Capitolo 17

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Sto correndo ormai da qualche minuto, il fiato comincia ad essere troppo corto ed io troppo sudata. Non posso fermarmi, cerco di convincermi mentre le gambe sembrano voler cedere ma io corro, corro il più velocemente possibile.

Mi guardo attorno ma non riesco a capire dove sono. Mi trovo al centro di una strada deserta, non passano macchine e non ci sono persone. Il cielo è scuro e c'è una fitta nebbia che non mi permette di vedere a un paio di metri da me, ma riesco a distinguere l'asfalto, il terreno rossastro e pochi alberi. So che dovrei andare nella direzione opposta, ma ogni volta che cerco di voltarmi non ci riesco. Mi impegno con tutta me stessa ma sono come un treno sulle rotaie.

«Devo tornare indietro!» urlo con tutta la voce che ho in corpo per poi tossire come se dovessi liberarmi da un nodo alla gola che non mi permette di respirare bene.

Forse non è nebbia, è fumo. Fumo grigiastro, denso, asfissiante che mi avvolge e non mi permette di respirare ma, nonostante tutto, continuo a correre nella direzione sbagliata con il sudore che scende dalla mia fronte, dal mio collo.

«No, no, no!» grido finché la mia voce si spezza in un pianto e mi lascio andare a terra, cadendo con le ginocchia sul ruvido asfalto bollente che mi ferisce la gambe. Appoggio le mani sulle mie gambe sanguinanti e chiudo gli occhi, mentre da essi continuano a sgorgare pesanti e veloci lacrime.

Quando li riapro la lussuosa stanza bianca si palesa attorno a me, illuminata solo dai lampioni in giardino, la cui flebile luce entra dalla grande finestra. Le mie mani tastano il morbido piumone poi, superando il telefono e un paio di orecchini sul comodino, premono l'interruttore della lampada e la camera si illumina.

Ora posso vedere la poltrona con il cuscino di color crema, in tinta con il tappeto, il disordinato armadio semiaperto e la scrivania.

Mi rendo conto che mi stavo dimenando farfugliando parole a caso per colpa del solito, brutto sogno e mi metto seduta, con la testa tra le mani, cercando di riprendere a respirare normalmente e di far rallentare i battiti del mio cuore.

Inspiro profondamente e poi espiro a lungo, prima di alzarmi e raggiungere il bagno per lavarmi il viso con acqua fredda e rinfrescarmi. Indosso una felpa e le mie comode pantofole prima di uscire dalla stanza, arrendendomi al fatto che non dormirò per qualche ora. Scendo le scale in punta di piedi, accendo solo una lampada che emana una flebile luce calda per non illuminare tutto il salotto e raggiungo la cucina con l'intenzione di bere. Facendo molta attenzione a non fare troppo rumore per non svegliare qualcuno, apro l'anta del mobiletto per prendere un bicchiere e ci verso un po' d'acqua.

«Che fai sveglia a quest'ora?» una voce familiare alle mie spalle mi fa saltare dalla paura e per poco non rovescio la bottiglia, Zayn sorride divertito quando mi volto, «Scusa non volevo spaventarti.»

«Allora forse dovresti evitare di sbucare dal nulla, nel bel mezzo della notte, in una casa semibuia.» lo rimprovero con un broncetto provocandogli una risata, «Tutti i film horror cominciano così.»

«O i film a luci rosse.» fa spallucce con una smorfia seducente e mi supera per aprire il frigorifero ed estrarre del succo.

Alzo gli occhi al cielo attorcigliando le labbra per nascondere un sorrisetto, poi mi metto seduta su uno degli alti sgabelli in modo da avere la perfetta visuale su di lui. Solo ora noto che indossa dei pantaloni della tuta e una maglietta attillata che delineano perfettamente il suo fisico scolpito e risaltano le sue braccia muscolose e il suo sedere sodo che sembra marmoreo. È maledettamente sexy, penso senza rendermi conto di fissarlo ormai da un po' mordendomi il labbro inferiore.

«Avevi sete?» si volta appoggiando la sua schiena alla credenza, per osservarmi con i suoi occhi assonnati che sembrano più grandi e più gonfi.

«Sì, e ho fatto un brutto sogno.» annuisco io per poi bere un sorso d'acqua, «E tu?»

«Non riuscivo a dormire,» fa spallucce e passa la mano tra i folti capelli arruffati, tirandone leggermente le punte scure, «troppi pensieri per la testa.»

«Capisco.» mormoro e, improvvisamente, l'idea che Carmen possa essere tra questi mi rende gelosa ed invidiosa. Scuoto la testa tra me e me per riuscire a scacciare questa idea e, soprattutto, il fastidio che non dovrebbe provocarmi.

«E tu cos'hai sognato?» domanda evidentemente curioso mentre si siede di fronte a me, le braccia incrociate sul marmo dell'isola al centro della cucina e il suo sguardo sensuale e magnetico su di me.

«Non ricordo.» mento torturando l'interno della guancia con i denti. Spiegargli il sogno che si ripete ogni volta e, soprattutto, il significato dietro ad esso sarebbe troppo intimo e doloroso.

«Oh, sei una di quelle persone che dimenticano i sogni subito dopo averli fatti...» annuisce lentamente come se mi stesse esaminando e, effettivamente, le sue iridi mi stanno squadrando insistentemente.

«Già.» sposto una ciocca di capelli che ricade disordinatamente sul viso mentre lo chignon è ormai un nido di ricci.

Se avessi saputo che avrei incontrato Zayn, sicuramente non avrei indossato una felpa larga ed informe dei Nirvana. Smettila Chloe, mi ordino riflettendo tra me e me, ma che ti importa di quello che pensa della tua felpa o dei tuoi capelli?

«Oh, prima che me ne dimentichi!» si siede più composto raddrizzando la schiena, «Domani vorrei che tu venissi a cena con me.»

A cena con lui? «A cena?» ripeto ad alta voce aggrottando la fronte in confusione.

«Sì, hai presente quando le persone, di sera, si siedono ad un tavolo e mangiano?» mi prende in giro sogghignando.

«E a cosa devo l'onore?» replico io. Mi maledico quando realizzo che la domanda è uscita in tono molto più sensuale di come avevo previsto.

Oddio, penserà che stia flirtando con lui, mi sgrido mentre lascio sparire le labbra all'interno della mia bocca.

«Vorrei parlare con te di una cosa importante e in questa casa è sempre difficile avere un po' di privacy.» mi spiega, ora senza guardarmi perché si è alzato ed ha posato il bicchiere nel lavello.

Mi chiedo che cosa debba dirmi e, soprattutto, cosa potrebbe essere così importante e privato da non poterlo fare a casa e dover uscire a cena, non che mi dispiaccia.

«Se mi prometti che non rischierò la vita come l'ultima volta, ci sarò.» ironizzo, ogni mia parola trasuda provocazione.

«Continuerai a rinfacciarmelo per sempre, non è vero?» chiede alzando un sopracciglio, non so dire se è infastidito o divertito dalla situazione.

«Ci proverò.» scherzo mostrandogli i denti in un sorriso sarcastico, «Buonanotte.» aggiungo alzandomi e rimanendo per un attimo in piedi a guardarlo. 

«Buonanotte.» ricambia a bassa voce con serietà, i suoi occhi non smettono di fissare i miei e non so dire per quando rimangono connessi prima che io, voltandomi, ritorni in camera mia sicura che sarei riuscita ad addormentarmi. 

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