Capitolo 9

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Mi osservo nel riflesso dello specchio a figura intera della mia lussuosa e nuova camera da letto. I miei capelli sono raccolti in una coda di cavallo bassa, i miei occhi non sono pesantemente truccati come al solito ma solo un po' di ombretto risalta il loro naturale colore castano, mentre il mascara li rende più intesi. Le mie guance sono arrossate grazie ad un leggerissimo velo di blush e le mie labbra risultano rimpolpate con un rossetto chiaro. Scendo con lo sguardo per notare il mio tubino nero aderente che risalta le mie forme non particolarmente prosperose e il reggiseno, questa volta in pizzo, non mi crea prurito.

«Questa sera festeggeremo il compleanno di un ragazzo della squadra, Lorenzo, mi piacerebbe vederti al lavoro.» mi ha informata Zayn questo pomeriggio.

«Certo.» ho annuito io, un po' delusa di dover cominciare a lavorare già dalla prima sera e sicura che volesse solo testarmi.

«Non ci saranno clienti, saremo solo noi e un paio di ragazzi che lavorano con me, così potrai fare pratica in un ambiente diverso da quello a cui sei abituata.» mi ha spiegato senza fretta.

«Suona bene.» ho acconsentito.

«Non ti darò stupidi costumi o volgari stivali, deciderai tu come vestirti ma dimenticati di quello squallido locale, devi essere elegante e di classe.» mi ha spiegato guardandosi attorno come per farmi capire di dovermi adeguare all'ambiente.

Sono sollevata di non dover più indossare quegli scomodi due pezzi di finta pelle, gli stivali che mi creavano prurito, scarpe con oscene zeppe vertiginose e coroncine di plastica. Ora, mentre mi osservo, mi sento una ragazza elegante che potrebbe passeggiare per le vie di Manhattan e prendersi un aperitivo in un costoso bar del centro, e non una spogliarellista che viene pagata per strusciarsi e flirtare con uomini di mezz'età.

Per fortuna ho comprato qualche vestito carino e non ho messo in valigia solo jeans scoloriti e maglioni, penso mentre mi siedo sul letto matrimoniale per allacciare i sandali dal sottile tacco dodici.

Mi specchio un'ultima volta e penso ad Amanda, vorrei sapere cosa direbbe se mi vedesse vestita e truccata bene per una volta. Chissà cosa sta facendo in questo momento, forse sta già dormendo, magari sta chiacchierando con qualcuno con cui ha fatto amicizia.

«Spero solo che stia bene.» sospiro, confidando di aver fatto la scelta giusta mandandola nella clinica.

Controllo l'orologio da polso che ho lasciato sul comodino che segna che mancano pochi minuti all'una. Non voglio essere in ritardo e, dopo aver fatto un lungo respiro, esco dalla mia stanza per avviarmi verso quella nel seminterrato, come accordato con Zayn.

Scendo le scale reggendomi alla balaustra mentre il tintinnio dei tacchi sul pavimento crea un rumore piacevole. Sento una leggera musica in lontananza che si fa sempre più forte man mano che mi avvicino. Un'altra rampa di scale e mi trovo in una sala non molto grande, semibuia, in cui i ragazzi sono seduti su un lungo e largo divano ad angolo. Davanti a loro un tavolino di vetro con parecchie bottiglie di alcolici, un po' di erba e pacchetti di sigarette sparsi. Mi ricorda la stanza bianca del night club e, per qualche assurdo motivo, mi sento già più a mio agio.

«Benvenuta.» mi saluta il moro mentre cammino, nel modo più sensuale che conosco, verso di loro, «Loro sono Lorenzo, Joseph e Youssef. E conosci già Carlos.»

«Ciao.» dicono in coro.

Il festeggiato è un ragazzo di bell'aspetto, sulla trentina al massimo, con i capelli di un chiaro biondo cenere e, forse, gli occhi chiari anche se è difficile dirlo da qui e con la luce così fioca. Accanto a lui un ragazzo con pochi anni di più, bassino e con la barba folta e scura. Infine, Youssef con la pelle ambrata, capelli rasati e un sorriso gentile. Rivolgo un cenno a tutti e un sorriso speciale a Carlos che, stranamente, sembra più rilassato rispetto a questa mattina.

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