Capitolo 14

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La porta che si spalanca mi fa sussultare e mi costringe ad aprire gli occhi e, quando mi guardo attorno, capisco che Zayn è appena rientrato e che devo essermi addormentata pochi minuti fa, dopo aver cercato di liberare la mente per parecchio tempo, con scarsi risultati.

Ho riflettuto parecchio sulla situazione in cui mi ero andata a cacciare, sapevo degli affari illegali ma una banda criminale è tutta un'altra storia e rischiare di morire mi ha fatto capire che non fa per me.

Prima di addormentarmi, ho deciso che avrei parlato con Zayn per licenziarmi. Per quanto mi servano i soldi, non posso continuare. E poi, forse, potrei riuscire a trovare un lavoro in un altro club, oppure cercare un paio di lavoretti normali che mi permettano di pagare l'alto prezzo della clinica.

«Hai davvero dormito sulla sedia?» sento dire dalla voce profonda e ora più calma di Zayn mentre avanza verso di me ma non mi sta prendendo in giro, anzi, dal suo sguardo sembra che provi addirittura un po' di pena.

«Me lo hai detto tu.» faccio spallucce raddrizzando la schiena e muovendo il collo dolorante per la posizione scomoda in cui stavo dormendo.

«Ah, ora fai quello che ti dico?» mi provoca divertito, i muscoli del suo viso sono rilassati e gli è spuntato un leggerissimo sorriso.

Faccio spallucce, tengo la coperta avvolta attorno alle mie spalle e mi alzo per sgranchirmi, camminando fino ad una piccola finestra su una parete da cui non si vede praticamente niente per colpa del buio, ma da cui entra un filo d'aria che mi aiuta a respirare bene.

Sento la zip del suo giubbotto che si abbassa mentre è alle mie spalle e, anche se non posso vederlo, sono quasi sicura che lo abbia lanciato da qualche parte.

«Non lavorerò più per te.» lo avviso con calma, mentre un leggero vento scuote i rami degli alberi fuori.

«Cosa?» chiede, capisco che in realtà ha sentito bene ma non crede alle sue orecchie, «Perché?»

«Non è ovvio?» scuoto la testa velocemente. E poi sarei io quella poco perspicace? Mi mordo la lingua per non dirlo ad alta voce mentre rifletto tra me e me.

«Se è per prima... Mi dispiace» posso sentire i suoi passi mentre si avvicina a me.

«E per cosa esattamente?» chiedo provocatoriamente e mi volto, appoggiando la schiena al freddo muro grigio.

«Per aver urlato, per averti strattonata dal braccio, per-» ammette lui sorprendendomi, sembra realmente dispiaciuto.

«Non importa.» lo blocco alzando una mano davanti al suo viso, «Me ne sarei andata comunque.»

«Non puoi andartene.» replica lui, ma questa volta non suona come un ordine ma come una richiesta, quasi una supplica.

«Che ti importa? Troverai un'altra spogliarellista.» mi volto per tornare a dargli le spalle.

«Ma non brava quanto te!» sospira a pochi passi da me, provo con tutta me stessa a non sentirmi lusingata dal suo complimento ma, senza volerlo, un mezzo sorriso spunta sulle mie labbra.

«Se frequentassi i night clubs sapresti che esistono spogliarelliste molto più belle e brave di me.» lo informo, ricordando di quando mi ha detto di non bazzicare i locali.

«Ne dubito.» insiste e lo immagino mentre si accarezza i capelli o passa la mano sulla sua barba, vorrei voltarmi per vederlo, «Posso pagarti di più.»

«Non mi interessa, non mi fido di te e, come avevi detto tu, non si può lavorare con una persona di cui non ci si fida.» concludo tenendo i lembi della calda coperta di lana.

«Non ti fidi?» domanda prendendomi la mano per farmi voltare, trasalisco al suo tocco. I suoi occhi fissano di nuovo i miei ora che si trova a due passi da me e il suo forte e piacevole profumo maschile ha ormai invaso le mie narici.

Rimango per un momento immobile e in silenzio quando la sua mano afferra la mia e, nonostante io lo stia già guardando, non lascia la presa.

«Come potrei fidarmi di te? Tu non mi hai mai parlato dei rischi che avrei corso iniziando a lavorare per te!» lo accuso sfilando le mie dita dalle sue per potergli puntare l'indice contro, «Mi hai parlato di affari illegali, non di un'organizzazione criminale, non di pistole, di sparatorie e di gente uccisa.»

«Perché se ti avessi raccontato tutto non avresti mai accettato e io avevo bisogno di una brava ballerina.»

«Appunto, non avrei mai accettato e tu lo sapevi. Mi hai ingannata.» lo supero per andare a sedermi di nuovo sulla scomoda sedia. Appoggio i gomiti alla superficie di legno, affondo il viso nei palmi delle mani mentre i miei capelli lo coprono ed inspiro a fondo. Come ci sono finita a parlare con il capo di una gang in un magazzino abbandonato?

«Non volevo ingannarti. Tu non hai chiesto nulla e io ho pensato che fosse meglio che lo scoprissi con il tempo.» si giustifica il bel moro poco dopo, raggiungendomi per sedersi di fronte a me, «E non volevo che lo scoprissi così.»

«Ma l'ho scoperto rischiando di beccarmi una pallottola dritta qua.» sorrido ironicamente mostrandogli i denti e appoggiando il dito al centro della mia fronte.

«Lo so e mi dispiace. Sono disposto a triplicarti lo stipendio e ad assumere qualcuno che si occupi della tua sicurezza tutto il giorno.» propone lui, i suoi occhi cercano i miei per implorarmi.

Mi sembra un po' esagerato: perché non si sceglie un'altra spogliarellista e mi lascia in pace? Con lo stipendio che offre potrebbe trovare chi vuole. Perché insistere così tanto? Accantono i pensieri notando che sta aspettando una mia risposta.

«Non lo capisci?» sbotto e non riesco a mantenere la voce bassa, «Non voglio più avere nulla a che fare con te!»

«Prendi le tue cose, voglio portarti in un posto.»

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