di te. Ne avevo davvero bisogno.» replico io, incontrando le sue iridi castane non appena volta la testa per osservarmi. È evidentemente sorpreso di sentirmelo dire e anche io non credevo che sarei riuscita ad ammetterlo. Premo le mie labbra tra di loro in una linea e, semplicemente, lo fisso come lui sta facendo con me e si crea la solita, meravigliosa, connessione tra di noi.
«Lo so. Mi sento una merda per aver addirittura peggiorato le cose.» allunga il braccio, sotto alle coperte, per trovare la mia mano e stringerla nella sua.
Il suo pollice solletica il dorso della mia mano e io non posso smettere di fissare i suoi occhi che ora riesco a riconoscere. Sono intensi, profondi, buoni. Non avrei mai pensato che un criminale potesse avere degli occhi buoni, ma i suoi occhi sono tra i più buoni che io abbia mai visto. Abbozzo un sorriso mentre lui incrocia le dita con le mie.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto vivere quella situazione, non avrei dovuto metterti di nuovo in pericolo.» si scusa di nuovo, sempre in un sussurro.
«Non è la prima volta che mi capita.» scrollo le spalle, abbassando lo sguardo e sbattendo più volte le palpebre per impedirmi di piangere.
«Davvero?» i suoi occhi si sono ingranditi un po' ma capisco dal suo tono di voce che non ne è sorpreso.
«Al club succedeva spesso che qualcuno si spingesse oltre.» annuisco io mordendomi nervosamente il labbro e lui capisce che mi sento a disagio perché mi stringe la mano con più forza, «Poi interveniva la sicurezza e-»
«Non lo meriti.» mi interrompe lui, avvicinandosi a me e appoggiando la mano sul mio fianco, coperto da un'infantile maglietta rosa.
Lascio che mi tiri a lui e finisco contro al suo petto, affondo il viso nell'incavo del suo collo mentre le sue braccia mi avvolgono e mi spingono ancora di più verso di lui. Il suo profumo intenso invade le mie narici e, istintivamente, mi fa dimenticare di tutto il resto. L'unico rumore è provocato dai nostri respiri mentre il suo fiato sul collo mi rilassa.
«Quello che è successo stasera non succederà mai più.» decide con convinzione. La sua mano sale per intrufolarsi tra i miei capelli e massaggiare la mia testa mentre mi spinge ancora di più verso la sua pelle. «Intendo il modo in cui ti ho trattata. Non succederà mai più, te lo prometto.»
«Lo spero...» mormoro raccogliendo la sua maglietta tra le mie mani chiuse in due pugni.
«D'ora in poi, sappi che sarò dalla tua parte e ti proteggerò. Sempre.»
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Destiny
ChickLitLei è una spogliarellista che può fare affidamento solo su se stessa. Lui è il capo di una banda criminale a cui la vita ha tolto tutto. Quando due mondi così distanti e due personalità opposte entrano il collisione possono succedere solo due cose:...